Maurizio Giannattasio per il “Corriere della Sera”
Sugli scaffali della libreria dello studio i testi di Adam Smith, padre del liberismo, si sono pericolosamente affiancati a tre volumi di Carl Marx. «Prove di avvicinamento al Pd?». Letizia Moratti ride.
«È giusto aprirsi, altrimenti uno resta fermo sulle sue convinzioni e non progredisce».
Inizia con un battuta l'intervista alla candidata del Terzo polo. Finisce con una certezza: «Andrò avanti fino in fondo e vincerò».
Ieri De Benedetti, prima Dalla Chiesa, Kustermann, Novembre, Aspesi, Cerasa e tanti altri. Non passa giorno senza un appello della società civile e di esponenti del Pd che chiedono al partito di appoggiare la sua candidatura.
«Credo che in molti abbiano compreso l'importanza di questo voto che si terrà in uno scenario profondamente cambiato che vede un centrodestra sempre più destra e un'affermazione importante dei Cinque Stelle. C'è un'area di centrosinistra, riformista, che deve decidere se vuole coprire questo vuoto, perché i vuoti in politica non esistono. E se non sarà l'area del Pd a riempirlo sarà qualcun altro».
Qual è il timore?
«Siamo già in campagna elettorale, dobbiamo dare riscontri immediati. In un contesto economico e sociale critico diventa fondamentale dare risposte concrete e veloci ai cittadini. È uno scenario nuovo dove i soliti schemi e le contrapposizioni sono superate e dove per operare un cambiamento è bene mettersi insieme, ognuno mantenendo la propria identità, ma convergendo su punti di interesse comuni. L'obiettivo è vincere in una Regione che può tornare a essere un laboratorio politico. È questo il messaggio che arriva dalla società civile».
letizia moratti attilio fontana
È il suo messaggio al Pd?
«Non mi permetto di entrare nelle dinamiche del partito ma è del tutto evidente che il nuovo scenario impone nuove alleanze».
C'è un candidato del centrosinistra: Pierfrancesco Majorino. Farà un passo indietro o andrà avanti fino in fondo?
«Andrò avanti fino in fondo e vado avanti per vincere perché sono convinta di poter dare un contributo al rilancio della Regione, come è stato Expo per Milano. Non si tratta solo di dire che le cose non funzionano, ma bisogna lavorare perché la Lombardia abbia un rilancio forte e torni a misurarsi con le prime 4 regioni d'Europa e a sedersi ai tavoli che contano. Sono qui per farlo coi lombardi».
Si sente così ottimista riguardo alla vittoria?
«Assolutamente sì e a ragion veduta».
C'è qualcuno del Pd nazionale che le ha detto «Cara Letizia vai avanti che poi noi ti appoggiamo»?
«Ho avuto interlocuzioni ad altissimo livello e le ho avute da tempo. Tutte con un orientamento positivo. Poi sicuramente per il Pd alcune cose sono cambiate: le elezioni che forse sono andate al di sotto delle aspettative, un segretario uscente. Lo dico con grande rispetto ma anche con altrettanta speranza: mi auguro che questo vuoto possa essere riempito insieme».
Il sindaco Beppe Sala, ha detto che sarà necessario sedersi a un tavolo con lei e il Terzo Polo. È un passo in avanti?
«Ho continuato a dire che si deve parlare di programmi più che di candidati. Sono pronta a misurami e ho indicato alcuni temi molto identitari anche per la sinistra: l'ambiente, la cultura, la legalità, il lavoro e la sanità.
In particolare sono convinta che occorra rafforzare la sanità pubblica per una questione di equità sociale, potenziarne ulteriormente la prossimità per renderla sempre più accessibile ai cittadini, aumentare gli investimenti che invece il governo sta pericolosamente pensando di diminuire.
BEPPE SALA PIERFRANCESCO MAJORINO
Mi faccia però dire una cosa: l'idea di un ticket è molto riduttiva. Perché in ogni caso avremo una coalizione. Una coalizione fatta dalla mia lista civica, dal Terzo polo e da tanti altri che si stanno avvicinando. Aspettiamo il Pd».
Alessandra Kustermann ha detto facciamo l'alleanza con Moratti ma lasciamo la sanità al Pd. Che dice?
«Ripeto, si lavora in squadra. E come si prendono queste decisioni? Ci si misura sui risultati elettorali. Se c'è un partito, un movimento o una lista civica che prende di più e un'altra di meno è evidente che in Regione ci sono assessorati più importanti in termini di volumi e di interesse nei confronti della vita delle persone, la sanità tra questi.
Quindi sono assolutamente aperta a una prospettiva del genere. Sarebbe ridicolo non esserlo. Sono più interessata a programmi di lavoro, competenza e contenuti».
Il Pd lombardo insiste sul fatto che non può essere la candidata del centrosinistra chi fino a dieci minuti prima era pronta a fare il candidato del centrodestra.
«Ho letto vari interventi. Li rispetto ma voglio ricordare che ero fuori dalla politica da più di 10 anni e francamente etichettarmi come centrodestra mi sembra curioso. Sono stata chiamata come tecnico, senza etichette, per risolvere un problema, perché la Lombardia era ultima nel piano vaccinale.
Ho accettato per amore della mia Regione e dei miei concittadini. Mi creda, quando ho detto sì, avevo tutti contro e i miei amici mi chiedevano se ero matta ad accettare una sfida del genere. La mia è stata una scelta di civismo per la regione che amo».
Da qui la lista civica?
«Sì, perché credo si debba parlare anche a un elettorato che non trova una proposta politica che lo soddisfa. A livello nazionale il 37% non è andato a votare. È necessario un maggior raccordo con il territorio e una lista civica può parlare diversamente rispetto ai partiti consolidati. Ma anche perché una lista civica riflette la mia identità di liberale e popolare».
Nei sondaggi pesca più voti da destra o a sinistra?
«Non lo dico. Faccio come per Expo quando andavo nei Paesi per raccogliere il voto a favore di Milano: non dicevo mai dove andavo perché avrei avvantaggiato Smirne. Alla fine ho vinto».
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