Jacopo Iacoboni per “La Stampa”
VLADIMIR PUTIN E GIUSEPPE CONTE
«Qui fodit foveam, incidit in eam». «Chi scava la fossa, ci finisce dentro». Alle sette di sera di venerdì 3 aprile 2020, il generale russo Igor Konashenkov - un uomo che è oggi uno dei quattro russi incaricati di gestire l'invasione in Ucraina, assieme a Vladimir Putin, al ministro della Difesa Sergey Shoigu, al capo delle forze armate Valery Gerasimov - pubblicò un post di duro attacco a La Stampa sul sito del Ministero della Difesa di Mosca.
Cosa era successo per meritarsi quella che a molti parve una seria minaccia? E che ruolo ebbe l'Italia, che ora viene allusivamente minacciata da Mosca, che ci ha sempre trattato come anello debole dell'Europa, negli anni dei populisti al potere?
La Stampa aveva raccontato, in una serie di inchieste, alcuni dati di fatto, sulla base di tante fonti politiche e militari convergenti. Uno, che la cosiddetta missione di «aiuti russi all'Italia per il Covid» era stata trattata direttamente da Vladimir Putin con Giuseppe Conte.
Sabato 21 marzo del 2020 c'era stata una telefonata tra l'allora premier italiano e il presidente della Russia. La Stampa raccontò che i due avevano concordato che la Russia avrebbe mandato in Italia degli aiuti per la pandemia di Covid 19, ma un insolitamente laconico comunicato della presidenza del Consiglio sorvolava su questo aspetto.
Rivelammo che gli «aiuti» sarebbero arrivati con una spedizione militare russa, attraverso giganteschi aerei militari cargo a Pratica di Mare, con un security clearance (controllo doganale solo sulle merci).
Dentro gli aerei vi sarebbero stati 22 autocarri militari e 120 medici militari russi, specialisti nella guerra batteriologica, alcuni provenienti da teatri di guerra (tipo i Paesi africani alle prese con Ebola) e sotto il controllo del ministero della Difesa di Mosca.
Scoprimmo che il capo della missione era Sergey Kikot, già in guerra in Siria per la Russia, il generale a cui la Russia affidò la difesa di Bashar Assad al processo a L'Aja, dall'accusa (ormai provata) di aver usato gas sui civili a Ghouta, in Siria.
LUIGI DI MAIO, ROCCO CASALINO E GIUSEPPE CONTE GUARDANO ADORANTI E OMAGGIANO VLADIMIR PUTIN
Lo stesso generale era incaricato in patria di vigilare sullo smantellamento dei laboratori chimici sovietici (poi riconvertiti nei «Novichok Labs»). Le nostre fonti sostennero, come fu riferito, che l'entità degli aiuti era limitata, «all'80% inutile», come poi i fatti confermarono (326 mila mascherine, il solo Egitto ne aveva mandate due milioni, e seicento ventilatori polmonari, alcuni dei quali - si apprenderà dopo - facevano parte di un lotto di ventilatori che finì sotto inchiesta negli Usa per gravi difetti: in sostanza, s’incendiavano).
Venne fuori anche che il dono non era poi un dono (all'Italia era stato chiesto il pagamento del carburante dei voli). Tra l'altro, l'Italia ha già dei reparti NBC, chimici e batteriologici, all'avanguardia nella Nato: che bisogno c'era di farsi mandare quelli russi?
L'operazione fu chiamata dal Cremlino «Dalla Russia con amore», e diverse fonti di alto livello ce la presentarono come operazione di propaganda, con la sfilata (mai avvenuta prima in un Paese Nato) di camion militari e bandiere russe per seicento chilometri da Roma a Bergamo, e con possibilità molto seria di una operazione di intelligence, dissero diverse fonti on the record.
Molti dei militari arrivati erano inquadrati nel GRU, i servizi segreti militari di Mosca. Mesi dopo il New Yorker rivelò le parole di uno dei direttori dell'Istituto Gamaleya: il primo Dna del coronavirus - usato dai russi per elaborare il vaccino Sputnik - era stato isolato da un cittadino russo che si era ammalato in Italia il 15 marzo.
Putin vide nel Coronavirus un'opportunità per incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano. Il ministro della Sanità, Roberto Speranza, seppe della cosa all'ultimissimo momento. Farnesina e Difesa non ebbero la parola decisiva, che invece arrivò con certezza da Palazzo Chigi.
Non sorprende ora che venga minacciato il ministro Lorenzo Guerini, uno dei più istituzionali in quella opaca e pericolosa vicenda. In quella fase anche oligarchi russi erano all'opera. Alisher Usmanov - ex capo di Gazprominvest e poi di Metalloinvest, di casa da noi, oggi sanzionato col sequestro totale degli asset - fece importanti donazioni sul Covid alla Sardegna.
vladimir putin a palazzo chigi incontra giuseppe conte 1
L'ambasciata italiana a Mosca, retta allora da Pasquale Terracciano, in un comunicato ufficiale del 14 maggio 2020 annunciò che il capo del Fondo sovrano russo, Kirill Dmitriev (altro oligarca importantissimo, finito in diverse pagine dell'inchiesta di Robert Mueller, già ospite un anno prima, nel giugno 2019, della famosa cena a Villa Madama offerta da Palazzo Chigi, quella delle foto di Conte e dei suoi vice Salvini e Di Maio sorridenti accanto a Putin), veniva insignito dell'onorificenza dell'Ordine della Stella d'Italia «a titolo di riconoscimento da parte della Repubblica italiana al supporto del Fondo russo nella lotta contro la pandemia da coronavirus».
In quel comunicato si leggeva anche: «Il Fondo russo sta collaborando con le società italiane nel campo delle tecnologie mediche, ai fini della ricerca dei nuovi strumenti di lotta contro il coronavirus», e si faceva riferimento a collaborazioni con precise società italiane, anche «riguardo al trattamento del Coronavirus con i medicinali derivati dal plasma sanguigno umano».
Vi fu, in seguito, una forte propaganda russa per far produrre o adottare il vaccino Sputnik in Italia, e una collaborazione con l'Istituto Spallanzani: l'obiettivo non fu raggiunto, anche perché l'Ema non autorizzò mai il vaccino russo.