Roberto Scafuri per il Giornale
Forse è vero. Come dice Salvini, «la carriera politica di Matteo Renzi volge al termine». Si tratta di capire come avverrà l' epilogo: mesto oblio o farsa trascinante? Questa del libro di memorie anticipate e frettolose, che aspira al manifesto politico della resurrezione, ne costituisce, a sua volta, metaforica anticipazione. Assistiamo attoniti allo stillicidio di «rivelazioni» a puntate, come per gli istant-book di Vespa. Felice il marketing, non noi. Specie se la storia recente viene deformata, banalizzata, resa infantile caricatura del reale.
L' ultima di Renzi riguarda la morte del patto del Nazareno. Fine gennaio '15: la vicenda è nota e chiara sotto il profilo politico, così come la denunciò Berlusconi più volte, senza che Renzi potesse mai ribattere con un ma. Il capo pidino, piuttosto che seguire una logica coerente al Nazareno nella scelta del Presidente, volle assurgere a incontrastato padrone del vapore imponendo il nome di Mattarella. «Autorevole e di gran prestigio», spiegò Berlusconi. Però, vista la modalità arrogante, aggiunse, non possiamo votarlo. Soprattutto, patti col giovanotto non se ne faranno più. Brunetta ieri era tranchant: «Bugie».
Da ieri esiste pure la versione romanzata, secondo Matteo: «Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà... l' ultimo per anni. Perché quando si siede, accompagnato da Letta e Verdini, mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da D' Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco».
Parole, aggiunge, che lasciano tutti «senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l' elezione del capo dello Stato nel Patto, ma l' idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi. In quel momento, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto....». E conclude, prima di lanciarsi in considerazioni personali di dubbia rilevanza: «La personalità su cui Berlusconi e D' Alema si sono accordati telefonicamente, di cui non faccio il nome, è di indubbio valore e qualità. Ma è anche difficile da far accettare ai gruppi parlamentari... e all' opinione pubblica».
Il giovanotto di Firenze deve aver letto troppi fumetti gialli e si dimostra, come sempre, digiuno di galateo istituzionale. Lo fa capire la smentita di D' Alema, che ha facile gioco a parlare di «sciocchezze» e «fantasie». «Non ho fatto nessun accordo - spiega -. Semplicemente il leader di Forza Italia voleva conoscere le opinioni e proposte della minoranza del Pd, lo informai della nostra disponibilità a votare a favore di Mattarella o Amato. D' altro canto ciò era già stato riferito da Bersani a Renzi».
Aggiungiamo che, in quei giorni, era di pubblico dominio come il nome di Amato potesse rappresentare punto d' equilibrio accettabile tra gran parte del Pd (tranne i giustizialisti) e Forza Italia. Tutto qui. D' Alema ironizza: «Evidentemente Berlusconi ha compiuto un grave errore nel nominare D' Alema in presenza di Renzi, sottovalutando la reazione psicotica che ci sarebbe stata...». E l' ingresso della Neuro nella prossima campagna elettorale non può che renderci (ancora) più sereni.