Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
giovanbattista fazzolari pistolero
Sarà stato senz’altro stato un inciampo involontario, il cedimento guascone e innocente al più comune dei modi di dire. Come l’omino del gelato, l’omino di pan di zucchero o quello Michelin. E però all’Ambasciata americana, che sia per scarsa confidenza con l’idioma colloquiale o per permalosità yankee, non l’hanno presa proprio a ridere.
C’è che forse, pare, quelle allusioni fatte coram populo, da parte di Giovanbattista Fazzolari, di un “omino della Cia”, loro ci hanno visto un riferimento niente affatto vago al capo centro dell’Agenzia a Roma, insomma a uno dei vertici dei servizi segreti statunitensi in terrà italica, uno che in effetti alto di statura non è e che effettivamente, comme il faut, con gli uffici di Palazzo Chigi ha una certa consuetudine. E si sono risentiti.
[…] Il punto è che l’identità dei dirigenti dell’Agenzia è bene che resti il più riservata possibile. E se pure non c’è da scandalizzarsi, anzi, che Giorgia Meloni o i suoi più stretti collaboratori abbiano contatti coi servizi di paesi amici, sarebbe grave se, sia pure in modo indiretto, si rivelassero possibili indizi su chi siano le persone che fisicamente tengono questi contatti.
Insomma nessuno si sarebbe atteso che un bel giorno Gianni Letta, o Gianni De Gennaro, passeggiando per Piazza Colonna, davanti ai giornalisti, raccontassero dei loro colloqui “con lo spilungone della Cia”, quando a essere capo centro dell’Agenzia americana a Roma, ma nessuno all’epoca lo sapeva, era quel Robert Gorelick a cui certo non difettano i centimetri.
GIOVANBATTISTA FAZZOLARI IN VERSIONE 007
E invece il sottosegretario Fazzolari, martedì, parlando con Simone Canettieri ha riferito a questo giornale che sì, le uscite scomposte di Berlusconi su Putin e l’Ucrina non sono un problema perché anzi rafforzano la leadership di Meloni “agli occhi degli Usa, del deep state, dell’omino della Cia che non hanno altri interlocutori affidabili al di fuori di lei”.
E tanto è bastato, ovviamente, perché anche dentro palazzo Chigi qualcuno strabuzzasse gli occhi. “Lo ha detto davvero?”. […]
E certo, le vicende della scorsa legislatura non hanno contributo a facilitare questi rapporti. Prima il mezzo pastrocchio di Giuseppe Conte sul Russiagate, gli incontri tra William Barr e Gennaro Vecchione con le polemiche politiche che ne sono conseguite; poi la baruffa per accaparrarsi la presidenza del Comitato tra il leghista Raffaele Volpi e il meloniano Adolfo Urso.
Insomma, si sperava che il nuovo corso segnasse, come del resto anche il Quirinale auspica, un ritorno a un galateo più tradizionale. E invece il fattaccio di Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli rischia di complicare di nuovo le cose. Nel senso che, ed è un giudizio abbastanza trasversale ai partiti, ai vertici dell’intelligence non vedevano l’ora di trovare pretesti per poter giustificare certi loro silenzi, certe loro reticenze. […]
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