Concetto Vecchio per “la Repubblica”
È un tonfo che fa rumore, perché Luigi Di Maio a 36 anni sembrava avviato a una carriera politica alla Andreotti e invece ha fatto la fine di Alfano. E si potrebbero fare delle facili ironie («ti aspettiamo al Grande fratello vip», gli scrivono sui social) su questo giovane la cui ascesa era stata inspiegabilmente vertiginosa (vicepresidente della Camera a 27 anni, capo politico a 32, tre volte ministro), ma anche Di Maio merita il rispetto che si deve agli sconfitti.
La sua caduta implica tuttavia una lezione: non si possono giocare troppe parti in commedia nella vita, una è più che sufficiente. E Di Maio è passato dai gilet gialli a draghiano di ferro nel giro di un solo inverno. C'è un limite anche all'italico trasformismo. «È come un figlio» lo aveva accolto sotto la sua ala paterna una vecchia volpe come Bruno Tabacci. Naturalmente lui ce l'ha fatta.