1 - ROSATO (IV), COMM. INCHIESTA PER FARE LUCE SU FORNITURE
(AGI)- "Non voglio entrare nel merito dell'inchiesta sull'avvocato Di Donna, ex socio di Giuseppe Conte. E' lavoro della magistratura. Ma che emergano legati al suo nome episodi di forniture, sanitarie e non, durante l'emergenza Covid (proprio quando Conte era a capo del governo) fa capire - se ce ne fosse bisogno - quanto sia urgente una Commissione parlamentare d'inchiesta che faccia luce su come siano stati spesi i soldi, tanti, degli italiani durante la pandemia". Cosi' in un post su Facebook il presidente di Italia viva Ettore Rosato.
2. APPALTI COVID, INDAGATO L'EX COLLEGA DI CONTE "A ME IL 5 PER CENTO"
Giuliano Foschini e Andrea Ossino per “la Repubblica”
«A quello gli è cambiata la vita. Ti devi mettere nei suoi panni, "in the shoes" come si dice in America. Quelli si sono trovati dal giorno alla notte quell'altro sfigato a fare il fenomeno ». «E ora stanno a sfruttare la situazione!». In questa conversazione, intercettata dai carabinieri del reparto operativo di Roma, c'è tutta la storia di un importante professore e avvocato romano - Luca Di Donna - e di un suo amico già dirigente pubblico (per anni al Mise), Gianluca Esposito che, all'improvviso sono diventati i «signori del 5 per cento».
Tanto pretendevano dagli imprenditori che chiedevano la loro consulenza, «in modo da sfruttare le loro relazioni personali con pubblici ufficiali ». L'allora commissario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri, per esempio, dirigenti di Invitalia e del Mise, e quella «terza persona affermata», come viene definito negli atti, che è l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non è un mistero, infatti, che Di Donna fosse amico dell'ex premier Conte. O, meglio, compagno di studio quando entrambi lavoravano con il professor Guido Alpa.
«In passato lo frequentavo, ma da quando sono diventato premier non l'ho più visto» dice però Conte. Di Donna è indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite. E per questo ieri è stato perquisito su ordine dei sostituti Gennaro Varone e Fabrizio Tucci, in un'indagine (13 gli indagati) coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal Capo, Michele Prestipino.
Di Donna, dunque, trafficava spendendo il nome degli alti dirigenti. E verosimilmente anche del premier. Ma lo faceva, per lo meno questo ha ricostruito la Procura, a loro insaputa. L'indagine nasce per corruzione, per poi essere derubricata in traffico di influenze perché non c'è prova che i contratti oggetto dell'inchiesta vengano chiusi grazie all'intermediazione dei due.
L'inchiesta parte con la denuncia di un imprenditore, Giovanni Buini, «a cui era stata revocata» si legge negli atti, «dalla struttura commissariale una commessa per la fornitura di mascherine chirurgiche». A Buini, per risolvere il problema, vengono indicati Esposito e Di Donna. Che l'imprenditore incontra il 30 aprile 2020 «quali intermediari - scrivono i pm nel decreto di perquisizione - in grado di garantire affidamenti diretti da parte della struttura.
LUCA DI DONNA COLLABORATORE DELLA COMMISSIONE BICAMERALE ANTIMAFIA
In quell'occasione, i due avevano fatto sottoscrivere al Buini una accordo per il riconoscimento in loro favore di somme di denaro. I due non avevano mancato di rimarcare la vicinanza di Di Donna - scrivono ancora i pm - con ambienti istituzionali governativi». «In un secondo incontro - si legge ancora negli atti - Di Donna si era fatto trovare presso lo studio Alpa in compagnia di un generale della Finanza».
La storia finisce però male perché, come ricostruiscono i pm, Arcuri revoca l'appalto all'imprenditore. Ma quello che interessa agli investigatori è il metodo: un altro imprenditore ha raccontato di essere stato contattato da Di Donna e Esposito «per entrare a far parte di un progetto, finanziato con soldi pubblici, per la realizzazione di un polo per la salute in Calabria». In cambio, come da contratto, il 5% delle operazioni. Il punto ora è capire quanto millantassero o se davvero, come racconta uno degli imprenditori, fossero «un asso da calare» nel rapporto con le istituzioni.
È vero che il contratto delle mascherine finisce male, ma è anche vero che i carabinieri annotano molti contatti tra Arcuri ed Esposito (che però era stato un importante dirigente Mise) e Di Donna. Agli atti c'è poi la storia di una procedura negoziata d'urgenza, senza bando, per l'acquisto di tamponi molecolari. Poco più di tre milioni di euro finiscono a una società - Adaltis - che aveva un contratto di consulenza con i due.
Che hanno incassato circa 400mila euro per l'intermediazione. «I bonifici - scrive la Procura nel decreto - al momento non trovano lecita spiegazione: l'interessamento e l'offerta dei propri servizi e delle proprie entrature per l'affidamento da parte del Commissario. Non si giustifica lecitamente anche in ragione del fatto che non si ravvisa alcuna necessità di consulenze offerte dai legali che peraltro non risultano avere alcun rapporto formale con la struttura del Commissario».
Con Esposito e Di Donna si muoveva anche un terzo avvocato, Valerio De Luca. Che non andava per il sottile. «Mi ha detto - dice un imprenditore a cui avevano offerto consulenza - che il livello con cui si relazionano è talmente elevato che non deve aspettarsi un contratto molto economico». «
De Luca sosteneva - annota la Procura - che Di Donna avesse acquisito potere e ha potuto condurre gli interventi che hanno portato un arricchimento per tutti i sodali, dopo che una terza persona si è affermata» da un punto di vista politico. «Da quel momento tutte le porte della pubblica amministrazione si sono aperte per loro».