Marco Grasso per La Stampa
Ad alluvione in corso, la macchina dei soccorsi era senza il suo membro più importante, impegnato a prestarsi alle telecamere piuttosto che a coordinare i soccorsi: «Il sindaco Marta Vincenzi, pur essendo il capo della Protezione Civile, aveva ritenuto prioritario chiudere i lavori del convegno Eurocities, pronunciando (anziché delegare un sostituto), una prolusione di pochi minuti, e prestandosi a comparire in fotografie promozionali con lo sponsor della manifestazione, piuttosto che dirigere in prima persona le attività di protezione civile in allerta 2, come era suo dovere fare e come previsto dalla legge».
Marta Vincenzi sindaco di Genova
È un giudizio durissimo quello contenuto nelle motivazioni della sentenza con cui il giudice Adriana Petri ha condannato l’ex primo cittadino di Genova a 5 anni per disastro e omicidio colposo plurimo (l’onda killer del Fereggiano, il 4 novembre del 2011, uccise 6 persone): «Avendo sottovalutato la gravità dell’evento calamitoso atteso, hanno errato nel calibrare le misure di prevenzione - nel senso che, proprio come da contestazione, le hanno omesse -e si sono fatti trovare impreparati all’emergenza».
Il fallimento della macchina dei soccorsi viene completato con un quadro desolante dell’amministrazione guidata da Vincenzi: «Tutti, quella mattina, avevano fretta di allontanarsi dal comitato di Protezione civile - prosegue Petri - L’ assessore alla Protezione civile Francesco Scidone (condannato a 4 anni e 9 mesi) sceglieva di presenziare a una giunta di poca importanza, ma poi era costretto a lasciarla precipitosamente, attraversando il centro cittadino già allagato. Il collega Pasquale Ottonello riteneva preferibile presenziare a una cerimonia di inaugurazione di fioriere. Seguendo l’esempio degli assessori, Gianfranco Delponte (dirigente comunale dell’Area Sicurezza, condannato a 4 anni e 5 mesi), dopo avere udito, per così dire, la relazione meteo (della quale, in realtà, non sapeva riferire alcun dettaglio), e ritenendo che “non stesse succedendo alcunché”, si ritirava nel suo ufficio e ne usciva solo perché chiamato, arrivando al Coc senza gli occhiali (!), ciò che lo autorizzava ad affermare, nel corso del suo esame, di non avere colto, per questa sua impossibilità personale, la gravità delle precipitazioni che venivano costantemente riportate sul videowall».
ALLUVIONE GENOVA VIA FEREGGIANO
Furono «condizioni di opportunità» - la paura di fare brutta figura come alcuni mesi prima, quando fu dichiarata l’Allerta per una nevicata che poi non arrivò - e non di prevenzione, a guidare la scelta di non chiudere le scuole, senza la quale «almeno 5 vittime su 6 sarebbero vive»: «Vincenzi interpretò i segnali di pericolo in arrivo solo a beneficio della sua giunta, mettendo in secondo piano la sicurezza dei cittadini».
ALLUVIONE GENOVA FOTO CORRIERE
A completare il quadro accusatorio, si aggiunge anche l’atteggiamento processuale: «Di fronte alle vittime, sempre composte nel loro dolore, gli imputati Marta Vincenzi, Francesco Scidone e Gianfranco Delponte non hanno mostrato alcuna “compassione” per le sofferenze provocate ai parenti delle vittime a causa dei comportamenti gravemente imprudenti e negligenti seguiti alle scelte da loro compiute, nell’esercizio delle loro funzioni ed incarichi di garanti della protezione civile comunale. In alcuni momenti del loro esame, anzi, sono emersi atteggiamenti protervi e scevri da empatia».