Alberto Gentili per www.ilmessaggero.it
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A meno di due settimane dai ballottaggi e su un tema che è nel Dna della Lega come il «no alle tasse», né Giancarlo Giorgetti, né i governatori Attilio Fontana (Lombardia), Luca Zaia (Veneto) e Massimiliano Fedriga (Friuli) questa volta scendono in campo per silenziare e sedare l’offensiva di Matteo Salvini contro Mario Draghi e la sua riforma del catasto.
A differenza di metà settembre, quando l’ala governista collegata ai ceti produttivi del Nord mise in minoranza il leader leghista sull’estensione del Green pass al mondo del lavoro, adesso Giorgetti sceglie il silenzio: «Lavoriamo, lavoriamo», si limita a dire ai giornalisti. E non parla, come allora, di «scelte da fare nel nome della responsabilità» che discende dallo stare al governo. Fa semplicemente sapere che lui, in questa fase, «non pensa». E si occupa di «cose concrete» come le crisi industriali.
Il segno che a Giorgetti non piace l’attacco di Salvini, che ha prima ritirato la delegazione leghista dal Consiglio dei ministri chiamato ad approvare la delega fiscale e poi ha perfino dato del bugiardo a Mario Draghi, reo di aver detto che i rappresentanti del Carroccio erano stati «informati per tempo».
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Ma nonostante il gelo e il disappunto, il leader dell’ala governista del Carroccio - attento alle istanze degli imprenditori e in perfetta sintonia con il premier tanto da essere accusato di lavorare al “partito di Draghi” - non ha intenzione di strappare. Non ora, almeno. Non a pochi giorni dai ballottaggi a Torino, Roma, Trieste e in altre città che in queste ore stanno mandando Salvini fuori giri dopo la disperata rincorsa (andata a vuoto) su Giorgia Meloni.
E tantomeno, si diceva, Giorgetti vuole andare allo scontro con il suo capo su una bandiera identitaria per il Carroccio come il “no” all’aumento della pressione fiscale. Tant’è, che chi ha parlato con il ministro dello Sviluppo nelle ultime ore fa sapere: «Giancarlo farà esattamente quello che chiede Salvini. Mai ha detto o dirà una parola contro Matteo, lui non si presta al gioco delle due leghe...».
La mossa dei governatori
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I governatori invece, questa volta, vanno ben oltre il gelido silenzio di Giorgetti. Zaia, Fedriga e Fontana, assieme a Christian Solinas (Sardegna) e Donatella Tesei (Umbria), dopo il nuovo attacco di Salvini alla delega fiscale con tanto di minaccia di non votarla in Parlamento se non verrà modificata, nel pomeriggio dettano una dichiarazione congiunta schierandosi a fianco del segretario. Per chiedere un «approfondimento» sulla delega e «garanzie», affinché «né questo né i prossimi governi utilizzino la riforma del catasto per innalzare surrettiziamente le tassazioni sulla casa».
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Segue spiegazione della virata: «Quando il governo si è fatto promotore di azioni orientate allo sviluppo e alla crescita del tessuto economico e sociale, non abbiamo mai fatto mancare il nostro appoggio. L’appello che rivolgiamo oggi» a Draghi «è invece di abbandonare iniziative che, anche solo in prospettiva, possano portare a un vertiginoso aumento della tassazione sugli immobili». Insomma una linea tale e quale, in questa circostanza, a quella di Salvini. Perché, come spiega un esponente leghista, «chi osa alzare le tasse per noi è morto».
La gabbia per Matteo
Ciò detto, mentre Salvini prova a ricucire con Draghi grazie a diversi contatti avuti nella giornata di ieri e già si parla di «incontro chiarificatore a breve», Giorgetti e i presidenti regionali alzano un argine in difesa del governo chiamato a mettere a terra il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) da oltre 200 miliardi. Non a caso, tra una bordata e l’altra contro la delega fiscale, Salvini anche ieri si è premurato di dichiarare: «Il sostegno al governo non è in discussione e la Lega ci sta dentro. Se vogliono escano Letta e Conte. Io resto».
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E ci resta anche perché, come spiega all’Huffington Gian Marco Centinaio, il pragmatico sottosegretario all’Agricoltura vicino a Giorgetti, Salvini è di fatto in gabbia: «Non credo che Matteo voglia uscire dal governo a febbraio, penso che rispetterà gli accordi presi con Draghi e con Mattarella che prevedono il rilancio economico del Paese anche dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, fino a scadenza naturale della legislatura. E se anche coltivasse assieme alla Meloni la tentazione di andare alle elezioni anticipate, con il taglio del numero dei parlamentari», i peones «piuttosto voterebbero premier pure mia nonna pur di tenersi la poltrona».
Insomma, Salvini può anche attaccare Draghi sulle tasse e tornare all’assalto per la riapertura delle discoteche, ma ha un margine di azione limitato. E dopo i ballottaggi, in occasione dei congressi cittadini, non è affatto da escludere che parta l’assalto alla segreteria. Fedriga, nonostante le smentite, è indicato da tempo come “papabile”.
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