1 - FRANCIS FORD COPPOLA: "SOLO IL MATRIARCATO CI SALVERÀ"
Fulvia Caprara per “La Stampa”
Credere ancora, nonostante tutto, «nella gentilezza e nella generosità della specie umana», restare convinti che un amico possa essere sempre utile e un nemico mai, nemmeno quando lo si è sconfitto, scommettere sul matriarcato «dove eravamo tutti in una condizione di parità», rifiutando la cultura machista che ci ha «trasformati in esseri meschini, egoisti, ostili».
Davanti all'America infiammata dalle proteste contro la sentenza che ha vietato in sette Stati l'interruzione di gravidanza, Francis Ford Coppola parla chiaro: «La decisione della Corte Suprema è terribile, corriamo il pericolo di perdere la nostra democrazia, e rischiamo anche di peggio, stando alle parole pronunciate da questo nuovo imperatore Donald Trump. È tutto molto pericoloso».
Ieri, nel Teatro Antico di Taormina, per l'apertura della 68ª edizione del Festival, Coppola ha ricevuto dai direttori Francesco Alò, Alessandra De Luca e Federico Pontiggia il Taormina Award e ha parlato dell'opera, Il Padrino, che da oggi, per il cinquantenario, torna in versione restaurata in oltre 100 sale: «Quando l'ho girato avevo poco più di 30 anni. Avrei potuto costruire un'intera carriera continuando a ripetere film come quello, e invece ogni volta ho fatto una cosa nuova, una cosa che non sapevo come si dovesse fare. Forse per questo i miei film hanno avuto una vita così lunga».
Quanto è cambiata l'identità degli italiani in America dai tempi del «Padrino»?
«Sicuramente sono cambiate molte cose. Io, per esempio, ero stato chiamato Francesco, ma hanno cambiato il mio nome in Francis per cercare di cancellare le origini italiane che allora rendevano problematico anche l'acquisto di una casa. Per la stessa ragione non ho mai imparato la lingua. Oggi gli italiani sono perfettamente integrati, non vivono più raggruppati nel loro ghetto e guardano dall'alto in basso i nuovi immigrati».
Con un gruppo di colleghi famosi come Lucas, Spielberg, Scorsese lei ha rappresentato l'ondata vivificante della nuova Hollywood. Oggi il cinema è in pericolo, la fruizione in sala è in crisi, dilaga lo streaming. Come pensa che andrà a finire?
«Il cinema è figlio del teatro, che esiste da quando c'è la specie umana, da quando è stata raccontata la prima storia intorno al fuoco. Pensiamo a Eschilo, Sofocle, Euripide, fondamentali ancora oggi. Nonostante la pandemia e tutte le difficoltà che abbiamo vissuto, soprattutto per la stupidità di esseri umani che si rifiutano di farsi vaccinare, ritengo che il cinema continui a essere importante.
Quello che oggi chiamano streaming è in realtà l'home video che gira ormai da una cinquantina d'anni, quando dieci anni fa uscì Avatar, si disse che i film sarebbero stati tutti in 3D, balle, non è andata così, il cinema continuerà a essere quella cosa di cui si gode in una bella sala, insieme al pubblico, supererà la prova del tempo».
Il suo prossimo progetto si intitola «Megalopolis», una storia d'amore, con interpreti come Cate Blanchett e Adam Driver, ma anche un'indagine filosofica sui modi diversi di intendere il potere. Da dove nasce l'idea?
«L'esempio cui mi riferisco è l'antica Roma, quella dove fu creato il sistema repubblicano, ma la storia è ambientata a New York, in epoca moderna, in una fase di corruzione e disfacimento, dove si assiste al rifiuto, al rigetto del Re che, in questo caso, è il sindaco della città, oggetto di una congiura.
francis ford coppola APOCALYPSE NOW
Ho cominciato a riflettere su tutto questo molti anni fa, utilizzando un quaderno di appunti su cui fissare le idee, il cinema americano ritorna ciclicamente a raccontare storie ispirate all'epopea romana, basta pensare a Ben Hur, al Gladiatore. L'obiettivo è spingere la gente a riflettere su una domanda fondamentale e cioè se è vero che questo modello di società in cui viviamo sia davvero l'unico possibile».
È stato difficile mettere in piedi il progetto?
«Ero pronto a girare già nel 2001, poi c'è stato l'11 settembre e mi è sembrato impossibile raccontare una storia del genere nel clima di quell'America. Anni dopo, mentre cercavo di perdere qualche chilo sul tapis roulant, mi è capitato di ascoltare le registrazioni che avevo fatto a suo tempo con gli attori e allora la scintilla si è riaccesa. Nel frattempo avevo creato la mia società di vini, ne ho venduto una parte, e questo mia consentito di mettere da parte dei soldi per finanziare il film».
Steven Spielberg - Martin Scorsese - Brian De Palma - George Lucas - Francis Ford Coppola
Ha parlato dell'importanza del matriarcato, da dove nasce questa sua convinzione?
«Ho studiato tanto la storia dell'umanità e il modo con cui si è evoluta, sono convinto che le donne siano fondamentali, che siano state loro a favorire il progredire dell'umanità, sono loro che donano la vita e quindi sono loro ad aver capito tutto prima.
Quello che sta succedendo nel mio Paese è il risultato del dominio patriarcale di uomini "a cavallo" che, negli ultimi diecimila anni, hanno imposto il loro potere. E poi basta pensare alla differenza con cui uomini e donne fanno la pipì. Loro, accovacciate per terra, hanno avuto modo di studiarne la composizione, di scoprire la metallurgia. Gli uomini stanno in piedi, impegnati a guardare la propria ombra, hanno scoperto il tempo. L'uomo è stato la prima clessidra, la donna ha inventato l'agricoltura».
2 - «DETESTO I REMAKE E LE SERIE TV E GIRO UN FILM CHE NON SO FARE»
Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
Francis Ford Coppola con la moglie Eleanor i genitori Italia e Carmine e i figli Roman e Gian Carloarticle
Arriva questo signore che ha fatto la storia del cinema, Francis Ford Coppola, questo gigante che ha lasciato frasi scolpite sul viale di Hollywood (con cui ha un rapporto ambivalente, un piede dentro e uno fuori): «Gli farò un'offerta che non può rifiutare», da Il padrino.
Il film che gli valse tre Oscar e da oggi, dopo il Taormina Film Festival, torna nelle sale restaurato. «Ha superato la prova del tempo, avrei potuto fare storie di mafiosi per altri trent' anni ma sono contrario ai remake o alle serie tv, che tolgono risorse ai giovani e ai nuovi progetti».
Lui ne ha uno, Megalopolis, un kolossal che partirà a settembre con un grande cast, Adam Driver, Forest Whitaker, Jon Voight, Oscar Isaac, a cui pensa da oltre vent' anni.
La storia di un architetto che dopo una terribile catastrofe che ha distrutto New York vuol ricostruirla in chiave utopica. «Il mio sindaco ricorda Cicerone e l'architetto tedesco Walter Gropius richiama Catilina».
Coppola, che sfoggia calze piene di palle e mazze da baseball, fa un raccordo tra l'ambizione politica e l'avidità dell'«antica Roma, di cui il cinema da Ben-Hur a Il Gladiatore si nutre, e quella del secondo millennio.
È la congiura di Catilina in America, in epoca moderna. La Repubblica romana rifiutò l'idea di avere un nuovo re. Quello che sta vivendo l'America con le restrizioni sull'aborto è terribile, ma ancora più terribile è il rischio di perdere la democrazia, con l'eventuale ritorno di Donald Trump».
OCASIO CORTEZ E LE PROTESTE PRO ABORTO 1
Non a caso il rifiuto all'aborto è stato propiziato dagli Stati conservatori. E riprende a raccontare il suo film visionario che esce dal congelatore. «L'ho autofinanziato vendendo parte della mia azienda vinicola. Avevo parlato del progetto con Paul Newman e James Gandolfini, l'accantonai perché venne l'11 Settembre e il mio ottimismo non era in linea col terrorismo islamico. Adesso sono pronto per raccontare anche la bellezza della Terra».
Ma non è un film sull'avidità del potere? «È anche una storia sulle conseguenze del potere». E si mette a parlare di antropologia: «Il mondo patriarcale risale soltanto a 10 mila anni fa, e ha scombinato le regole. Io voglio raccontare questo, l'animosità dell'uomo, e l'anelito alla pace della donna. Prima c'era il matriarcato e la parità di genere era segnato dall'armonia. Voglio dare una visione del futuro gentile, generosa».
Insomma un kolossal strettamente personale: «Il film avrà uno stile assolutamente mio». Lei è un utopista? «Lo sono sempre stato, ogni volta, da Apocalypse now a Dracula, non so mai come realizzare un film. L'utopia di Megalopolis non è un luogo ma una conversazione su una domanda: la società in cui viviamo è l'unica possibile?».
Sul futuro del cinema è ottimista? «Il cinema è figlio del teatro, che esiste da Eschilo.
Sento parlare di streaming da 50 anni, dopo Avatar dissero che i film si sarebbero fatti solo in 3D. Non è successo, e le sale non scompariranno.
Ma bisogna essere generosi con i giovani talenti come lo sono Scorsese e Spielberg. Ci si passava appunti, commenti. I registi italiani dopo la guerra, a parte Rossellini, non sono riusciti a trasferire le loro capacità. E quanti nomi sono rimasti? Due o tre».
Lo dice con l'amore per le sue radici: «Da piccolo negli Usa se eri italiano non ti vendevano la casa, oggi sono integrati e benestanti. I miei genitori non volevano che parlassi in italiano ed è questo il motivo per cui non parlo la vostra lingua. Mia madre voleva chiamarmi Francesco, ha scelto Francis per convenienza».