CI ERAVAMO FATTI SFILARE DALLA CINA UN'AZIENDA STRATEGICA CHE PRODUCE DRONI (E NESSUNO SE N'ERA ACCORTO) - NEL 2018, IL 75% DELLA "ALPI AVIATION", ATTRAVERSO UNA SOCIETÀ OFF SHORE, ERA FINITO AD AZIENDE CHE FANNO CAPO DIRETTAMENTE ALLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE - L'OPERAZIONE FINANZIARIA ERA FINITA AL CENTRO DI UN'INCHIESTA DELLA PROCURA DI PORDENONE, CHE CONTESTAVA A SEI INDAGATI DI AVERE VIOLATO LE LEGGI SUL TRASFERIMENTO DI INFORMAZIONI STRATEGICHE E DI ARMAMENTI - ORA IL GOVERNO HA AVVIATO LA PROCEDURA PER ESERCITARE IL GOLDEN POWER

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Valentina Errante per "il Messaggero"

 

daniele franco mario draghi conferenza stampa sulla manovra daniele franco mario draghi conferenza stampa sulla manovra

Due giorni fa il Wall Street journal titolava: «I cinesi hanno comprato la fabbrica di droni militari italiani all'insaputa delle autorità». E ora Palazzo Chigi ha avviato il Golden power, la procedura per esercitare i poteri speciali in materia di aziende strategiche e armamenti, nei confronti della Alpi Aviation, società friulana produttrice di Uav (unmanned aerial vehicle), utilizzati per anni in Afghanistan dall'Aeronautica e certificati agli standard stanag Nato.

 

L'operazione finanziaria era finita al centro di un'inchiesta della procura di Pordenone, che contestava a sei indagati di avere trasferito, nel 2018, il 75% dell'azienda, attraverso una società off shore, ad aziende che fanno capo direttamente alla Repubblica popolare cinese e, soprattutto, il know how, ad aziende che fanno capo direttamente alla Repubblica popolare cinese in violazione delle leggi sul trasferimento di informazioni strategiche e di armamenti e del Golden Power, norme che conferiscono poteri speciali al Governo nei settori strategici. Perché, per il pm, il ministero della Difesa e la Farnesina non erano informati.

Alpi Aviation Alpi Aviation

 

IL GOLDEN POWER

L'istruttoria per l'applicazione del Golden power sull'operazione finanziaria è stata avviata dal Dipartimento per il coordinamento amministrativo, l'ufficio della presidenza del Consiglio responsabile dell'applicazione dei poteri speciali, dopo che la Finanza di Pordenone, con il nulla osta della procura, ha trasmesso gli atti. Agli interessati, che respingono le contestazioni, sono già state chieste le controdeduzioni.

 

Il rischio, se dovessero essere verificate le violazioni, sono sanzioni salatissime, che vanno dagli 8 ai 280 milioni di euro. Ma la Presidenza del consiglio potrebbe anche annullare la vendita che, secondo la Finanza, è avvenuta «con modalità opache», proprio per celare il passaggio di proprietà alla Repubblica popolare cinese. Il provvedimento, se ci sarà, potrà eventualmente essere impugnato davanti al Tar.

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In Italia, dal 2012, i poteri speciali sono stati utilizzati solo quattro volte per bloccare operazioni, ma mai dopo passaggi societari. Due volte durante il governo Draghi: ad aprile, con il veto sull'acquisizione del 70 per cento della Lpe di Branzate specializzata nella produzione di chip, alla cinese Shenzen Invenland Holdings, e a ottobre, quando è stata fermata la vendita di Verisem, azienda romagnola di sementi per ortaggi, a Syngenta, azienda cinese prima al mondo nel settore agrochimico.

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LA VICENDA

È luglio del 2018 quando, secondo le indagini dei pm che non sono ancora concluse, la società Mars(Hk) information technology Co.limited, con sede ad Hong Kong, acquista il 75% della Alpi Aviation per 3 milioni e 995mila euro.

 

«Immediatamente dopo l'acquisto - ha contestato la procura di Pordenone in un decreto di perquisizione dello scorso settembre - venivano sinergicamente avviate azioni tra il team cinese, costituito anche da Wei, Li e Qi, e il team italiano, costituito anche da Moreno Stinati (ex ad della società) e Corrado Rusale (consigliere e socio di Alpi Aviation) per il trasferimento della tecnologia e la delocalizzazione produttiva dei sistemi Uav di Alpi Aviation in Cina, nella città Wuxi, per le quali non risultano siano state avanzate richieste alla Farnesina e alla Difesa».

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Secondo le verifiche, la Mars (Hk) information tecnology, società offshore, con sede a Hong Kong, sarebbe stata costituita ad hoc, non disponeva delle risorse finanziarie e «nonostante schermature plurime, risulta riconducibile al governo della Repubblica popolare Cinese».

 

Nel novembre 2019, nel corso di una riunione in Cina, gli italiani avrebbero predisposto un progetto anche attraverso una nuova struttura produttiva a Wuxi «nella quale avrebbe dovuto essere incardinata la produzione degli Uav militari, fissando da ultimo una time line che prevedeva la conclusione del progetto di delocalizzazione entro l'anno 2021».

 

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Gli indagati hanno sempre smentito le ipotesi della procura «La società nega con fermezza che nella sua condotta si debbano ravvisare violazioni delle norme a tutela del Golden power e della legislazione che regolamenta il trasferimento di informazioni strategiche o tecnologia al di fuori del territorio nazionale», avevano precisato gli avvocati Antonio e Bruno Malattia, che assistono la Alpi Aviation. Ora Palazzo Chigi, con il via libera della procura, ha concesso loro l'accesso agli atti.

 

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