Estratto dell’articolo di Alessio Mannino per www.mowmag.com
Se volessimo schizzare in quattro e quattr’otto un ritratto di Matteo Renzi, inizieremmo con una definizione ispirata alle parole di Carlo Calenda, l’attuale socio con il quale è in rotta di collisione: è l’uomo del quarto d’ora prima.
Secondo il leader di Azione, infatti, il suo omologo e, se continua così, non più alleato di Italia Viva, è quello che confida al proprio sodale di Terzo Polo di aver assunto la direzione editoriale del quotidiano Il Riformista quindici minuti prima di darne notizia urbi et orbi in conferenza stampa.
Siccome una persona si rivela nei dettagli (che poi, dettagli non sono, rappresentano molto di più), se a questo particolare aggiungiamo la jattanza con cui la settimana scorsa ha condito l’annuncio del suo nuovo ruolo, sottolineando tronfio che la prima a cui l’aveva detto era stata Giorgia Meloni, come se le iniziative fossero di priorità nazionale, in due pennellate avremmo reso, a nostro avviso, il Matteo Renzi uomo e politico.
Due facce che si compenetrano, fondendosi in una sola figura: quella, molto in voga presso la gente che piace, dell’imprenditore di sé stesso, il businessman rampante che usa anche la politica per restare nel giro che conta. Un Berlusconi senza Mediaset e olgettine. Ma che supera il maestro in disinvoltura.
Mettiamola così: tutto l’immaginario che per quarant’anni, dagli anni ’80 in poi, ha corrisposto a una certa way of life incarnata al più alto grado da Silvio Berlusconi che la ammanniva agli italiani con le sue tv, per cui una vita degna d’esser vissuta equivale a capitalizzare e investire il massimo, surfando da un affare all’altro e ricercando il proprio esclusivo successo calcolato in denaro e potere, insomma vivere incorporando e applicando una mentalità da venture capitalist, un po’ alla JR di Dallas e un po’ alla Briatore, cioè con molta furbizia e pochi scrupoli, questa visione e questo stile di vita ha dimostrato di metterli in pratica, e alla grande, Matteo Renzi.
matteo renzi nuovo direttore del riformista
[…] Si deve più modestamente tracciare l’istantanea attuale di un capo di partito, per l’esattezza di un piccolo partito che si muove a zig zag in quel luogo di narrativa fantasy che è il famigerato “centro”, che briga, traffica, fa e disfa tenendo come unica bussola sé stesso, per l’appunto.
L’ego come baricentro, l’auto-affermazione come scopo assoluto, Renzi Matteo oggi snobba con non chalance il co-inquilino d’alleanza Calenda Carlo come si usa fare tra detentori di quote di una società temporanea in cui, a un certo punto, uno tratta l’altro come un estraneo, perché ha in mente altri progetti e altro business (e quindi non vuole cedere uno scellino né vincolarsi). Tutto qua. La politica, per il Nostro, è solo una continuazione della propria economia con altri mezzi.
Economia nella quale trovano posto, in primissimo piano, un’azienda di consulenze trasformata in una vera holding, proiettata quindi a gestire partecipazioni, che di nome fa Ma.Re Srl (di cui è amministratore e socio unico), e il ruolo ormai ben piantato di conferenziere-intervistatore (“membro orgoglioso”, dice lui) per la Future Investment Initiative Institute, organizzazione senza scopo di lucro del Public Investment Fund, il principale fondo sovrano dell’Arabia Saudita del monarca Mohammad bin Salman (considerato da un rapporto Onu il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi). […]
Il povero Calenda, con quella faccia sconsolata da chi se la prende sempre in saccoccia, viene messo puntualmente di fronte al fatto compiuto. Perché, diversamente dal raider di Rignano, alle idee che professa lui pare crederci davvero.
[…] Ma occhio: non alla maniera di Renzi o di Berlusconi, ovvero usando le formule e formulette come scudo e paravento dei propri affari personali. Carlo l’incompreso ha il candore della sincerità. Lo si vede ad esempio le volte in cui si parodizza da solo, come quando, nel 2019, ammise di aver ripetuto “per 30 anni le banalità del liberismo” e finalmente aveva capito che “sono solo cazzate”.
MATTEO RENZI ALFREDO ROMEO PIERO SANSONETTI
Il problema è che le ridice pure adesso, più o meno. E che casca dal pero ogni volta che il compare Renzi lo prende per il naso. Forse una vena masochista, in Calenda, c’è. E inserire nello statuto dell’improbabile, a questo punto, partito unico del Terzo Polo l’incompatibilità con chi viene pagato da altri Stati, è una mossa un tantinello tardiva, o no?
Ma tornando all’inafferrabile Matteo, messo nel conto tutto quanto, alla fine il cittadino contribuente potrebbe anche chiedersi: ma se questo si fa li affari sua, perché dovremmo ancora stipendiarlo in qualità di senatore della Repubblica?
È stato eletto, certo. Ma a parte il fatto che abbiamo una legge elettorale con le liste bloccate, e più che eletti, i parlamentari sono unti dal signore delle tessere di turno, se vogliamo farci del male in fondo e andare a spulciare l’attività del capo di Italia Viva a Palazzo Madama, scopriremmo che nella passata legislatura, 2018-2022, è stato presente (e cioè anche votante) nel 35,4% delle sedute, e secondo Openpolis, nella votazioni “chiave”, solo nel 45 per cento dei casi.
Va bene, ci sono le “missioni” esterne e tutte quelle incombenze maggiorate per i leader di partito (la stessa Meloni non ha fatto di meglio, e l’ex segretario del Pd Enrico Letta anche peggio, come Matteo Salvini del resto). Però, siccome anche qua il sempre umile Renzi faceva lo sborone (“Ho oltre il cinquanta per cento di presenza in aula durante i voti. Quando conta ci sono sempre”, 29 novembre 2029), allora un po’ di prurito, all’elettore pagante, viene. Prurito alle mani, per la precisione.
I CUGINI DI CARFAGNA - MEME BY EMILIANO CARLI CARLO CALENDA E MATTEO RENZI