Carlo Bertini per la Stampa
GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA
Ha un bel dire la ministra renziana Elena Bonetti che «sull'introduzione del salario minimo il governo si muoverà con il metodo della ricomposizione di cui è maestro il premier Draghi»: peccato che la ricomposizione di opposti interessi elettorali dei partiti sarà dura da attuare. Da un anno è ferma al Senato la proposta dell'ex ministra Cinque stelle Nunzia Catalfo per un salario garantito di almeno 9 euro l'ora. La destra oggi dunque batte l'accento sul fatto che l'Italia ha una contrattazione collettiva pari all'80% dei casi e che così rispetta a pieno la direttiva Ue; la sinistra sul tasto che siamo tra i sei Paesi Ue a non avere un salario minimo per legge.
enrico letta e giuseppe conte 1
Dunque sarà arduo per il ministro del Lavoro Andrea Orlando spuntarla su un tema così divisivo in un anno di campagna elettorale e far approvare la sua proposta. Da lui così riassunta: «Intendiamo legare il salario minimo del settore di riferimento al trattamento economico complessivo contenuto nei contratti maggiormente rappresentativi di quel settore». Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte, il ministro tiene a chiarire che la legge va fatta «senza svuotare la contrattazione collettiva, che assicura un dialogo sociale, ma contrastando la cattiva contrattazione che indebolisce i diritti dei lavoratori».
Orlando convocherà le parti sociali per costruire una soluzione condivisa e non si nasconde che c'è il problema del salario minimo ma anche quello dei salari bassi, in Italia addirittura più scarni in proporzione rispetto a 30 anni fa, diversamente da Spagna, Francia e Germania, dove sono cresciuti in percentuali dal 6 al 34 per cento. «I salari devono permettere a lavoratori e famiglie di mantenere il potere d'acquisto e quindi devono crescere».
Certo, la direttiva Ue in questo momento è un assist per la strategia del «campo largo» di Enrico Letta, finalmente Pd e Cinque stelle hanno una piattaforma ideale che li unisce e una battaglia parlamentare da fare utile a dare sostanza a un'alleanza fragile. «La direttiva europea - dice Letta - è fondamentale.
Non è possibile che un lavoro sia pagato 3 euro l'ora, un lavoro pagato in modo dignitoso significa applicare l'articolo 1 della Costituzione». Leu è in sintonia, perché «l'introduzione del salario minimo e una legge sulla rappresentanza per disboscare la giungla dei contratti pirata non sono più rinviabili», dice Federico Fornaro. Ma sono i grillini ad esultare e scendere in trincea, «mettiamo fuori legge le paghe da fame», gridano, «la destra non provi a bloccare o annacquare un risultato storico».
Puntuto Giuseppe Conte: «In Italia quando si tratta di seguire le ricette dell'austerità tutti a seguire l'Europa, adesso voglio vedere se la seguiranno anche sul salario minimo». A destra è un'altra musica: «Il salario minimo è uno specchietto per le allodole», lo bolla Giorgia Meloni. «Non si deve penalizzare la contrattazione», avverte Giancarlo Giorgetti. «Il problema non è solo il salario minimo, ma ridurre le tasse alle imprese», sentenzia Matteo Salvini. Pure Forza Italia frena: «Il salario minimo per legge lascerebbe scoperti rider, camerieri, i lavoratori poveri, perché si applica solo al lavoro dipendente».