E CHI PAGA? IL GOVERNO VUOLE ESTENDERE LA CASSA INTEGRAZIONE ANCHE A LAVORATORI "ATIPICI" E COLLABORATORI VARI - L’IDEA È ACCORPARE LE TIPOLOGIE ESISTENTI E SNELLITE LE PROCEDURE PER AVERE L'ASSEGNO - AD OGGI LA CIG PUÒ DURARE 24 MESI NELL'ARCO DI UN QUINQUENNIO MOBILE, E POSSONO DIVENTARE 36 MESI IN DETERMINATI CASI…

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Francesco Malfetano e Umberto Mancini per “il Messaggero”

 

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Cassa integrazione unica, revisione della Naspi e nuovi contratti di espansione. È pronta la bozza di riforma strutturale degli ammortizzatori sociali annunciata dal ministero del Lavoro che verrà presentata a settembre. Dopo l'istituzione attraverso un decreto ad hoc di una commissione composta da 5 tecnici all'inizio di luglio, il dicastero guidato Nunzia Catalfo è infatti pronto per portare sul tavolo di sindacati e imprese le proposte che prevedono non solo un'ampia semplificazione degli strumenti a disposizione, ma soprattutto un allargamento della platea di riferimento dei beneficiari includendo lavoratori atipici, somministrati e collaboratori vari.

 

Nel caso in cui il tavolo sociale accettasse le misure senza avanzare controproposte particolarmente incisive, la partita potrebbe anche chiudersi prima della legge di bilancio. In caso contrario ci sarà da attendere la fine dell'anno consapevoli che il sistema degli ammortizzatori sociali d'emergenza oggi è garantito fino alla fine di novembre o all'inizio di dicembre (a seconda di quando le imprese hanno attivato l'ultima settima di Cig).

 

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IL CARDINE

Punto cardine dell'intervento sarà una nuova formula per la cassa integrazione. Una sorta di accorpamento delle diverse tipologie esistenti che snellisca le procedure ripensando i sistemi di contribuzione di lavoratori ed imprese che ora non solo sono diversi da un istituto all'altro ma variano anche in base alle dimensioni delle aziende. In pratica c'è da rendere più efficiente uno strumento che durante l'emergenza, nonostante sia stato utilizzato 13 milioni di volte per circa 6 milioni di lavoratori, è finito con l'essere criticato perché troppo lento e articolato.

 

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Ad oggi la cassa integrazione può durare 24 mesi nell'arco di un quinquennio mobile, elevabili a 36 mesi in casi determinati, ed è in sostanza di 3 tipi (escludendo per il momento i fondi bilaterali come Naspi e Dis-Coll). C'è la Cigo, quella ordinaria, che è pagata per intero dai fondi di lavoratori e aziende ed è prevista per le crisi temporanee dovute ad eventi esterni all'impresa (come una Pandemia) e per questo è stato lo strumento più usato in questo periodo.

 

La Cigs è invece la cassa integrazione straordinaria e, accanto ad imprese e lavoratori, a finanziarla c'è il ministero del Lavoro. Questa però prevede procedure più lunghe per l'accesso e soprattutto un piano aziendale di rientro dalla crisi. Infine c'è l'ormai famosa cassa in deroga che, interamente finanziata dallo Stato, durante il Covid è stata estesa anche alle aziende con meno di 5 dipendenti ed è concessa ad imprese e lavoratori che hanno esaurito il ricorso alle altre tipologie di aiuto.

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Una situazione frammentaria che a via Veneto vorrebbero risolvere rivalutando il meccanismo delle proroghe e ammorbidendo anche il cosiddetto quinquennio mobile introdotto nel 2015. Non solo, nella bozza finiranno anche una revisione di due altri ammortizzatori sociali: il contratto di espansione e la Naspi. Nel primo caso si tratta di uno strumento introdotto in via sperimentale per gli anni 2019-2020 che sarà sistematizzato per gli anni a venire ed esteso anche alle imprese con 500 unità lavorative (ad oggi, 1000).

 

catalfo catalfo

Questo infatti serve ad adeguare le competenze professionali dei dipendenti ai cambiamenti in corso, creando un patto intergenerazionale per riqualificare le imprese, creare nuova occupazione o anche accompagnare alla pensione. Rispetto alla Naspi (l'indennità mensile di disoccupazione) invece, il dibattito è ancora acceso. Allo studio c'è la ricerca di una formula che consenta di evitare che il lavoratore resti impantanato per lunghi periodi nella ricezione della mensilità dopo la disoccupazione tradizionale.

 

L'obiettivo è creare un legame tra la fine di quest' ultima e il reddito di cittadinanza, spingendo il disoccupato alla ricerca di un nuovo lavoro attraverso delle competenze acquisite nel periodo di inattività. Da valutare ovviamente la sostenibilità dell'operazione che in ogni caso sarà affiancata dalle cosiddette politiche attive. Tra le idee allo studio c'è quella di utilizzare i fondi contrattuali imprese-sindacati (alimentati dal Tfr e dai datori di lavoro) estendendoli a tutti i settori.

 

 

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