Estratto dell’articolo di Tommaso Labate per www.corriere.it
MELONI - LOLLOBRIGIDA - GIAMBRUNO - PARENTI SERPENTI
Finiranno per chiamarli «brothers of Italy», visto che la richiesta di iscriversi quanto prima a una scuola d’inglese rivolta da Giorgia Meloni ai suoi – svelata dal Fatto quotidiano – ha trasformato Fratelli d’Italia in una succursale di Oxford, dove a chi mastica la lingua di Shakespeare viene richiesta una parlata fluente, e a chi non mastica affatto viene richiesto di iniziare a masticare, e anche subito.
Certo, il consiglio è rivolto essenzialmente a chi potrebbe avere un futuro più lontano da Roma e più vicino a Bruxelles; resta il fatto che lo avrebbero raccolto in tanti, dai ministri Francesco Lollobrigida e Daniela Santanché ad Arianna, sorella della presidente del Consiglio, che potrebbe dividere l’insegnante d’inglese insieme al compagno […] Lollobrigida […].
matteo renzi parla inglese shish
«Il capo di governo italiano senza precedenti incarichi internazionali col miglior inglese della storia della Repubblica», che è la formula con cui nel suo staff declamano le doti linguistiche di Meloni […], vuole marcare la distanza rispetto a Prima e Seconda Repubblica, dove la maledizione del «the pen is on the table» e l’approccio da italiano in vacanza («How are you?» e «Where are you from?») ha scandito tempi e modi di vertici internazionali inimmaginabili senza interpreti.
Finora al suo governo è andata abbastanza bene, se si considera che l’unico inciampo è stato quello di Gilberto Pichetto Fratin, che alla prima uscita internazionale da ministro dell’Ambiente scambiò la domanda di un cronista su «a compromise» (un compromesso) per dei «complimenti», che tra l’altro non pensava di meritare.
Poca roba rispetto al «nos only a flag» […] che un Silvio Berlusconi commosso pronunciò a Camp David nel 2002 parlando della bandiera a stelle e strisce, con George W. Bush che lo esaltava («Your english is very well») […]
silvio berlusconi george w bush
Di spinta emotiva ne aveva persino troppa Matteo Renzi, quando parlando di come le cancellerie avevano vissuto il sorprendente risultato della Brexit impresse su un nastro della Bbc l’indimenticabile «first reaction… shock». Era il 2016.
Una decina di anni prima, un gruppo di pescatori di Marettimo aveva ricevuto un piccolissimo saggio dell’inglese di Massimo D’Alema, allora ministro degli Esteri, che chiudendo una telefonata aveva urlato al microfono del cellulare il leggendario «bye bye Condi» verosimilmente rivolto alla pari grado statunitense Condoleeza Rice.
Di Luigi di Maio i maligni dicevano che fosse andato a guidare la Farnesina totalmente a digiuno di inglese, anche se qualche anno prima di diventare ministro degli Esteri era stato ospite dell’università di Harvard, dove aveva letto un testo scritto (nelle uniche parole pronunciate a braccio, invece di «first of all», prima di tutto, aveva detto «first of us», "prima di noi").
Peccato veniale, soprattutto perché pare che di Maio abbia recuperato gli anni perduti, e che il suo inglese da Rappresentante Ue per il Golfo sia decisamente migliore di quello da portavoce del Cinquestelle. Che è un po’ quello che si augura Meloni per i suoi «brothers of Italy» […] : una padronanza perfetta come quella che acquisiva Paolo Villaggio sui titoli di coda di un gioiello dimenticato dei Fratelli Vanzina, […] «Io no spik inglish». Scritto così.
DALEMA AL PORTO DELLA MADDALENA CON LA BARCA CHE BATTE BANDIERA INGLESE