Estratto dell'articolo di Carlo Bertini per “la Stampa”
C'è più di un motivo se Massimo D'Alema risponde alle domande sul suo rientro nel Pd in maniera evasiva, con frasi tipo «da militante, farò quello che dirà il mio partito Art.1». Fin dal suo insediamento a segretario, ovvero un anno e mezzo fa, Enrico Letta pose a Roberto Speranza un veto sull'ex premier. Con la motivazione che la sua figura, troppo divisiva, avrebbe riportato il partito in un clima di contrapposizione: dannoso per la pax sociale che Letta aveva in animo di creare. Ora che il timone del Pd passerà di mano, l'incertezza sulla collocazione dell'ex premier magari verrà sciolta con suo reingresso al pari degli altri. Ma le premesse non sono buone.
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Ora, che nel Pd non ci sia tutto questo pathos per celebrare la ricucitura di una frattura inferta dall'era Renzi, lo dimostra il tono poco accogliente di Bonaccini sul ritorno di Bersani e D'Alema, «a me interessa solo che tornino i milioni di voti persi».
A spingere piuttosto c'è, tra gli altri, l'ex ministro Andrea Orlando, convinto che con il nuovo Manifesto dei valori il partito viri a sinistra. Detto questo però, alcuni dirigenti di Art.1 ironizzano sul fatto di essere arrivati forse troppo tardi: «Abbiamo aspettato anni e siamo tornati ora che il Pd sta scomparendo», è una delle battute risuonate sabato tra i banchi dell'Auditorium occupati dagli ex fuoriusciti. Preoccupati assai della concorrenza dei 5stelle: «Se Conte decide di farla lui una Costituente di sinistra, per mandare in soffitta il marchio M5S e creare una cosa nuova, rischia di farci terra bruciata e di metterci in gran difficoltà».
2 - “PD, VIA LE VECCHIE FACCE” MA I CANDIDATI SI DIVIDONO SUL RITORNO DEI BERSANIANI
Giovanna Vitale per “la Repubblica”
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Nello studio di Mezz’ora in più, la più agguerrita è Paola De Micheli che prova a prendersi la scena forse per recuperare nei sondaggi che la danno ultima. Gianni Cuperlo ha pensieri troppo lunghi per i ritmi catodici e infatti Lucia Annunziata a un certo punto glielo dice: «Non puoi parlare sempre tu».
Elly Schlein, ampia giacca verde di velluto a coste, gioca la carta dell’antirenzismo chiedendo di rinnegare il Jobs Act e gli accordi con la guardia costiera libica. L’unico imperturbabile è Stefano Bonaccini: camicia bianca e giacca scura, ammicca a Bersani ma si guarda bene dal prendere le distanze da Renzi; sa di essere il favorito, inutile agitarsi.
MASSIMO D'ALEMA E STEFANO BONACCINI
«Io penso che il Jobs Act sia stato uno sbaglio», attacca per prima la deputata bolognese, «bisogna avere l’umiltà di ammettere gli errori e fare come in Spagna, dove sono stati limitati i contratti a termine e incentivati gli stabili». Una stoccata a Bonaccini che svicola con nonchalance: «A me non piace discutere del passato, preferisco il futuro. Negli anni scorsi sono state fatte scelte anche giuste: le lenzuolate di Bersani, l’industria 4.0... Adesso occorre tagliare il costo del lavoro».
Anche dialogando con il governo: opzione che il governatore è pronto a esercitare, se sarà segretario, mentre per Schlein serve «un’opposizione più efficace per inserirsi nelle divisioni della maggioranza». Con Cuperlo a svelare un aneddoto divertente: «Io in Parlamento ho votato contro il Jobs Act e non ho cambiato idea, la settimana scorsa lo stesso Renzi si è congratulato con me per la coerenza ». Freddissimo, Bonaccini, anche sul ritorno degli scissionisti di Speranza. «Mi interessa poco che rientrino dirigenti ed ex dirigenti, il problema è che noi abbiamo perso 7 milioni di voti, mi interessa che rientrino le persone che ci hanno abbandonati ».
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Molto più calda Schlein, che li ha fra i supporter: per lei si tratta di un «ricongiungimento familiare». È invece sull’urgenza di rinnovare il Pd che i quattro si ritrovano in sintonia. «So di risultare sgradevole », ammette Cuperlo, «ma se io sono qui è perché ho notato una corsa ad arruolarsi dietro le candidature di questi tre colleghi, che stimo molto, da parte di chi ha attraversato tutte le stagioni dicendo tutto e il suo contrario. Vorrei che il trasformismo fosse lasciato alle spalle».
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