Andrea Marinelli e Guido Olimpio per www.corriere.it
Con il Mar Nero sotto il controllo della Flotta di Mosca, i resistenti hanno puntato su una risposta rappresentata da missili e droni esplosivi realizzati in casa. Così hanno affondato con i cruise Neptune l’ammiraglia Moskva mentre hanno danneggiato un paio di unità a Sebastopoli schierando i «barchini» senza equipaggio. Secondo l’analista HI Sutton vi sono state conseguenze immediate, con la task force navale degli occupanti che avrebbe ridotto drasticamente l’attività in alto mare preferendo restare per il momento nei porti.
Ben prima dell’invasione, gli ucraini avevano mandato emissari in Europa, Italia inclusa, per acquistare sistemi da guerra subacquea, una pesca pare infruttuosa — almeno a livello ufficioso — che li ha spinti a sviluppare progetti ricorrendo a componenti civili. I natanti lanciati nell’assalto hanno motori ricavati da quelli delle moto ad acqua, telecamere, Gps, testate belliche di circa 200 chilogrammi e un raggio operativo di 400 chilometri. Dati per ora accolti con prudenza dagli esperti, sempre interessati ad un fronte in evoluzione.
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Molti si aspettano nuove sortite da parte ucraina, con gli ingegneri impegnati a migliorare i prototipi, aggirare le contromisure degli invasori, studiare mosse. È inevitabile: una volta impiegata una tattica sei costretto a variare, perché il nemico — se può — corre ai ripari. Dunque aggiorni in diretta, magari con l’aiuto occidentale.
Americani e britannici hanno fornito alcuni droni, però con compiti difensivi. Difficile che cedano equipaggiamenti troppo sofisticati, c’è il rischio che cadano in mano ai russi. Parliamo di componenti spesso uniche, per questo ogni forza armata è estremamente gelosa di ciò che possiede e per questo tutela segretezza, doti, capacità.
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In quest’epoca c’è una grande domanda, diversi Paesi li realizzano ma non tutti hanno la stessa qualità. Un paio di società italiane e gli incursori della nostra Marina, i Comsubin, hanno fatto scuola anche se le «lezioni» non sono aperte a tutti. Anzi sono per pochi o per nessuno. Un episodio non collegato aiuta a comprendere il valore.
Pochi giorni fa la Us Navy ha rivelato un incidente che ha coinvolto un mini-sub dei Seals: si è ben guardata dall’offrire particolari per ragioni di sicurezza, ma ha precisato che il danno sfiora i 2,5 milioni di dollari.
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Più agevole per il Pentagono autorizzare l’invio di 40 vedette fluviali, dotate di protezione e mitragliatrici. Un pacchetto citato in modo sommario nei report ma che apre scenari interessanti su future operazioni. Un analista ha ipotizzato la nascita di una «Mosquito Fleet», una componente di supporto a reparti scelti per missioni dietro le linee guadando i fiumi.
E ora che l’Ucraina ha liberato Kherson, cercherà di sfruttare la via d’acqua rappresentata dal Dnipro, ostacolo naturale la cui riva orientale è in mano agli invasori.
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Lo Stato Maggiore di Kiev potrebbe ripetere quanto condotto nelle scorse settimane in occasione dell’offensiva terrestre ucraina: «sommersi» nelle testimonianze c’erano riferimenti all’uso di gommoni e motoscafi, parte di una flottiglia minuscola, per incursioni in profondità conclusesi con successi. Sono quelle storie che vengono raccontate nei dettagli solo dopo molto tempo: rivelarne le modalità farebbe il gioco degli avversari.
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