“QUEL CHE I RUSSI VOGLIONO PER L’UCRAINA NON È IL MODELLO FINLANDIA MA IL MODELLO BIELORUSSIA” - DOMENICO QUIRICO: “PUTIN CONSIDERA KIEV UNA COLONIA PERDUTA, E' L'APPLICAZIONE PERFETTA DELLA LOGICA NEO COLONIALE. BISOGNERÀ PROVVEDERE, DOPO AVERLA DOMATA, A DISOCCIDENTARLA, UNIFORMARLA ALLO STILE DEL NUOVO IMPERO, INSEDIARE NUOVI DIRIGENTI CHE LA CONTROLLERANNO IN NOME DI MOSCA. NON CI SARÀ BISOGNO DI MANTENERE TRUPPE DI OCCUPAZIONE, AFFRONTARE PESTIFERE GUERRIGLIE. TROPPO COSTOSO…”

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Domenico Quirico per “la Stampa”

 

putin lukashenko putin lukashenko

E se quella che stiamo vivendo, quella che scuce l'Ucraina filo dopo filo, fosse una guerra coloniale, la Russia che vuole tornare impero e che si riprende una provincia perduta? Se proprio in questo carattere si pigiassero i suoi contorni, la ferocia, le tattiche? La guerra si definisce attraverso la lotta stessa che conduce. La Storia è una invenzione a cui la realtà porta i propri materiali: si tratta dunque di ritrovarne le tracce. Spesso stinte, ingiallite, alterate per nasconderle, perennemente prossime all'oblio.

 

zelensky putin zelensky putin

La rapida disintegrazione dell'ordine Usa non sta determinando la rinascita di altri imperi che vogliono riprendersi quello che considerano storicamente loro, con i sudditi, le materie prime, il territorio che offre spazio e sicurezza? Qualcosa di anacronistico ma che non si può avviare senza ricorrere alla violenza. Alcuni hanno già iniziato, altri seguiranno, la Cina forse, quando la potenza militare si affiancherà alla potenza economica e sentirà il bisogno di controllare le risorse che le sono indispensabili e quindi coloro che le detengono?

 

volodymyr zelensky e vladimir putin 3 volodymyr zelensky e vladimir putin 3

Avrà bisogno non di fornitori ma appunto di colonie. Nella primavera del 1989 Kapuscinski, il grande giornalista polacco formato alla scuola della letteratura del reale, si lanciò in un viaggio di 60 mila km attraverso le repubbliche dell'Unione sovietica in via di decomposizione, dalla Polonia al Pacifico, dalla Kolyma al Caucaso. Scoprì pagina dopo pagina l'ultimo processo di decolonizzazione del ventesimo secolo, qualcosa che era famigliare a chi come lui conosceva bene l'Africa e l'America Latina.

 

Non si fece distrarre dalla narrazione della fine del comunismo che monopolizzava l'attenzione dei suoi colleghi, stregati dall'eclissi del dio che aveva fallito. Descrisse la fiammata del nazionalismo, l'intrico etnico creato dalle emigrazioni forzate sotto lo stivale staliniano, la fuga dei russi dai nuovi Paesi che gli ricordava l'Africa bianca degli Anni 60, l'eredità di governi in mano a gran visir incrostati al potere da anni.

 

ALEKSANDR LUKASHENKO VLADIMIR PUTIN ALEKSANDR LUKASHENKO VLADIMIR PUTIN

La decolonizzazione russa gli apparve violenta e chiara perfino nel cuore dell'«imperium» sovietico: attraversò Donetsk rudemente russificata, Leopoli dove una vecchia gli raccontò la morte dei sei figli durante «la grande fame» orchestrata da Stalin, Kiev dove abbattevano la statua di Lenin e la gente gli diceva che voleva «uno Stato trasparente, buono, democratico e umanista».

 

Lo scrittore trasse allora una conclusione pessimistica. Aveva verificato di persona l'attaccamento dei russi al loro impero, la eredità difficilmente cancellabile di uno Stato autoritario e burocratico, la corruzione delle mafie, la catastrofe ecologica. Sperava nel miracolo che poteva compiere la disabitudine alla paura e nella vitalità tolstoiana del popolo russo. Trent' anni dopo la guerra in Ucraina ci offre la prova che il suo modesto ottimismo era ingiustificato.

volodymyr zelensky e vladimir putin 2 volodymyr zelensky e vladimir putin 2

 

La Russia putiniana vuole riprendersi la colonia Ucraina, perduta, anzi gettata via nei giorni convulsi della dissoluzione dell'impero sovietico. La Bielorussia tenuta in ordine dall'obbediente Lukashenko è rimasta una colonia fedele; secondo Mosca gli ucraini invece si sono ribellati, perché altri avidi imperi momentaneamente dominanti hanno fatto loro promesse, garantito il sostegno per restare indipendenti. Se le spulciamo con un'ottica coloniale le azioni di Putin che appaiono folli, esasperate, entrano in una logica minuziosa e implacabile.

 

putin e lukashenko guardano le esercitazioni militari putin e lukashenko guardano le esercitazioni militari

Il suo ministro degli Esteri Lavrov non ci prende in giro quando dice, sfidando l'evidenza, che «la Russia non ha invaso l'Ucraina». Applica i principi della vecchia scuola imperialistica sovietica, età a cui sembra peraltro appartenere: l'Ucraina non esiste perché è una colonia, non appartiene all'Europa, alla Nato, alle democrazie. Non invadiamo, ci riprendiamo quello che era nostro, perché fate tanto chiasso? E' l'applicazione perfetta della logica (neo coloniale) di Yalta aggiornata alla ridefinizione putiniana dei rapporti di forza.

 

Un piccolo mondo metterniciano da quattro soldi. Bisognerà poi provvedere, dopo averla domata, a disoccidentarla, uniformarla allo stile del nuovo impero, insediare nuovi dirigenti che la controlleranno in nome di Mosca. Il modello è la Bielorussia, non la Finlandia. Non ci sarà bisogno di mantenere truppe di occupazione, affrontare pestifere guerriglie. Troppo costoso.

 

volodymyr zelensky e vladimir putin 1 volodymyr zelensky e vladimir putin 1

Saranno gli stessi ucraini a controllare l'Ucraina. Non è una idea originale: gli inglesi per un secolo hanno controllato l'india usando gli indiani. Il dominio indiretto è più efficace e economico. Anche nel definire i contorni delle tentennanti iniziative diplomatiche si applica la logica coloniale: i dirigenti ucraini non esistono, Mosca esige brutalmente che spariscano, fuggano, si arrendano. Non sono interlocutori sono sudditi ribelli, o peggio al soldo di imperi rivali.

 

Putin Lavrov Putin Lavrov

Discuterà ma con l'impero Usa per ridefinire il nuovo equilibrio reciproco di cui l'Ucraina è una trascurabile pedina senza volontà propria. Al congresso di Berlino o a Yalta qualcuno ha mai chiesto cosa ne pensavano gli africani o le popolazioni dell'Europa dell'Est? Secondo questo cinismo coloniale il peso della indignazione internazionale è irrilevante. Per i fuggiaschi, le vittime, i profughi la compassione è esaurita da un pezzo. Diventano subito molesti come termiti e non c'è quasi nessuno che spenderà dopo poco tempo una buona parola per loro.

 

Putin accetta che ci possano essere delle contese con altri imperi nella ridefinizione delle sfere di controllo delle zone grigie del mondo. E' sempre accaduto: il Grande Gioco in passato tra Russia zarista e Inghilterra sulla Via della seta, tra Francia e Inghilterra nella corsa all'Africa. Erano litigi tra complici nello stesso delitto. Perché incallirsi e affrontarsi in modo così assoluto e rischioso?

 

SERGEI LAVROV VLADIMIR PUTIN SERGEI LAVROV VLADIMIR PUTIN

Per queste piccole beghe di confine, per cui si possono trovare, come accadeva in tempi meno chiassosi, accomodamenti, compensazioni, scambi reciproci? E' solo con Biden che Putin vuole trattare, come ai bei vecchi tempi della Guerra fredda. Gli europei gridano ma non contano nulla, dal suo punto di vista sono dei sudditi coloniali anche loro.

 

E' lo stile dei tempi. Il carattere coloniale della guerra è scritto nella sue caratteristiche belliche. Le guerre coloniali sono feroci. Con i ribelli o i primitivi si è sollevati dall'obbligo di rispettare convenzioni, bisogna dar lezioni di forza assoluta per cui sono utilissimi ascari arruolati tra le tribù dipendenti. Abbiamo già sentito il linguaggio di Mosca con gli ucraini: non è forse simile a quello degli inglesi con i Mau Mau o dei francesi con gli algerini?

 

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