Annalisa Cuzzocrea per la Repubblica
«Il problema non è Tria. Il problema è la Lega: vuole prendersi tutto». Alla fine di un pomeriggio passato a combattere per cercare di portare a casa quanto promesso ai risparmiatori truffati dalle banche, Luigi Di Maio si sfoga con i fedelissimi. Ed esplode contro gli alleati: «Sono loro che vogliono far fuori il ministro dell' Economia. E lo fanno solo per una questione di potere. Sono abbagliati dal potere».
Il vicepremier M5S è stremato. Era convinto che persuadere Giovanni Tria a firmare i decreti attuativi per risarcire le persone cui ha continuato a promettere, in tutti questi mesi, «i soldi arriveranno», sarebbe stato semplice. Perché pensava che accanto, nella battaglia, avrebbe avuto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il leader della Lega Matteo Salvini. A un certo punto però, durante la riunione di ieri, si è guardato attorno. E ha scoperto che non è affatto così.
«I leghisti hanno l' ossessione del comando - dice ancora Di Maio in un gabinetto di guerra diventato permanente - davvero non li capisco. Mi ricordano Renzi e Berlusconi».
DANILO TONINELLI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
Il leader 5S non vuole passare per l' affossatore del tecnico scelto dal Quirinale, che pure considera responsabile dello stallo. È furibondo, per una resistenza a oltranza che non si aspettava, ma invita i suoi alla cautela: «Ho un senso di responsabilità verso lo Stato e verso il presidente della Repubblica», ricorda, sconfessando chi si è lasciato prendere la mano sulla vicenda della consigliera Claudia Bugno e sul presunto conflitto di interessi del ministro per l' assunzione del figliastro in una società amministrata dal marito della donna. «Tria deve continuare a svolgere il suo lavoro», dice. Per ora. Perché nulla, nell' agitata navigazione del governo giallo-verde, è più dato per scontato.
Il momento è delicato, i dati economici mostrano l' inizio della recessione, il Def e la manovra da scrivere il prossimo autunno sono una scommessa durissima.
Non è il momento di fare mosse azzardate, sussurrano i consiglieri al vicepremier. Che quindi cerca di raffreddare gli animi. I 5 stelle continuano a sostenere di non essere loro ad aver fatto "dossieraggio" nei confronti del ministro dell' Economia. Buttano la palla dall' altra parte del campo, sostengono che l' alleato di governo sia molto meno innocente di quanto non voglia far sembrare. Soprattutto, sono infuriati per gli attacchi arrivati nei giorni scorsi. Come quello sul mancato bonus baby sitter: «Non hanno mai presentato gli emendamenti di cui parlano - dice Di Maio - non hanno nemmeno replicato, perché lo sanno. Pensano solo a sostenere leggi per ampliare la circolazione delle armi in Italia o ad andare a convegni provocatori come quelli di Verona ».
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO BY LUGHINO
A chi chiede «cosa succede adesso?», il leader del Movimento dice di non capire a che gioco stiano giocando Matteo Salvini e, soprattutto, Giancarlo Giorgetti.
Di cui - continua a dirlo in ogni colloquio riservato - non si fida.
Ufficialmente, Di Maio nega che ci sia la possibilità di un qualsiasi rimpasto dopo le europee. Ma la questione esiste e non c' è ministro o big dei 5 stelle che non ragioni su quello che si può cedere. E su quello che invece bisogna tenere.
Uno dei ministeri che fa gola ai leghisti è quello dell' Ambiente, che Salvini vorrebbe regalare alla sottosegretaria leghista Vania Gava, talmente solerte da non far passare giorno senza un comunicato in cui dice l' esatto contrario di quanto sostenuto dal generale Sergio Costa. Per i 5 stelle però, lasciare una pedina "identitaria" come l' ambiente sarebbe insostenibile, a meno che per il ministro non si liberasse un posto in Europa. Mentre sarebbe più semplice mollare un ministero che sta facendo esplodere le loro contraddizioni come quello sulla Salute guidato da Giulia Grillo.
Anche sui Trasporti, Di Maio vorrebbe tener duro, cedendo nonostante le gaffes e gli errori di Danilo Toninelli - il ministero della Cultura guidato da Alberto Bonisoli.
Troppo poco per Salvini, se davvero - come spera - il 27 maggio i rapporti di forza all' interno del governo saranno invertiti. Sarà a quel punto, che i giochi si apriranno: rendendo il tutti contro tutti di queste settimane solo una prova generale della resa dei conti.
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