Elisa Calessi per Libero Quotidiano
La saga referendaria procede ormai su due livelli. Il primo, grazie al decisivo contributo di Beppe Grillo, è un trionfo di trivialità e reciproche accuse. Ieri a lanciare il sasso è stato un post apparso sul blog del Movimento: «Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda». Il premier gli ha risposto da Livorno: «Quando a noi dicono "siete serial killer", noi si risponde sul Cnel, le poltrone, il bicameralismo. Quando dicono "scrofa ferita", noi si dice del Cnel. Dobbiamo parlare sempre nel merito. Non fatevi fregare».
Ma la guerra è guerra. E così se Renzi sta al merito, Giuditta Pini, Pd, va all' attacco di Dibba (Alessandro Di Battista) portando le cifre di quanto si trattiene dello stipendio da parlamentare e che risulta essere molto più dei 3mila euro dichiarati (circa 10mila euro).
Intanto si scatena, su Twitter, una polemica attorno a una foto, postata dalla scrittrice Michela Murgia, che ritrae un uomo con piedi nudi e una saponetta con su scritto "Basta un sì". Scalfarotto chiede di ritirare l' immagine «profondamente e schifosamente omofoba». Nelle stesse ore il fronte del No annuncia di essere pronto a fare ricorso alla Corte costituzionale se il Sì dovesse farcela con il voto degli italiani all' estero, perché le modalità non garantirebbero la segretezza (tralasciando che si tratta di una legge dello Stato).
«Tentano di buttarla in rissa», ha risposto Renzi. Nel frattempo, lui si batte come un leone. Va nella rossa Piombino, nella tana grillina (Livorno), nella città di Enrico Letta (Pisa), poi a Modena, a Reggio Emilia. Combatte a suon di battute («De Mita dice che siamo stati frettolosi. Mi ricorda quel ministro di Mao Tse Tung che quando gli chiesero cosa pensava della Rivoluzione Francese, rispose: è troppo presto per dare un giudizio»), slide con i risultati del governo, imitazioni (fa il verso a Berlusconi, a Monti e a D' Alema). Si cala nei panni di un deputato della prossima legislatura dopo la vittoria dei no. Stile Cetto La Qualunque: «Signori, io sono per abolire il Senato, il Cnel, ma il popolo si è pronunciato...».
Poi c' è un secondo livello. Che riguarda il dopo-referendum. Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, rispondendo a Bloomberg, a proposito di cosa farà Renzi in caso di vittoria del no, ha spiegato che c' è una sola certezza: le elezioni anticipate entro l' estate 2017. «Se c' è la volontà politica possiamo lavorare per arrivare a una nuova legge elettorale in tempi brevi e andare a elezioni con una nuova legge elettorale presto, entro l' estate del 2017».
Parole che al Quirinale non devono avere apprezzato. Guerini si è poi corretto: si è trattata di una «forzatura». Intendeva dire che, se vince il no, ci sarà una fase di «instabilità». In realtà ha detto quello che, tra i renziani, tutti dicono: senza il Pd, non c' è una maggioranza alternativa. E siccome il premier non è disponibile a «governicchi», non resta che il voto anticipato.
«Io ho detto che se perdo, me ne vado. Che sia tra 2 settimane o 7 anni», ha detto ieri Renzi. Ma siccome bisogna approvare la legge di bilancio, rivedere la legge elettorale e gestire il G7 a Taormina, la prima scadenza utile è l' estate. Sintesi: chi vota no, prepara il Paese al voto.