Guido Santevecchi per il “Corriere della sera”
Non ha potuto dare alcuna buona notizia al suo popolo Kim Jong-un nell'ultimo anno, ha preso anche l'abitudine di scusarsi per le sofferenze «imposte dalle circostanze e da errori della burocrazia». Ma ora la crisi deve essere terribile in Nord Corea se il Maresciallo ha deciso di paragonarla a quella degli Anni 90, quando la carestia uccise centinaia di migliaia di persone. Kim ha evocato quella tragedia dal palco dell'assemblea dei 10 mila capi sezione del partito unico, ammonendoli che dovranno guidare una nuova «Ardua Marcia per alleviare il patimento delle masse davanti alla peggiore situazione di sempre».
KIM JONG UN ANNUNCIA LA MARCIA ARDUA
Ardua Marcia è l'espressione partorita dal regime per descrivere la tragedia degli Anni 90, esplosa con il crollo dell'Unione Sovietica che fino ad allora aveva puntellato economicamente il regime (la Cina non era la superpotenza di oggi). In quegli anni le incapacità organizzative della Dinastia Kim, impegnata solo nella pianificazione militare, sommate a una serie di alluvioni e siccità devastarono anche l'agricoltura causando la carestia. Solo nel 1995 Pyongyang chiese soccorso all'Onu: 225 mila nordcoreani erano già morti di fame su una popolazione di 24 milioni di abitanti. Alcune stime fissarono a un milione il numero delle vittime tra il 1994 e il 1998.
Le agenzie umanitarie scoprirono che per effetto della malnutrizione cronica i nordcoreani erano in media più bassi dei sudcoreani di 3-8 centimetri. Ancora nel 2012 il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite rilevava che un bambino su tre portava i segni della denutrizione. Ora a Pyongyang non ci sono più esperti delle agenzie umanitarie internazionali: le ulteriori restrizioni al movimento imposte per contenere il coronavirus hanno spinto la quasi totalità dei residenti stranieri ad abbandonare il Paese.
I pochi diplomatici rimasti riferiscono che c'è carenza di tutto, dai medicinali al dentifricio. Dice Seo Jae-pyoung, segretario generale dei nordcoreani rifugiati a Seul: «Ardua Marcia per la gente comune significa morire di stenti». La crisi è dovuta a quattro fattori: 1) le sanzioni internazionali contro il programma nucleare e missilistico; 2) la spesa eccessiva per sviluppare le forze armate; 3) le alluvioni dello scorso anno portate da tre tifoni che hanno devastato il raccolto di cereali e riso; 4) la chiusura completa della frontiera con la Cina decretata dal gennaio del 2020 per evitare il contagio virale.
congresso del partito comunista in corea del nord
Si calcola che il commercio con Pechino, l'unico grande partner del regime assediato, si fosse ridotto già nel 2017 dell'80% a causa delle sanzioni: il blocco sanitario della frontiera ha dato il colpo di grazia. Anche il contrabbando è stato fermato, per timore di importare il Covid-19: fonti di intelligence dicono che le guardie di frontiera nordiste hanno avuto l'ordine di sparare su chi cerca di arrivare dalla Cina. I primi segnali del disastro sono stati captati proprio nel comportamento dei soldati schierati al confine cinese: si tratta di reparti scelti e privilegiati, che di solito lucrano sui traffici esigendo tangenti e prelevando una quota dei prodotti di contrabbando.
A fine marzo una pattuglia di disperati ha disertato. Dopo aver guadato il fiume Yalu i nordcoreani hanno raccontato ai cinesi che da mesi le razioni alimentari sono da fame. I fuggiaschi si erano ridotti a sparare al bestiame dei contadini, anche ai cani, per integrare il rancio. Secondo gli analisti, il Maresciallo dicendo che la situazione è gravissima ha due obiettivi: scarica la responsabilità sui suoi gerarchi e richiama l'attenzione di Pechino. A fine marzo Xi Jinping gli ha inviato un messaggio augurando «una vita migliore al popolo nordcoreano». Ora il leader cinese potrebbe inviare aiuti e permettere a Kim di presentarsi come il salvatore delle masse.