Carlo Tarallo per “La Verità”
Non c'è due senza tre: Giuseppe Conte inizia a demolire il muro del terzo mandato, pilastro sul quale il M5s di una volta, quello guidato da Beppe Grillo, ha fondato la sua stessa esistenza in politica: «I parlamentari del Movimento», dice Giuseppi a SkyTg24, «hanno iniziato il loro impegno sottoscrivendo il codice etico, ma chiaramente in una fase di prospettiva e rilancio del movimento, si sta discutendo se sia il caso di apportare una modifica alla regola dei due mandati.
Dopo le amministrative, su questo punto, sarà consultata la base. La questione sarà posta al di là di big storici o del singolo leader di turno». Consultare la base: la solita sceneggiata, il paravento dietro il quale i leader del M5s hanno via via tentato (invano) di nascondere tutte le clamorose retromarce rispetto ai principi fondativi dei grillini, dal «no alle alleanze» in poi, sacrificati uno dopo l'altro sull'altare di Santa Poltrona.
Del resto, Conte sa benissimo che l'anno di campagna elettorale in vista delle politiche del 2013 vedrà un M5s ancora più allo sbando di adesso, con deputati e senatori al secondo mandato (67 su 230) che non avendo più la possibilità di tornare in parlamento sarebbero totalmente incontrollabili.
Non solo: tra questi deputati e senatori non ricandidabili con le regole attuali del M5s ci sono, tra gli altri, big pentastellati come il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il presidente della Camera Roberto Fico, Federico D'Incà, Carlo Sibilia, Alfonso Bonafede, Danilo Toninelli Riccardo Fraccaro, Vito Crimi, Manlio Di Stefano, Paola Taverna.
Non è dato sapere cosa pensi delle parole di Conte il fondatore, Beppe Grillo, strenuamente contrario all'abolizione del tetto dei due mandati. A proposito di votazioni on line: Conte, ricordiamolo, risulta sospeso come leader del M5s dal Tribunale di Napoli, che il 3 febbraio scorso ha accolto per la sussistenza «gravi vizi nel processo decisionale» il ricorso di tre attivisti contro le due delibere votate online rispettivamente il 3 e il 6 agosto 2021, che portarono alla modifica dello statuto e alla sua elezione a leader dei pentastellati.
Il Tribunale di Napoli ha anche rigettato, l'8 marzo scorso, l'istanza avanzata dal M5s per la revoca dell'ordinanza di sospensione dello statuto e della nomina a presidente di Conte, emessa il 3 febbraio scorso dallo stesso Tribunale. Nonostante ciò, Conte, come annunciato già da giorni, ha intenzione di far ripetere le votazioni contestate: «La prossima settimana ci sarà la votazione sulla leadership», sottolinea Giuseppi, che commenta anche l'ordine del giorno al decreto Ucraina, varato il 17 marzo, che impegna il governo Draghi a incrementare le spese militari fino al 2% del Pil (oggi siamo all'1,4%) con un aumento di oltre 10 miliardi l’anno.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Un odg votato anche dal M5s, ma sul quale ora Giuseppi fa dietrofront: «Draghi», dice Conte, «ha chiarito in modo trasparente e chiaro che non siamo nelle condizioni per un incremento della spesa militare».
Parole che stridono con i fatti: negli anni in cui è stato premier, Conte ha sistematicamente aumentato le spese militari dell'Italia: +7,28% nel 2020 rispetto al 2019 e +6,04% nel 2021 rispetto al 2020.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Da 21 miliardi e 42 milioni di euro siamo passati, con i governi da lui guidati, a 24 miliardi e 427 milioni. Una giravolta, quella di Conte, che alcuni addetti ai lavori spiegano con la necessità di non far dispiacere Marco Travaglio, contrario all'aumento delle spese militari e unico «contiano» rimasto ancora fedele al leader sospeso del M5s.