Ugo Magri per “la Stampa”
La ricostruzione dalle macerie della pandemia non potrà limitarsi a perseguire gli interessi, per quanto «legittimi», di questo o di quello. Alla politica, tanto di governo quanto di opposizione, il presidente della Repubblica chiede molto di più. Serve, spiega Sergio Mattarella, anzitutto «capacità progettuale».
C'è bisogno, insiste, «di profonda idealità, di ampia visione, di grande concretezza». Se lo ripete così spesso è perché, forse, non ne vede circolare abbastanza. Un paio di settimane fa aveva rievocato quasi con senso di nostalgia alcuni momenti particolarmente fecondi della vita nazionale in cui tutte queste attitudini riformatrici erano state messe in campo, dando spazio a grandi cambiamenti come l'attuazione delle Regioni, lo Statuto dei lavoratori, la legge sulle lavoratrici madri, il nuovo diritto di famiglia, la maggiore età a 18 anni: tutte conquiste datate mezzo secolo fa.
Ieri il presidente c'è tornato sopra traendo spunto, come è sua consuetudine, da un messaggio augurale inviato in questo caso al presidente della Fondazione Meeting di Rimini per l'amicizia tra i popoli, Bernhard Scholz.
La premessa è che siamo tuttora alle prese con il virus: «La terribile pandemia semina sofferenze e morte a ogni latitudine», avverte Mattarella con il pensiero rivolto ai troppi negazionisti. È presto per dichiarare vittoria e ritornare alle vecchie abitudini. La ripartenza sarà possibile a condizione di saper mettere in campo una «maggiore qualità», una «più forte coscienza di comunità», un «nuovo sviluppo che rispetti al natura e superi le discriminazioni sociali».
Dovremo tendere «allo sviluppo integrale della persona», a una «crescita di umanità che sconfigga spinte alla chiusura, al risentimento, all'avversione, che condurrebbero invece al fallimento» degli sforzi fin qui messi collettivamente in campo.
Ma soprattutto, secondo il capo dello Stato, sarà indispensabile «guardare l'orizzonte europeo come tratto decisivo del nostro futuro», e cogliere con soddisfazione il grande cambiamento «di cui l'Unione è stata capace». Un modo per segnalare che populismi, nazionalismi e sovranismi non ci porterebbero lontano.
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