Carmelo Lopapa per ‘La Repubblica’
Scatta il via libera alla fiducia sulle banche venete, sui vaccini, sul decreto Sud. Ma nel Consiglio dei ministri di ieri non è stata nemmeno esaminata la blindatura della legge sullo Ius soli, pur sommersa nel rush finale da decine di migliaia di emendamenti al Senato. Non era all' ordine del giorno, spiegano da Palazzo Chigi. L' impressione che invece al quartier generale del Pd hanno maturato è che il premier Paolo Gentiloni sul terreno minato del diritto di cittadinanza agli immigrati stia prendendo tempo.
Che non sia più così convinto che con i numeri della maggioranza a Palazzo Madama la fiducia passi agevolmente. Silvio Berlusconi sta sfilando via via uno dopo l' altro i senatori verdiniani di Ala e di Ap, tutti ex ai quali vengono riaperte le porte di Forza Italia. Lo stesso Angelino Alfano - sondaggi alla mano sulla riforma - non è per nulla intenzionato ad andare fino in fondo sullo Ius soli, come invece ha fatto in tante altre battaglie in nome della maggioranza. Le sirene del centrodestra risuonano forte per tutta la sua area.
Insomma, il rischio dell' incidente e della conseguente caduta, per il governo, sarebbe altissimo. Ma è proprio sulla sottile linea dell' attendismo e del rinvio che le divergenze di vedute tra il premier e il segretario del Pd si fanno di ora in ora sempre più ampie e palesi. «Io a Paolo l' ho ripetuto: noi la legge la vogliamo, su questo punto non demordo», ha spiegato ai suoi fino a ieri sera Matteo Renzi, piuttosto determinato. Detto questo, al capo del governo avrebbe anche detto che sarebbe comprensivo qualora prevalessero le perplessità e i timori.
Tuttavia, in quel caso, ha aggiunto l' ex premier, «se Paolo non se la sentisse di affrontare la fiducia lo dovrà dire lui, dovrà assumersene la responsabilità: non potrà ricadere sul Partito democratico».
Troppo spesso, nell' ottica renziana, è stato proprio il Pd a pagare il prezzo politico di scelte non fatte o, peggio, sbagliate. Sullo Ius soli non dovrà accadere, ecco. Non è un caso se a fine giornata il vicesegretario Maurizio Martina, ministro del governo Gentiloni, ha ribadito il concetto: «Per il Pd è una legge di civiltà, fondamentale, se serve si dovrà approvare anche con la fiducia». Il messaggio all' indirizzo del premier è chiaro. Con altrettanta determinazione si esprime da giorni il ministro Graziano Delrio. Un pressing al quale Gentiloni vuole sottrarsi, ribadendo ai suoi interlocutori come l' impegno del presidente del Consiglio sul provvedimento sia «immutato».
Ma il nodo resta la fiducia, che al momento non viene posta. Il testo in teoria questa settimana avrebbe dovuto tagliare il traguardo al Senato ed è pressoché scontato che, senza la blindatura, tutto scivoli a dopo l' estate. A quel punto il binario morto sarebbe in agguato, col conseguente successo rivendicato da Grillo, Salvini e Meloni (e in fondo anche Berlusconi).
Il premier Gentiloni fa i conti coi numeri di cui dispone, piuttosto esigui a Palazzo Madama, dove la maggioranza poggia anche sui voti dei centristi di Alfano. E su quelli non vi è più alcuna certezza. Ancora ieri, intervistato dal Messaggero, il ministro per la Famiglia Enrico Costa ha proposto un rinvio del delicato dossier, sostenendo come non si possa procedere a colpi di maggioranza, tanto meno con la fiducia.
Anche perché - e di questo è convinto anche il suo leader e ministro degli Esteri Alfano - il tema della cittadinanza finisce con l' intersecarsi con l' emergenza immigrazione, particolarmente avvertita dagli elettori. E lo dimostrerebbero quasi tutti gli ultimi sondaggi.
Oggi pomeriggio il Senato riaprirà i battenti sul decreto vaccini, poi si passerà al transito del Comune di Sappada dal Veneto al Friuli e tanto basterà per far slittare anche questa settimana la legge sulla cittadinanza.