Antonella Mascali per “il Fatto quotidiano”
Roberto Rossi non è più procuratore di Arezzo. La mancata comunicazione al Csm della sua consulenza a Palazzo Chigi anche con il governo Renzi, mentre indagava su banca Etruria, dove nel Cda sedeva Pier Luigi Boschi, padre dell' ex ministra Maria Elena (che a fine 2015 gli era valsa l' apertura di una pratica per incompatiblità ambientale poi archiviata) e le sue omissioni all' organo di autogoverno dei magistrati, hanno portato il nuovo Consiglio a negargli il rinnovo della carica di capo della Procura di Arezzo.
MARCO DONATI ROBERTO ROSSI MARIA ELENA BOSCHI AREZZO
"Ha compromesso almeno sotto il profilo dell' immagine" il necessario requisito "dell' indipendenza da impropri condizionamenti", si legge nella relazione firmata da Piercamillo Davigo votata ieri in plenum da una larghissima maggioranza: 16 tra togati e laici. Solo quattro i contrari: i tre consiglieri di Unicost capitanati da Marco Mancinetti, relatore di minoranza e il laico di Forza Italia Michele Cerabona. Astenuto il vicepresidente David Ermini.
Rossi, "fortemente deluso" ha annunciato un ricorso al Tar, i pm aretini gli hanno manifestato solidarietà e stima. In un comunicato l' ex procuratore ha definito la decisione "ingiusta, illogica e contraddittoria con la stessa decisione del precedente Csm, che si era espresso per la totale archiviazione di ogni addebito". Mischia l' archiviazione della pratica di trasferimento per incompatibilità ambientale con il voto di ieri che riguardava, invece, il rinnovo o meno dell' incarico di procuratore dopo i quattro anni canonici (in questo caso cinque, per i vari rimpalli tra Commissione e Plenum).
Quel vecchio procedimento, tra l' altro, finì in plenum con un' archiviazione ma anche con un clamoroso ritiro della firma dei relatori Piergiorgio Morosini e Renato Balduzzi, che avevano proposto di inviare il fascicolo alla Commissione che fa, appunto, le valutazioni professionali. Quella richiesta fu cancellata su proposta, vincente, di Luca Palamara appoggiato da Giovanni Canzio, allora presidente della Cassazione.
Il pm se la prende pure con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che aveva negato il concerto rispetto alla proposta che c' era stata di rinnovo dell' incarico: "Che un ministro si esprima circa l' indipendenza e l' imparzialità dei magistrati ritengo sia un fatto che presenti profili di approfondimento di costituzionalità".
roberto rossi marco donati del pd
Ieri, il plenum l' ha bocciato perché, in sostanza, con quell' incarico al Dipartimento affari giudiziari della Presidenza del Consiglio e "in particolare dopo la trasmissione alla procura di Arezzo della relazione ispettiva della Banca d' Italia del 27 febbraio 2015", non è apparso un magistrato imparziale. Inoltre, Rossi, non avendo comunicato al Csm il prosieguo della consulenza per Palazzo Chigi, ha tenuto una condotta "non trasparente In definitiva - prosegue la relazione - la condotta non è stata completamente rispettosa dei principi di imparzialità dei pubblici ufficiali e di indipendenza della magistratura".
Rossi ha pure omesso al Consiglio di aver indagato, più volte, in passato, su Boschi padre "seppure con richiesta di archiviazione il livello di informazione al Consiglio è deficitario", scrive Davigo. Si evidenzia, inoltre, che il magistrato si è autoassegnato l' inchiesta su banca Etruria e solo in seguito l' ha co-assegnata ad altri pm.
Rispetto alla consulenza con il governo, non ha neppure fatto "valutazioni di opportunità che devono conformare la condotta di ogni magistrato", soprattutto il capo di un ufficio. Inoltre, "il riscontro di una pluralità di circostanze non trasparenti mina la credibilità e il prestigio di cui un procuratore deve assolutamente godere, compromettendo in modo decisivo la capacità di continuare a ricoprire il ruolo di dirigente della procura di Arezzo". Cerabona - unico laico pro Rossi - ha decantato le sue doti di grande organizzatore di un ufficio giudiziario e ha aggiunto che il Consiglio, bocciandolo, stava per creare "un pericoloso precedente". Al contrario, ha ribattuto Stefano Cavanna, laico della Lega: creiamo "un precedente virtuoso". Concetto ribadito e articolato dai togati di Area, Giuseppe Cascini e Mario Suriano.