1 - MOVIMENTO QUANTE STELLE?
Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”
[…] le Comunali di domenica segnalano lo stato di salute delle forze politiche. E quello dei 5Stelle è pessimo. Perdono terreno quasi dappertutto sulle Politiche del 4 marzo e anche sulle precedenti Comunali. Nei capoluoghi, conquistano il ballottaggio solo a Terni, Avellino e Ragusa. E in grandi centri come Imola, Pomezia e Acireale. Invece spariscono nei due municipi romani tornati alle urne, che riscoprono il vecchio bipolarismo sinistra-destra e ammainano la bandiera della Raggi, punita (soprattutto dalle astensioni) per la prima volta dopo due anni.
A Siena e a Vicenza, a causa delle solite beghe di pollaio nei (o fra i) Meetup, perdono la partita senza neppure averla giocata: per abbandono. Nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi e fingere che non sia successo nulla, o millantare vittorie inesistenti, sarebbe ridicolo. Anche perché già alle Amministrative del 2017 i 5Stelle erano andati malissimo, in controtendenza col trionfo del 4 marzo 2018. Che però rischia di diventare come quello di Renzi alle Europee del 2014: un fatto unico e irripetibile.
È il momento per i "grillini" di mettersi attorno a un tavolo e far ripartire il Movimento dal basso con una gestione collegiale, ben distinta dagli impegni di governo. Ma anche di mettersi davanti a uno specchio per confrontarsi con ciò che erano 9 anni fa quando nacquero, 5 anni fa quando irruppero in Parlamento, 2 anni fa quando espugnarono grandi città.
Sono maturati, certo: soltanto un anno fa, alla parola "alleanze", mettevano mano alla fondina e, a ogni parola di Grillo, scattavano sull' attenti. Oggi sono al governo, alleati di un partito rivale e diversissimo (la Lega) e con un premier indicato da loro.
Le parole di Grillo sono "opinioni personali", almeno quando non investono le regole interne. Davide Casaleggio, checché se ne dica, è molto più distante di Gianroberto.
[…] Perciò Di Maio&C. devono tenersi pronti a ogni evenienza: accelerando sui loro punti programmatici come fa Salvini sui suoi; e preparandosi a rompere se si rendessero conto che Salvini li usa per farsi qualche altro mese di campagna elettorale. Prima che sia troppo tardi. È vero, come dice Confucio, che non importa il colore del gatto, purché prenda i topi. Ma poi qualche topo bisogna acchiapparlo. Altrimenti è meglio cercarsi un altro gatto.
2 - NEI COMUNI I GRILLINI BRUCIANO VENTI PUNTI MA SARANNO AGO DELLA BILANCIA AI BALLOTTAGGI
Ugo Magri per “la Stampa”
I voti, ormai, si guadagnano e si perdono in un amen. Esempio: alle Politiche i grillini erano riusciti a sfondare il 50 per cento in tre dei 20 Comuni capoluogo dove domenica si è votato; ed erano andati ben oltre il 40 in altre cinque città.
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI
Per cui sarebbe stato lecito attendersi che eleggessero direttamente almeno un paio di sindaci. E invece non ne hanno portato a casa nessuno. Solo tre volte (ad Avellino, a Ragusa e a Terni) hanno raggiunto a malapena i ballottaggi. Quel che è peggio, le percentuali grilline sono crollate da una media lusinghiera del 32,7 nelle Politiche a un misero 12,1 per cento (elaborazione dell' Istituto Cattaneo). In certi casi l' emorragia è stata impressionante. A Brindisi i Cinque stelle hanno perso il 31 per cento.
A Trapani addirittura il 41. Va detto che le elezioni locali non sono mai state il loro forte.
Mancano da sempre di «riconoscibilità territoriale». Possono anzi dire di aver fatto meglio del 2013, quando la media nei Comuni capoluogo fu dell' 11,5. Ma chiaramente qualcosa non va.
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini
BOOM DEL CENTRODESTRA
Viceversa il centrodestra è lievitato sia rispetto alle Politiche (dal 33,4 al 38), sia nel confronto con le amministrative di cinque anni fa (stava al 22,7). Domenica ha eletto direttamente tre sindaci: a Catania (il berlusconiano Salvatore Pogliese), a Vicenza (Francesco Rucco, leghista) e a Treviso (Mario Conte, salviniano). Per un soffio ha mancato il bersaglio a Sondrio e a Terni. Parteciperà il 24 giugno al ballottaggio in altri 12 Comuni capoluogo, e decisivi saranno in molti casi gli elettori pentastellati per far pendere la bilancia a destra o a sinistra.
luigi di maio e matteo salvini
Non a caso Salvini ha già iniziato il corteggiamento. Dichiarazione di ieri (si faccia attenzione alle parole): con M5S «non ci sarà nessun apparentamento ufficiale», un modo per far intendere che a livello informale qualche forma di alleanza magari nascerà. Nello stesso tempo, tra i seguaci di Di Maio cresce il sospetto che la Lega stia diventando un po' troppo intraprendente, che Salvini si allarghi dove non dovrebbe, col risultato di rafforzarsi a spese degli alleati governativi.
Quel vecchio marpione di Mastella va ripetendo in giro che «Dracula Salvini succhia sangue ai Cinque stelle». Anche per questo motivo, l'astuto leader della Lega si è precipitato a chiarire che lui non prevarica affatto Di Maio, la Lega non esercita alcuna forza trainante, i grillini possono star sereni.
RESURREZIONE DEM
Tra gli sconfitti del 4 marzo, Forza Italia è scivolata ancora più in basso, ma è riuscita a mascherare lo smacco dietro il trionfo di Catania. Berlusconi non può dirlo in pubblico, ma gongola per il 35 per cento del suo vecchio amico Scajola a Imperia, che tiene a bada il più giovane e rampante governatore della Liguria, Toti. Anche al Pd poteva andare molto, ma molto peggio.
È riuscito a eleggere Emilio Del Bono a Brescia (dove non era facile). Ha mancato per un pelo la vittoria ad Ancona. Difende con onore le posizioni un po' dappertutto, sebbene a Pisa, a Siena e a Massa (le roccaforti toscane) non si sa come finirà nei ballottaggi. Martina, reggente Dem, parla di «risultati incoraggianti». E Renzi ne ha subito profittato per far pesare ai suoi: «Ecco la dimostrazione lampante di cosa potrebbe fare il Pd, se non passasse la settimana a litigare».