Paul Krugman per “The New York Times” pubblicato da “la Repubblica”
(Traduzione di Emilia Benghi)
Come milioni di persone continuo a seguire ossessivamente le cronache da Parigi, mi concentro sull’orrore, mettendo da parte il resto. È la normale reazione. Ma sia chiaro, è la reazione che i terroristi auspicano e non tutti, a quanto sembra, lo capiscono. Come Jeb Bush, che definisce gli attacchi «un tentativo organizzato di distruggere la civiltà occidentale». Macché. Sono un tentativo organizzato di seminare il panico, che non è affatto la stessa cosa.
Affermazioni di questo genere vanno a vantaggio della causa jihadista. Pensate un attimo alla Francia e a cosa rappresenta. È vero, ha dei problemi, ma quale Paese non ne ha? Però è una democrazia solida, che gode di profonda legittimazione popolare. Il bilancio della difesa francese è ridotto rispetto a quello statunitense, ma il Paese è comunque una potenza militare.
La Francia non sarà conquistata dall’Is, né ora né mai. La strategia di uccidere persone a caso nei ristoranti e ai concerti è specchio della debolezza di fondo di chi la pone in atto. Non porterà a fondare un califfato a Parigi. Però un effetto lo ha, instilla la paura, per questo si chiama terrorismo ed è sbagliato attribuirgli dignità di guerra. Non intendo con questo minimizzare l’orrore, ma evidenziare che il maggior pericolo per la nostra società non deriva dai danni diretti che il terrorismo infligge, bensì dalle reazioni sbagliate che è in grado di provocare.
DONALD RUMSFELD IN THE UNKNOWN KNOWN DONALD RUMSFELD E SADDAM HUSSEIN
L’11 settembre 2001 il segretario alla difesa Donald Rumsfeld esortò i suoi a «Fare piazza pulita», suggerendo subito di sfruttare gli attacchi come scusa per invadere l’Iraq. Ne è derivata una guerra disastrosa, che ha dato man forte ai terroristi e ha creato le condizioni per l’ascesa dell’Is. E non si è trattato solo di un errore di giudizio.
Il terrorismo è solo uno dei tanti pericoli esistenti al mondo e non dovremmo farci distrarre trascurando altri problemi. Mi spiace per i conservatori, ma il presidente Obama ha ragione a dire che il cambiamento climatico è la più grande minaccia che dobbiamo affrontare. Il terrorismo non può distruggere la nostra civiltà, il riscaldamento globale invece sì. Come reagire al terrorismo quindi?
Prima degli attentati di Parigi la reazione generale dell’Occidente includeva misure di polizia, precauzioni e intervento militare, sulla base di ardui compromessi tra sorveglianza e diritto alla privacy, protezione e libertà di movimento, l’obiettivo di negare ai terroristi spazi di rifugio e i costi e i rischi di un impegno bellico all’estero. È sempre stato ovvio che di quando in quando ci sarebbe scappato un attacco.
Parigi forse ha cambiato un po’ le carte in tavola soprattutto riguardo alla straziante questione dei profughi, un problema oggi ancor più spinoso. E servirà un’autopsia per capire come mai un piano terroristico così complesso non sia stato sventato. Ma ricordate quando si diceva che l’11 settembre avrebbe cambiato tutto? Non lo ha fatto e neppure questa atrocità lo farà. La cosa più importante è che le nostre società rifiutino di arrendersi alla paura.