- “Autostrade, non chiedo la revoca” (Conte al Messaggero)
- “Autostrade, a gennaio si decide sulla revoca” (De Micheli al Corriere)
- “Autostrade, via le concessioni” (Di Maio alla Stampa)
Aspi avrà colpe, ma è una quotata con migliaia di dipendenti. Si può andare avanti così?
— Simone Spetia (@simonespetia) December 24, 2019
1. DI MAIO
Francesco Bei per la Stampa
Dal Libano, dove ieri mattina è andato a portare il sostegno del paese ai militari italiani della missione Unifil, Luigi Di Maio ribadisce che sulla Libia il governo è pronto a un salto di qualità. Mentre su Tripoli cadono le bombe del generale Haftar, il ministro annuncia ufficialmente di lavorare a «una missione europea» per «avviare un dialogo» tra libici. Con l' obiettivo di far tacere le armi e rimettere tutti intorno a un tavolo. Una proposta italiana che, per Di Maio, «ha raccolto entusiasmo» nelle capitali europee.
Ma la politica italiana gira ancora sulla possibile revoca della concessione ad Atlantia. Lo scontro con le ministre renziane Bellanova e Bonetti è stato sulla norma che prevede di affidare ad Anas le concessioni in caso di revoca. Come finirà questa partita?
«E come può finire? Abbiamo 43 vittime, delle famiglie che ancora piangono, indagini e perizie che ci dicono che Autostrade non ha provveduto adeguatamente alla manutenzione del ponte Morandi nonostante fosse a conoscenza dei rischi. È gravissimo, non c' è altra soluzione alla revoca della concessione, mi sembra evidente».
Il Pd su questa battaglia è con voi?
«Su questo il governo è compatto e se qualcuno la pensa diversamente aspetto di ascoltare le loro motivazioni, sono curioso. Qui il punto è che non bisogna aver paura di combattere un colosso, lo Stato va protetto e la regola chi sbaglia paga deve valere per tutti».
Renzi vi attacca anche sul caso Moby-Onorato, parlando di due pesi e due misure.Quell' accordo di partnership da 600 mila euro alla Casaleggio e i 240 mila per il sito di Beppe Grillo, a parti inverse, avrebbero fatto sollevare il M5S?
«Guardi qui noi vogliamo lavorare, siamo al governo per questo non per fare polemica o saziare la fame di visibilità di qualcuno».
Oggi (ieri, ndr) la legge di bilancio è stata approvata a Montecitorio. Già si parla di un piano di riduzione dell' Irpef per il prossimo anno ritoccando però le aliquote dell' Iva. È la vecchia idea del Mef, da Tria a Gualtieri Si farà così? «Io posso dirle che qualsiasi passo sarà compiuto dovrà seguire la direzione di un ulteriore abbassamento delle tasse soprattutto in favore delle piccole e medie imprese. La riduzione dell' Irpef è una cosa che chiediamo da tempo, ma senza inganni. Le tasse vanno abbassate, bisogna rimettere in moto i consumi e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro».
Alla Farnesina lei si trova alle prese con un problema gigantesco: Erdogan è pronto ad aumentare il suo impegno militare a favore di Tripoli, Sarraj dice che l' Italia e l' Ue parlano di dialogo ma intanto Haftar bombarda. Insomma, quali alternative state offrendo ai libici se non consegnarsi nelle mani di Erdogan?
«L' Italia è sempre stata al fianco della Libia e per l' Italia la soluzione alla crisi libica può essere solo politica e non militare. È ciò che ho spiegato sia a Sarraj che ad Haftar nel corso della mia recente visita e in questa cornice ritengo fondamentale la prossima conferenza di Berlino. Sono il dialogo e la via diplomatica a dover prevalere e nessuno può dire quale sarà il futuro della Libia se non il popolo libico stesso».
Insisto: la Turchia difende militarmente Sarraj. E noi europei cosa facciamo a parte parlare?
roberto gualtieri giuseppe conte luigi di maio
«L' Ue deve mostrarsi compatta, per questo sto lavorando anche alla promozione di una missione europea in Libia per ribadire l' importanza di avviare un dialogo inclusivo e intralibico per la stabilizzazione dell' area. Ho già sentito i miei omologhi europei, la proposta italiana ha raccolto entusiasmo e siamo fiduciosi».
In tutto questo l' Italia che fa?
«Sono dell' idea che l' Italia debba riprendersi il suo ruolo naturale di Paese di riferimento nel Mediterraneo e lo debba fare dialogando con tutti, inclusi russi, turchi ed egiziani. È quello che sto facendo.
Serve realismo. È l' Italia ad avere la Libia a poche centinaia di chilometri e qui si tratta di difendere anche i nostri interessi e la nostra sicurezza, visto che la minaccia terroristica è alta».
Conte ha parlato con Erdogan, lei con il suo omologo Cavusoglu. Quale ruolo vede per la Turchia in Libia?
«La Turchia è un membro Nato e un partner chiave, tra alleati ci si parla con franchezza come abbiamo fatto anche per la Siria. Il mio appello è all' unità e questo è il momento di essere uniti, bisogna evitare ogni tipo di fuga in avanti che possa complicare la situazione sul terreno. Dobbiamo lavorare tutti insieme per il bene della Libia, non per la sua disgregazione. Ho sentito poco fa Pompeo per affrontare anche questo tema».
Cosa vi siete detti con il segretario di Stato Usa? È riuscito a convincerlo a impegnarsi di più in Libia?
«Ci siamo parlati mentre rientravo dal Libano e abbiamo condiviso varie preoccupazioni. È stata una telefonata importante nell' ambito dei contatti che stiamo portando avanti sul piano diplomatico e politico».
roberto speranza nicola zingaretti vincenzo bianconi luigi di maio giuseppe conte
E lei invece quando nominerà l' inviato speciale per la Libia? Sarà un profilo più politico o più diplomatico?
«Sarà una figura di alto profilo, a metà tra la diplomazia e la politica, con una vocazione al pragmatismo e alla concretezza. Comunicheremo il nome a tempo debito, anche nel rispetto dei lavori della conferenza di Berlino».
Un' altra questione strategica è quella della passaggio al 5G. Quello che si è capito finora è che il Copasir chiede al governo di escludere i cinesi, gli alleati americani lo stesso, mentre voi Cinque stelle sembrate curarvi poco dei rischi connessi alla sicurezza digitale.
«Non è assolutamente vero quel che dice. La sicurezza delle nostre infrastrutture strategiche per noi è prioritaria ed ogni passo è compiuto con grande responsabilità».
Il ministro Guerini dice che le indicazioni del Copasir vanno valutate con attenzione. Condivide questa preoccupazione?
«Le assicuro che su questo tema il governo è compatto».
2. CONTE
Marco Conti per il Messaggero
Presidente Conte, Atlantia perde in borsa quasi il 5% anche se il provvedimento che pensate di adottare è erga omnes. Non sarebbe stato meglio evitare di mettere in pericolo tutto il sistema magari concentrandosi su una revisione, seppur severa, della concessione e trattare con Autostrade?
«Non credo affatto che le norme introdotte nel decreto milleproroghe creino problemi al sistema anche perché non abbiamo disposto la revoca o la decadenza di nessuna concessione. Introduciamo un regime più uniforme e trasparente. Ricordo che c'è una relazione della Corte dei Conti molto critica sul sistema delle concessioni, che segnala squilibri che creano incertezza giuridica e che comunque avvantaggiano i privati e danneggiano lo Stato. C'era l'esigenza di intervenire per disciplinare, in caso di decadenza o revoca, procedimenti più trasparenti, che richiamino direttamente il diritto comune dei contratti pubblici».
Però è un cambiamento di norme in corso d'opera che Atlantia interpreta come una minaccia. Ora ha messo per iscritto una richiesta da 23 miliardi di risarcimenti.
«Abbiamo previsto che, in caso di revoca o decadenza, la gestione possa essere affidata ad Anas e stiamo semplificando il regime degli indennizzi, applicando la disciplina uniforme degli appalti. Nessun allarme per il settore delle concessioni: chi ha fatto investimenti, anche in caso di inadempimento, potrà recuperare le somme per i costi realmente sostenuti e non ammortizzati. Non si potranno più applicare, tuttavia, norme di favore come quelle invocate da Atlantia, che anche in caso di grave inadempimento pretenderebbe un indennizzo di decine di miliardi. Non lo permetterò».
il ponte morandi nel video girato da un drone 5
Nella maggioranza però non c'è ancora l'accordo e si temono ricorsi. Le norme aprono un contenzioso ancor prima di essere approvate e all'erario si rischia di accollare una cifra astronomica
«Dire che le nuove norme sono in grado di scongiurare ricorsi giudiziari è impossibile visto che ormai da diversi anni i concessionari impugnano di tutto. Detto questo penso che stiamo introducendo una soluzione legislativa che non è assolutamente punitiva né penalizzante per i concessionari. La norma cerca di rimettere ordine in un contesto molto articolato, dove si sono create tante sperequazioni e tanti indebiti vantaggi per i privati».
La legge di Bilancio oggi viene approvata dopo un lungo travaglio. Con il senno di poi non era meglio far scattare qualche aliquota iva, visto che nel 2020 il governo dovrà di nuovo affrontare il problema delle clausole di salvaguardia?
«Nel dibattito che c'è stato nella maggioranza ne abbiamo discusso. L'obiettivo primario era sterilizzare le clausole, ma è stato valutata anche la possibilità di intervenire in modo selettivo non solo aumentando ma anche abbassando talune aliquote Iva. Abbiamo valutato vari scenari senza innamorarci di nessuna soluzione e alla fine abbiamo deciso di non toccare le aliquote. Mi lasci dire che sono soddisfatto di questa manovra, è seria e responsabile a lavoratori e famiglie. E il prossimo anno faremo ancora meglio».
Lei ha anche parlato di riforma dell'Irpef, ha già un'idea della quantità di risorse da mettere a disposizione e della platea?
il ponte morandi nel video girato da un drone 9
«Ne parlerò con i partiti di maggioranza. Non immagino di portare a gennaio una riforma bella e pronta. Ci metteremo a lavorare su questo e altri argomenti e decideremo insieme. Dovremo in ogni caso mettere prima a fuoco le priorità politiche e per me questa lo è. L'obiettivo è tagliare ancora di più le tasse ai cittadini».
Nella verifica di gennaio cosa chiederà ai leader di maggioranza?
«Non voglio che si chiami verifica, preferisco confronto tra le forze politiche per condividere gli obiettivi prioritari dell'agenda di governo».
Ha già un'idea?
«Ho varie idee, ma le riforme strutturali sono le più importanti: la già menzionata riforma dell'Irpef e del sistema fiscale. La riforma della giustizia tributaria e lo snellimento della burocrazia per rendere più spediti tutti i procedimenti amministrativi».
Parliamo di Ilva. Lei oggi sarà a Taranto, che cosa dirà agli operai?
«Abbiamo raggiunto un accordo sulla base di alcuni principi e obiettivi, che ci ha consentito di rinviare le udienze prefissate e di ottenere circa un mese di tempo per mettere a punto un efficace piano industriale».
Piano industriale, quindi ingresso di capitale pubblico e scudo penale?
giuseppe conte luigi di maio dario franceschini
«Sì, prevediamo anche l'ingresso di capitale pubblico, cosa che non è un segnale di debolezza né esprime la volontà di nazionalizzare. La verità è che il coinvolgimento dello Stato garantisce tutti. Dello scudo penale non abbiamo mai parlato. Ora siamo concentrati sul piano industriale. La nostra priorità è mantenere i livelli occupazionali, assicurare la transizione verso tecnologie pulite e rinforzare il piano di risanamento ambientale».
Lei ogni volta che incontra interlocutori americani, da Donald Trump a Mike Pompeo, le chiedono del 5G. Qualche giorno fa il Copasir ha lanciato un allarme e la Merkel ha congelato l'accordo Huawei-Deutesche Telekom. Noi?
«Noi ci siamo avvantaggiati rispetto agli altri partner europei dotandoci di strumenti normativi e di una disciplina assolutamente efficace. Quindi in qualunque momento possiamo esercitare il nostro potere per tutelare la sicurezza nazionale e negare autorizzazioni a operazioni societarie e installazioni di tecnologie che mettano in pericolo la sicurezza del Paese».
Prima o poi una decisione dovete prenderla?
«Terreno conto delle valutazioni del Copasir, ma non possiamo escludere aprioristicamente singoli operatori. Quando ci verrà sottoposta un'operazione che riterremo pericolosa, non la permetteremo».
Pensate di intervenire anche su Bankitalia? Ieri, sul Corriere, il governatore Visco ha difeso l'operato di via Nazionale, ma Di Maio continua a premere per una riforma
«Nel consiglio dei ministri io stesso ho letto la dettagliata relazione che mi ha fatto pervenire Bankitalia sulle varie attività ispettive svolte dal 2010 a oggi. In Parlamento ci sono già diverse proposte di riforma ed è stata anche istituita la Commissione sulle banche. C'è un dibattito in corso tra le forze parlamentari e confido che questo possa servire a potenziare i poteri di controllo e vigilanza sul sistema bancario».
A gennaio, oltre al confronto con le forze di maggioranza, è possibile che arrivino un paio di referendum. Quello sul taglio dei parlamentari e, se ammesso dalla Consulta, il referendum Calderoli che dovrebbe sbarrare la strada ad un ritorno al proporzionale. Due pericoli per il governo?
giuseppe conte stringe la mano a luigi di maio 1
«Non vedo nelle forze di maggioranza la volontà di sottrarsi all'impegno preso in Parlamento, e di fronte ai cittadini, di portare avanti un programma di governo che non è stato confezionato solo per evitare l'incremento dell'Iva e fare una manovra. I 29 punti programmatici dimostrano che è un programma per tutta la legislatura. A gennaio ci ritroveremo a confrontarci non perché non abbiamo un programma da realizzare, ma al contrario perché abbiamo un'agenda talmente articolata e corposa che dobbiamo misurare bene le nostre forze ed individuare alcune priorità, con tanto di cronoprogramma».
giuseppe conte luigi di maio 2
Quindi il referendum sul taglio non accelera le urne?
«Se anche dovesse realizzarsi non vedo come si possa andare al voto per un Parlamento con l'assetto attuale quando c'è un referendum che è ragionevole prevedere, avrà una grande maggioranza favorevole».
Zingaretti l'ha indicata come punto di riferimento delle forze progressiste. Renzi non è d'accordo, e lei?
«Ho personalmente contribuito a elaborare, al tempo della formazione del governo, molti punti programmatici. Sento questo esecutivo molto consono alla mia visione riformatrice del Paese. Il fatto che ci sia apprezzamento da parte del M5S, del Pd e delle altre forze politiche per l'impegno che sto profondendo mi fa piacere. Il resto sono discorsi prematuri».
La lusinga il fatto che si possano creare gruppi in Parlamento a suo nome?
«Non lo vedo come un aiuto all'unità della maggioranza. Il mio giudizio è negativo e chiedo a tutti la massima compattezza e coesione. Invito quindi tutti a confrontarsi all'interno delle singole forze politiche e degli attuali gruppi parlamentari».
Mi spiega perché il voto che ci sarà il 20 gennaio su Salvini e la nave Gregoretti è diverso da quello su Salvini-ministro e la nave Diciotti?
«Mi pronuncerò a tempo debito, consulterò le carte e poi parlerò. Per ora si è espressa la Segreteria Generale di Palazzo Chigi che ha dato atto che è stato un tema che non è mai stato dibattuto nel consiglio dei ministri che si è svolto nei giorni della Gregoretti».
Parliamo di Roma e della promessa che un anno fa lei ha fatto, con la Raggi a fianco, di una legge per dare poteri speciali alla Capitale. Che fine ha fatto?
«Torneremo presto ad affrontare il tema con i partiti della maggioranza. Rimango dell'idea che una capitale come Roma non possa reggersi su uno statuto ordinario».
Roma resta al palo mentre la legge sull'autonomia va avanti a discapito del Sud. Si era sperato che la fine del governo gialloverde si portasse via almeno questo
«Il ministro Boccia ha elaborato un progetto che ha presentato anche alle regioni. Questo sarà uno dei temi sui quali discuteremo a gennaio con le altre forze di maggioranza».
Il Paese resta però squilibrato tra un Nord che riceve sempre più risorse e un Sud sempre più abbandonato a se stesso.
«Abbiamo previsto che il 34% degli investimenti pubblici debba andare al Sud e che sia da applicare in via preventiva e non a posteriori».
3. DE MICHELI: «AUTOSTRADE? A GENNAIO IL GOVERNO DECIDE SULLA REVOCA»
Lorenzo Salvia per il ''Corriere della Sera''
«Nessuno esproprio proletario. Nessuna nazionalizzazione o vendetta. Vogliamo solo che le regole siano uguali per tutti. È così sbagliato in democrazia liberale?». Nel suo studio al ministero delle Infrastrutture Paola De Micheli tiene d’occhio il cellulare, e segue l’ultimo miglio della trattativa sul Milleproroghe, su quell’articolo che riscrive le procedure in caso di revoca delle concessioni autostradali.
Ci spiega cosa dice esattamente quella norma?
PAOLA DE MICHELI GIUSEPPE CONTE
«C’è un intervento che riguarda due concessioni, quelle per la Ragusa—Catania e per l’autostrada tirrenica. Passeranno ad Anas e saranno completate, come giusto in un Paese normale. Poi vengono modificate le modalità di indennizzo in caso di revoca per tutti i concessionari che non si trovano ancora in questa condizione. Si tratta di una previsione di legge generale. Come si fa in uno stato liberale, parifichiamo le condizione di tutti i concessionari davanti alla legge».
Ma non è già così? Aspi, che gestisce anche il tratto di autostrada del ponte Morandi, sostiene di sì.
«Non mi pare proprio. Ci sono tre o quattro concessioni che hanno condizioni più vantaggiose. Tra queste c’è anche quella di Aspi».
Con le regole in vigore, ad Aspi spetterebbero 23,25 miliardi di euro. Con le nuove regole a quanto si scenderebbe?
«No, molto meno. Ma con la nuova regola ai concessionari eventualmente revocati spetterà la cifra iscritta a bilancio degli investimenti non ammortizzati, oltre a quanto previsto dal codice degli appalti. Per procedere alla revoca ci deve essere un inadempimento grave. Una cosa che va dimostrata e condivisa».
Ma questo decreto è un passo verso la revoca ad Aspi, no?
«La revoca è una procedura totalmente separata, sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. Una volta che avremo terminato l’analisi tutto il governo approfondirà il se, il come e il quando».
Quando arriverà questo momento?
«A gennaio saremo in grado di prendere una decisione».
E al momento è più probabile la revoca oppure no?
«Fino a quando non avremo esaminato tutti gli aspetti non mi sbilancio».
Aspi dice che a questo punto il contratto è risolto e vuole l’indenizzo calcolato con le vecchie regole, 23 miliardi di euro. Cosa risponde?
«Questo è un modo per mettere in difficoltà il governo, per vedere se qualcuno in Parlamento vota contro. Non è una modalità di comportamento lineare. E dietro c’è un’idea sbagliata. Gli investimenti non ancora remunerati verranno riconosciuti, oltre come già detto quanto previsto dal codice degli appalti. La cosa grave della lettera è che il concessionario non riconosca il sacrosanto diritto di un governo alla luce di tutto quello che è accaduto di revisionare il modello concessorio ormai vecchio di oltre quindici anni. Credo che sia un diritto dovere della politica aggiornare le norme e revisionare le concessioni per consentire più controlli, più trasparenza e più sicurezza sulle Autostrade».
Sta dicendo che si tratta di un ricatto?
«Dico che parliamo di un bene, la rete autostradale, che è di tutti, costruito con i soldi di tutti. Quando il tuo mestiere è il gestore - concessionario, nessuno ti nega un guadagno ma si tratta di una medaglia con due facce: da una parte c’è il profitto, dall’altra la cura del bene stesso. E dopo aver letto il documento della Corte dei conti, possiamo fare finta di niente?».
Aspi dice anche che in caso di revoca ci sono 7 mila posti di lavoro a rischio. Sarebbe una’altra crisi da gestire, e già ce ne sono tante.
«Se dovesse accadere non è che le autostrade verranno abbandonate. Il governo valuterà e affronterà anche questo aspetto senza mettere a rischio i posti di lavoro».
La società annuncia ricorsi miliardari. Proprio per questo persino la commissione di esperti nominata dal suo predecessore, Danilo Toninelli, pur sostenendo che potessero esserci gli estremi per la revoca suggeriva la strada più soft della rinegoziazione del contratto.
«Nessuno vuole fare un salto nel buio. E intanto revisioniamo i contratti. Se mi sono presa il giusto tempo per fare gli approfondimenti è perché Il mio compito è difendere l’interesse pubblico e intendo difenderlo anche da questi rischi. Il tema dell’eventuale revoca non ha solo l’aspetto giuridico, ha anche quello economico e quello politico. Andranno valutati tutti».
Resta il fatto che nel governo qualcuno caldeggia l’idea di una nazionalizzazione.
«Ma non scherziamo. Nessuno mette in dubbio il modello delle concessioni. Gli accordi con i privati servono ma devono essere equilibrati e lo Stato deve avere chiaro il suo ruolo di controllore e regolatore».
In zona Cesarini portate a casa la manovra. Con tutti quei soldi necessari per fermare l’aumento dell’Iva, però, per il resto è rimasto poco, non crede?
«Non mi pare proprio. Le sembrano pochi 3 miliardi per il taglio delle tasse ai lavoratori? E tutti gli incentivi alle imprese e il credito d’imposta di industria 4.0? Nei prossimi due anni diventeranno cantieri decine di miliardi per le Infrastrutture nel Mezzogiorno. Già ora abbiamo sbloccato 3,8 miliardi di opere e 5 miliardi per i trasporti».
Nei prossimi due anni. Ma non è che questo è il primo e ultimo panettone del governo Conte due?
«Non credo. E comunque, scusi, io preferisco il pandoro».
giuseppe conte luigi di maio 3 fratelli benetton roberto tomasi CASTELLUCCI AUTOSTRADE