1 - GOVERNO: USCIRE, VOTARE FIDUCIA, ASPETTARE, I DUBBI NEL M5S
(ANSA) - Uscire dal governo subito; restare dentro e prepararsi a votare la fiducia se il premier Mario Draghi accettasse di sottoporsi a una verifica in Parlamento; prepararsi a uscire dalla maggioranza ma prima valutare bene la strategia per affrontare la crisi: sono le tre posizioni, a quanto si apprende, che stanno dividendo il M5s in questa delicata giornata di riunioni, organizzate dal leader Giuseppe Conte per valutare con i vertici del partito tutte le soluzioni e i possibili scenari dopo l'annuncio del premier di voler dare le dimissioni e in vista delle sue comunicazioni alle Camere di mercoledì.
Una decisione finale potrebbe arrivare nella nuova riunione del Consiglio nazionale in serata. Come spiega chi sta partecipando al confronto interno al Movimento, per ora non c'è una posizione unitaria. A sentire un parlamentare che vorrebbe evitare lo strappo, la situazione "è confusa".
Secondo queste ricostruzioni, spingerebbero per uscire dal governo i vicepresidenti Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa, Mario Turco e Paola Taverna, secondo una linea che, accreditano calcoli interni, sarebbe condivisa da circa il 70% dei parlamentari 5s. Starebbero sostenendo l'opportunità di restare al governo con l'obiettivo poi di confermare la fiducia in un'eventuale verifica due dei tre ministri del Movimento, Fabiana Dadone e Federico D'Incà, così come il capogruppo alla Camera Davide Crippa (che intanto ha convocato per domani l'assemblea dei deputati) e, fra gli altri, il sottosegretario Carlo Sibilia.
tweet sulla crisi del governo draghi 1
Fra gli 'attendisti', che starebbero invitando a valutare con attenzione la strategia prima di prendere la decisione finale, il Ministro Stefano Patuanelli, la sottosegretaria Alessandra Todde, Alfonso Bonafede e Chiara Appendino.
2 - GOVERNO, 'MURO' MINISTRI M5S: "SE VERIFICA, SÌ A FIDUCIA DRAGHI"
Tenere la linea, ovvero confermare che, in caso Draghi dovesse chiedere un voto di fiducia alle Camera mercoledì, il M5S voterà a favore, perché sul dl aiuti l'Aventino era legato a doppio filo alla norma sull'inceneritore a Roma.
mario turco giuseppe conte paola taverna
Sulla fiducia, il sostegno del Movimento deve esserci. Sarebbe questa la linea emersa nel confronto tra il leader del M5S Giuseppe Conte e i tre ministri pentastellati, Stefano Patuanelli, Federico D'Incà, Fabiana Dadone. La fiducia, ha esordito il capodelegazione Patuanelli, va votata se ci sarà una verifica di maggioranza.
Sulla stessa linea d'onda Dadone, che è sempre stata favorevole alla linea 'governista'. Ma dei tre, racconta l'Adnkronos, è stato il titolare dei Rapporti col Parlamento Federico D'Incà il più duro. Mettendo in discussione, come già nel Consiglio nazionale di ieri, la scelta dell'Aventino parlamentare.
GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI MEME
Che, a suo dire, "rischia di mettere in crisi il Paese in un momento delicatissimo", non nascondendo le sue preoccupazioni "per gli obiettivi europei che abbiamo davanti e che non possiamo mancare. Non si capisce il senso di questa decisione ora, dopo aver consegnato a Draghi dei punti che dovevano anche essere recepiti nel prossimo decreto di 15 miliardi" al centro del confronto con le parti sociali e atteso per la fine del mese.
Conte non avrebbe chiesto dimissioni anticipate alla delegazione di governo, ma, riportano le stesse fonti, le avrebbe sì sondate su questa opzione, non eliminandola dunque dal tavolo.
federico dinca stefano patuanelli
Ma al netto dell'incontro di questa mattina, emerge con chiarezza nelle ultime ore la volontà di un cambio di rotta -linea dura sulla fiducia, no a Draghi a prescindere- spinta soprattutto dal timore che l'elettorato possa non capire il doppio passo sulla fiducia: prima no e poi si. Ecco perché l'unica via di fuga -al vaglio dei vertici M5S- potrebbe essere quella di sottoporre la questione al voto della base.
tweet sulla crisi del governo draghi 5
3 - TENSIONI TRA I 5 STELLE: SUL PIATTO L'IPOTESI DEL RITIRO ANTICIPATO DEI MINISTRI PRIMA DI MERCOLEDÌ. D'INCÀ CONTRARIO
Matteo Pucciarelli per www.repubblica.it
Un'altra giornata di tensione e riunioni ai vertici 5 Stelle. Con l'ennesimo Consiglio nazionale in via di Campo Marzio. La discussione sarà lunga, il M5S si prenderà tutto il tempo necessario per arrivare pronto e con una posizione chiara all'appuntamento di mercoledì.
Sul piatto delle ipotesi però - se n'è già discusso animatamente ieri in tarda serata - c'è il ritiro dei tre ministri del Movimento, cioè Stefano Patuanelli, Federico D'Incà e Fabiana Dadone e ovviamente anche di viceministri e sottosegretari. Con il ministro dei rapporti con il Parlamento D'Incà che esprime, ancora una volta, il suo dissenso.
Facendo sapere di essere contrario alla linea dura, quella del ritiro dei ministri. Perché un ritiro significherebbe il tramonto definitivo dell'ipotesi di un nuovo sostegno a Draghi. Creando nuovi problemi al Paese, sul fronte del Pnrr e dei rapporti con l'Europa.
Il ragionamento che è stato posto è semplice: seguendo una "coerenza" e "linearità" - come è stato detto per la non fiducia alla Camera e al Senato sul decreto Aiuti, sul quale a maggio i ministri del Movimento si erano astenuti in Consiglio dei ministri - bisogna andare fino in fondo, essere conseguenti.
Certo è che far dimettere i membri del governo, retto da un presidente del Consiglio dimissionario, vorrebbe dire mandare un nuovo e ulteriore messaggio di rottura. Lo stesso Giuseppe Conte è assai cauto, ma c'è tutto un fronte del partito che ormai si sente fuori dalla maggioranza ed è convinto che sia questa la strada giusta per recuperare una parte dei consensi perduti. Già ieri la vicepresidente del Copasir, la 5 Stelle Federica Dieni, in maniera provocatoria si era domandata: "Ma i ministri del Movimento si dimettono? O stiamo aprendo una crisi astenendoci dal votare la fiducia con i ministri in carica?".
C'è poi un'altra possibilità che aleggia nel dietro le quinte, di questa non si sarebbe ancora parlato nel Consiglio nazionale ma solo tra i parlamentari: far votare gli iscritti sulla permanenza o meno nel governo, o eventualmente consultarla se verrà formato un Draghi bis. Vorrebbe dire, anche in questo caso, certificare il passaggio all'opposizione, perché gli umori della base (o quel che ne rimane) sono tutti per l'addio.
federica dieni MEME SULLA CRISI DI GOVERNO