DITE A LETTA CHE NELLO SCONTRO TRA UE E ORBAN I DIRITTI CIVILI NON C’ENTRANO NULLA! - L’UNIONE EUROPEA NON HA APPROVATO IL PNRR UNGHERESE E POTREBBE METTERE A RISCHIO IL 65% DEI FINANZIAMENTI COMUNITARI PER QUESTIONI DIRETTAMENTE LEGATE ALLA GESTIONE DELL'EURO-MALLOPPO (LEGGE SUGLI APPALTI, L’ASSENZA DI UN’AUTORITÀ ANTICORRUZIONE, LA CONFORMAZIONE DEI TRUST UNGHERESI E LA STRUTTURA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI) E NON PER I DIRITTI LGBT – ORBAN SI È IMPEGNATO A MODIFICARE I PUNTI DOLENTI MA ALL’EU NON BASTA PERCHÈ…

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Franco Bechis www.veritaeaffari.it

 

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Nel braccio di ferro fra la Ue e l’Ungheria di Viktor Urban non c’entrano nulla i diritti civili. In nessuna delle lettere inviate dalla commissione all’Ungheria per la violazione dello stato di diritto si fa riferimento ai diritti LGBT, alla legge sull’aborto o alle restrizioni sui migranti come vuole fare credere gran parte della politica italiana, a partire dal segretario PD Enrico Letta. La contestazione è relativa solo al diritto amministrativo.

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Nel comunicato stampa del commissario Ue al bilancio e amministrazione interna, l’austriaco Johannes Hahn, di domenica 18 settembre, si spiegano le quattro contestazioni fatte all’Ungheria che non hanno consentito di approvare il Pnrr e che mettono a rischio anche il 65% dei tradizionali finanziamenti comunitari. Riguardano la legge sugli appalti, la conformazione dei trust ungheresi che hanno il rischio di conflitti di interesse, l’assenza di una autorità anticorruzione e il rafforzamento di uffici giudiziari che indagano su truffe con fondi Ue. Tutti temi direttamente legati a quei finanziamenti, non estranei.

 

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Dopo una serie di carteggi fra aprile e luglio, Orban si è impegnato con una lettera alla commissione a varare una sorta di Anac ungherese, ad affiancarla con una task force anticorruzione coinvolgendo Ong specializzate, a modificare il codice penale per rivedere le decisioni dei pm, a modificare la legge sugli appalti pubblici utilizzando anche strumenti di monitoraggio voluti dalla Ue, soprattutto Arachne.

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Lo stesso Hahn ha giudicato queste parole di Orban come “impegni importanti e pubblici nella giusta direzione”. Secondo la commissione “le misure correttive proposte potrebbero in linea di principio essere in grado di affrontare i problemi descritti nella notifica, se sono correttamente specificate nelle leggi e nelle norme pertinenti e attuate di conseguenza”.

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Ma gli impegni ad Ursula Von der Leyen non bastano: vuole vedere tutto realizzato prima di riaprire i cordoni della borsa. Non fece così però con la Polonia, a cui erano state inviate contestazioni praticamente identiche a quelle avanzate ad Orban. Ma in quel caso i soldi Ue sono stati sbloccati in un mese dopo il solo impegno verbale ad adottare modifiche normative.

 

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La differenza di trattamento fra Polonia e Ungheria è dovuta a una sola cosa: la chiara avversione della prima a Vladimir Putin e al suo regime, e le paure e timidezze della seconda sulla Russia dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

 

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I polacchi servivano per accogliere i profughi (cosa che hanno fatto con generosità), e lo stato di diritto è stato in un secondo archiviato. Orban invece ha bisogno del gas russo perché non ha altre fonti di energia, e non volendo lasciare al gelo gli ungheresi, ha esercitato il diritto di veto in sede comunitaria. E gliela stanno facendo pagare. Come e su cosa è del tutto secondario.

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