Laura Rio per “il Giornale”
E ora la palla passa alla Rai. Com' era prevedibile e anticipato ieri dal nostro Giornale, l'Agcom in sostanza ha detto che un match a due tra Enrico Letta e Giorgia Meloni nel salotto di Vespa non si può fare. Dunque sparisce il momento clou della campagna elettorale: sarebbe stato in contrasto con i criteri della par condicio come, del resto, si legge chiaramente nelle delibere della medesima Autorità.
Nella riunione di ieri, l'Agcom ha fatto un richiamo generico al rispetto della parità di trattamento per tutti i soggetti politici. Il riferimento è ovviamente alla questione sollevata da Calenda sulla scelta di Porta a Porta di fare un confronto diretto solo con i due front-runner (acclamati o in pectore) della coalizione di destra e sinistra. E la tv pubblica non può certo disubbidire.
Ora spetta a Bruno Vespa sbrogliare la matassa. Per ora si limitare a commentare così: «Mi dispiace. Non avremmo tolto nulla a nessuno e fatto del buon giornalismo. Noi siamo pronti a far confrontare tutti i leader ma è noto che ci sono delle forti resistenze. Pazienza».
Non si possono fare faccia a faccia, ma neppure confronti a quattro tra i leader (di nuovo, acclamati o in pectore) dei quattro poli: Meloni, Letta, Calenda e Conte. L'unica soluzione sembra essere quella di invitare - nella serata del 22 settembre - gli otto principali leader politici e garantire a ognuno uno spazio di mezz' ora in cui essere intervistati singolarmente dal giornalista.
SALVINI MELONI LETTA AL MEETING DI RIMINI
Quattro ore di trasmissione per otto leader che dovrebbero essere Meloni, Salvini e Berlusconi per il centrodestra; Letta, Di Maio e Fratoianni (o Bonelli) per il centrosinistra, Calenda per i centristi e Conte per i 5 Stelle. Gli altri partiti più piccoli sarebbero esclusi per evidenti ragioni di orario (mica si può andare avanti fino alle due di notte).
Ma, in che ordine, dovranno essere intervistati gli otto? Se si optasse per la rappresentanza parlamentare la Meloni, candidata premier in pectore, finirebbe in fondo alla serata, dopo mezzanotte, tra gli ultimi. Se si scegliessero i sondaggi, ci sarebbe immediatamente una rivolta.
Alla fine, magari, si preferirà il sorteggio. Qualsiasi scelta si farà, ne seguiranno infinite polemiche. Di sicuro, per la Rai sarà una perdita in termini di share perché gli spettatori non si metteranno a sorbirsi ore e ore di «colloqui», mentre un match avrebbe avuto certamente più appeal anche se non avrebbe garantito equità di trattamento.
Certo è che una situazione così intricata non si era mai presentata: bei tempi, dal punto di vista dell'efficacia televisiva, quando c'erano due schieramenti in campo con due leader indiscussi. Ora tra coalizioni (non previste «giuridicamente» dalla nuova legge elettorale), liste e singoli partiti rispettare le regole della par condicio è un rebus. La tv di Stato, comunque, ha ricordato che metterà a disposizione molti spazi per tutti, dalle prime serate del 7 e 15 settembre a cura del Tg1 alle varie tribune politiche.
Ma è evidente che il momento più importante sarebbe stato quello del 22 settembre, a pochi giorni dall'apertura delle urne (il 25), negli studi di Porta a porta con il faccia a faccia tra i due leader. Per Letta e Meloni sarebbe stato il coronamento, urbi et orbi, del sogno di polarizzare gli schieramenti e di conseguenza il voto degli elettori. Ma a questo gioco gli altri responsabili dei partiti (che comunque quella stessa sera avrebbero avuto a disposizione mezz' ora ciascuno, ma non con un faccia a faccia) non si sono sottomessi, soprattutto Calenda che si è rivolto alla Commissione di Vigilanza, la quale ha passato la palla all'Agcom.
Ma neppure Mentana o Sky - come da loro offerto - o qualunque altra televisione privata, stando a quanto prevede la legge, potranno ospitare il dibattito a due o a quattro. Certo, l'infrazione comporterebbe solo un richiamo. E figuriamoci se Mentana si ferma davanti a una multa: il 23 con il duello spostato su La7 farebbe il botto.
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