Federico Capurso e Francesco Olivo per la Stampa - Estratti
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI BY EDOARDO BARALDI
(...) I movimenti ostili di Marine Le Pen e Viktor Orban (con Matteo Salvini a traino) stanno svuotando i Conservatori, la creatura sulla quale Meloni ha investito da anni per accreditarsi anche fuori dai confini.
Con la Lega il rapporto è sempre più teso. L’ultimo capitolo è andato in scena ieri: pochi minuti dopo l’annuncio dell’addio di Vox ai Conservatori guidati da Meloni, arriva una nota della Lega:
«È un segnale fortissimo. Cresce il fronte del cambiamento in Europa, determinato a dire no alla Von der Leyen e ai socialisti». Una sorta di esultanza nel momento più difficile dell’alleata.
Un gesto che Fratelli d’Italia ritiene di “puro sciacallaggio” .
giorgia meloni e matteo salvini alla camera
Ma lo stillicidio leghista è fatto di manovre ostili continue, cosa che Meloni ha fatto notare a Salvini nel corso di una telefonata dai toni non così amichevoli avvenuta due giorni fa, durante la quale la premier ha rinfacciato al ministro dei Trasporti una serie di mosse, come l’emendamento non concordato sulle concessioni balneari e l’attacco a Sergio Mattarella dopo il discorso del Presidente sui «limiti della maggioranza».
Una rimostranza che non sembra essere servita, perché Salvini, nonostante il passo indietro sulle critiche al Quirinale, non ferma l’offensiva su Ursula von der Leyen, proprio mentre Meloni sta trattando, con la presidente tedesca, un posto di rilievo nella futura commissione europea.
Chi è cosciente dei rischi del momento è Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri crede che i veleni coltivati a Bruxelles possono facilmente riversarsi nei corridoi dei Palazzi romani e inquinare i rapporti tra alleati.
Non sarebbe la prima volta. Il leader di Forza Italia sperava che la fine della campagna elettorale europea e i buoni risultati ottenuti dalle forze di governo nelle urne potessero rasserenare il clima all’interno dell’esecutivo.
Invece, il vento si muove in direzione contraria. Salvini e Meloni si sono immersi in una competizione tossica, in cui la premier continua a subire su più fronti, mentre il leader della Lega, appena può, getta sale sulle sue ferite. Così, il clima a Palazzo Chigi si è fatto pesante, ci si è avvitati in una spirale di nervosismi, sospetti, sfiducia.
Chi ai piani alti di Forza Italia ha parlato nelle ultime ore con Tajani racconta di averlo raramente sentito così preoccupato come dopo l’adesione di Vox al nascente gruppo dei Patrioti. La gara tra famiglie europee portata avanti da Salvini e Meloni – è il timore del vicepremier – rischia di essere giocata sulla pelle del governo, minando la fiducia reciproca e, di conseguenza, la stabilità stessa dell’esecutivo.
Il leader forzista vede le difficili sfide che si prospettano nei prossimi mesi, tra decine di decreti da convertire, una complicata legge di bilancio alle porte e la procedura di infrazione per debito eccessivo che arriverà a novembre da Bruxelles.
Di fronte a tutto questo, Tajani è convinto che senza una coalizione compatta i danni per il centrodestra saranno peggiori del previsto.
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MELONI PIÙ SOLA DOPO L’ADDIO DI VOX
Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
Già la battaglia pubblica di queste ore racconterebbe da sola di un rapporto teso vicino al punto di rottura. Matteo Salvini che scippa gli spagnoli di Vox ai Conservatori di Giorgia Meloni e li conduce nel nuovo gruppone putiniano con Viktor Orban e Marine Le Pen.
Matteo Salvini che gode a mezzo stampa del sorpasso dei sovranisti ai danni di Ecr e rivendica l’affronto del tradimento, perché a voltare le spalle alla premier sono stavolta gli amici a cui consegnò l’iconico discorso urlato yo soy Giorgia, soy una mujer, soy madre, soy cristiana.
Eppure, per pesare la portata dello scontro che dilania in queste ore il governo – corrodendo rapporti già usurati, spingendo la leader a pensare sempre più insistentemente ai vantaggi di un eventuale reset elettorale - si può partire da un’altra storia. Nascosta, ma altrettanto pesante. Ruota sempre attorno al duello tra la presidente del Consiglio e il suo vice. E riguarda la questione cruciale della sicurezza della Repubblica.
Qualche mese fa, su pressione del vicepremier leghista, la maggioranza inserì nel ddl cybersicurezza una proposta di riforma del Cisr, il Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica. E’ un organismo in cui siedono la premier, l’autorità delegata ai Servizi, i vertici dell’intelligence nazionale (dunque Dis, Aisi e Aise) e i principali ministri che si occupano dei dossier più sensibili: Interni, Esteri, Difesa, Economia, Giustizia ed Energia.
viktor orban incontra matteo salvini a roma
Il ritocco legislativo apre il tavolo ad altri tre ministri: quello dell’Università, dell’Agricoltura (in caso di crisi, l’alimentazione è asset sensibile) e, appunto, le Infrastrutture (data la delicatezza della difesa di strade, porti ed aeroporti). La novità - operativa dallo scorso 2 luglio - è però figlia di un incidente politico: nel 2023 Meloni affidò la regia delle politiche migratorie al Cisr, escludendo così Salvini (alla fine invitato per ridimensionare il caso).
antonio tajani e giorgia meloni al senato
Ecco, le ultime notizie sul gruppo putiniano di Orban e Salvini – e dopo la missione del premier ungherese a Mosca, contro il volere tra l’altro del governo italiano – hanno generato una crepa profonda nell’esecutivo.
E alimentato a Palazzo Chigi alcuni dubbi – riferiscono fonti meloniane che preferiscono restare anonime – sull’opportunità di coinvolgere il Cisr su questioni cruciali come la guerra in Ucraina, la cybersicurezza – messa a dura prova da Mosca – e la pianificazione delle strategie dell’intelligence.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
In altri termini, la divisione di posizionamento tra la premier e il suo vice starebbe consigliando una frenata rispetto al raggio d’azione del comitato, che potrebbe essere utilizzato soltanto per l’azione contabile e amministrativa sul comparto della sicurezza.
MELONI E MATTARELLA CON FAZZOLARI, TAJANI, GIORGETTI, FITTO E ZAMPETTI
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antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
antonio tajani e giorgia meloni al senato