Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Da più parti gli chiedono di assumere un'iniziativa politica e, prima ancora, di rompere il silenzio sulla strategia per rallentare la corsa del virus. E Mario Draghi, dopo giorni di riflessione, ha deciso di spiegare pubblicamente l'ultimo contrastato decreto con cui l'Italia indica all'Europa la via dell'obbligo vaccinale, sia pure dai 50 anni di età. Lunedì il presidente del Consiglio si presenterà davanti ai giornalisti e risponderà ai tanti interrogativi, tecnici e politici, sollevati dal provvedimento.
ROBERTO SPERANZA RENATO BRUNETTA
Sarà la prima conferenza stampa dell'anno e la prima dopo il 22 dicembre, quando il capo del governo ha alzato lo sguardo verso il Quirinale e si è definito un «nonno al servizio delle istituzioni». Da allora, la maggioranza di unità nazionale non è più la stessa. Il nervosismo nei partiti è andato crescendo e, in modo inversamente proporzionale, la voglia di governare insieme non ha fatto che calare. Fino a mercoledì, quando la Lega è arrivata a minacciare l'uscita dall'esecutivo. Comprensibile che Draghi sia preoccupato per le tensioni e forse anche deluso dall'atteggiamento di alcuni ministri.
dario franceschini foto di bacco
Visto il clima tutt' altro che festivo, il 5 gennaio il premier ha rinunciato a incontrare la stampa per illustrare il decreto, nonostante il (sofferto) via libera all'unanimità. La scelta di inviare davanti alle telecamere, nottetempo e in esterna, i ministri Bianchi, Brunetta e Speranza, è stata dettata dall'ora tarda e dal decreto ancora in fieri, ma è stata molto discussa, perché ha rafforzato l'immagine di una maggioranza in conclamata crisi di identità. Ieri, la decisione del cambio di passo. Alla paura di scandire in pubblico una parola di troppo, a Chigi è subentrata la convinzione che solo Draghi possa diradare le nebbia, sulla lotta al Covid e sulla vita del governo.
Il presidente parlerà nel giorno in cui entrano in vigore le nuove norme, il 10 gennaio. E difenderà il decreto, che per lui «non è un compromesso politico, è una mediazione intelligente per fermare l'assalto agli ospedali e proteggere gli italiani». Se la mediazione è stata parecchio sofferta, si sappia che non è stato solo per i veti della Lega e del Movimento. Draghi è rimasto «molto sorpreso», per non dire irritato, dalla nota diffusa dal Pd prima di entrare in cabina di regia.
Perché pressare il governo sull'obbligo vaccinale generalizzato, sapendo bene che la Lega sarebbe salita sulle barricate? «L'argomento non è sul tavolo», ha reagito con disappunto Draghi stoppando Franceschini e compagni. Se a volte l'ex presidente della Bce avrebbe solo voglia di rifugiarsi nel «buen retiro» di Città della Pieve, è per questo genere di veti e di trattative, che sempre più spesso si spiegano solo alla luce delle manovre per il Quirinale.
sergio mattarella mario draghi
Restare a Palazzo Chigi «a ogni condizione», come sembrano aspettarsi alcuni leader e molti parlamentari, è per lui una richiesta inaccettabile. «Io posso reggere solo una maggioranza larghissima», è la consapevolezza che Draghi va confidando in questi giorni ai suoi interlocutori. Non resterà ad ogni costo, non potrà restare se la maggioranza dovesse spaccarsi e restringersi sul voto del Quirinale. Se resta è per guidare una maggioranza «larga e solida». Se resta è «per governare, risolvere i problemi e uscirne a testa alta». Se invece le forze politiche pensano solo alla strettoia del Colle e poi alle future elezioni, amministrative e politiche, è chiaro, ragiona Draghi con i suoi, che «la maggioranza non è più salda».
sergio mattarella e mario draghi
Qualcuno nell'entourage del premier va oltre e rivela il sospetto che i partiti abbiano «una gran fretta di liberarsi di questo signore». Il dilemma delle segreterie politiche non è solo l'identikit del successore di Mattarella, ma il nome di colui, o colei, che dovrà sostituire Draghi nel caso fosse eletto capo dello Stato.
«Il premier sbaglia se pensa di poter scegliere il suo successore», è l'avviso che arriva da Forza Italia. Un esponente berlusconiano del governo la mette così: «A noi Franco e Cartabia non stanno bene, né potremo mai sostenere un governo Di Maio o Franceschini. Se Salvini si sfila, se ne va anche Berlusconi...». È anche da questo genere di altolà che Draghi, a volte, avrebbe voglia di fuggire.