Estratto dell'articolo di Federico Capurso per “la Stampa”
Quando ha saputo della morte di Silvio Berlusconi, il primo istinto di Rosy Bindi, una delle sue storiche avversarie, «è stato quello di provare pietà».
Ha acceso immediatamente la televisione – racconta l'ex presidente del Pd – e ha notato che sugli altri canali di informazione veniva data la notizia, «mentre sulle reti Mediaset aspettavano che finisse la pubblicità.
Nessuno l'ha fermata. È stato impressionante». E forse anche per questo, dice, «dopo quel primo sentimento di naturale fratellanza che provo di fronte alla malattia e alla morte, la mente è andata al Berlusconi che ho conosciuto». E di cui ora, dice Bindi, «contesto la santificazione che se ne sta facendo, così come la scelta di indire una giornata di lutto nazionale».
Perché è contraria al lutto nazionale?
«Perché Berlusconi ha diviso il Paese. Ne ha sedotti molti, ma non è riuscito ad attirare a sé la maggioranza degli italiani. La decisione di avere una giornata di lutto nazionale è irrispettosa nei confronti di quella maggioranza».
Non è normale essere divisivi quando si fa politica?
«È normale una contrapposizione delle proposte, delle idee. Lui invece ha spaccato il Paese su questioni fondamentali: sul rispetto della democrazia e della Costituzione, sull'esercizio del potere, sul dovere di pagare le tasse, sui rapporti con la magistratura. Ce li ricordiamo gli anni in cui il Parlamento, a causa sua, votava per dire che era vero che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak?».
Non merita nemmeno i funerali di Stato?
«Niente da obiettare, i funerali di Stato gli spettano perché è stato presidente del Consiglio. Il lutto nazionale invece è frutto di una scelta del governo. È previsto per le vittime di stragi e per la morte di grandissime personalità, ma mai è stato deciso per presidenti del Consiglio, fatta eccezione per Leone e Ciampi, che però erano stati anche presidenti della Repubblica. La decisione del governo è legittima, ma io la contesto nel merito».
Forse è un modo per celebrare anche il Berlusconi imprenditore, non solo il politico.
«Per me è un ulteriore limite. Mi trovi un altro caso nelle democrazie occidentali in cui il padrone di un impero di giornali e televisioni è anche presidente del Consiglio. Questo è uno dei motivi per cui non andava deciso il lutto nazionale. Ricorderei poi qualche pagina non troppo trasparente della sua vita da imprenditore. Si porta dietro tanti misteri, ci sono tante pagine da indagare. I veri lutti nazionali sono altri».
Si fermano anche i lavori di Camera e Senato per una settimana. Troppo?
«Con i funerali questo mercoledì, in fondo, è stata più un'esigenza di praticità. La formula con cui è stata annunciata la decisione però è inaccettabile, perché si è resa ancora più solenne la giornata di lutto».
Andrà ai funerali?
«No, non credo».
Berlusconi era un nemico o un avversario?
«Un avversario. Il concetto di nemico non mi appartiene, non ho nemici. Però ho degli avversari, quelli sì».
Un avversario con cui ha avuto un rapporto piuttosto burrascoso. A volte insultante, come quando la definì "più bella che intelligente".
«E io gli risposi: "Sono una donna che non è a sua disposizione". Ci tenevo ad affermare la mia femminilità e in quello scambio fu chiaro l'abisso che ci separava, anche nella concezione della donna, con cui lui non interloquiva nel merito, ma solo ricorrendo a battute poco eleganti.
Non si è mai scusato e forse non le avrei nemmeno accettate le sue scuse. Sono questioni di sostanza. Le parole usate nei confronti di Angela Merkel non sono state più gentili di quelle usate con me. Irripetibili».
Anche il contesto di quell'insulto non aiutò: in televisione, a Porta a porta.
«Fu la cosa più grave. Era una puntata registrata, non eravamo in diretta, e Vespa non mi preannunciò la chiamata di Berlusconi, nonostante fosse stata evidentemente concordata. Berlusconi attaccò la Corte costituzionale e il presidente Napolitano, che avevano bocciato il lodo Alfano. Io gli risposi che non si poteva permettere di attaccare la Corte e il Capo dello stato per una decisione che non condivideva. Così, mi attaccò in quel modo. E qui c'è l'altro lato del berlusconismo, la mancanza di senso dello Stato e delle istituzioni e del rispetto della divisione dei poteri».
silvio berlusconi forza italia
Crede che ci sia una beatificazione inopportuna in questi giorni?
«Di più: una santificazione. È comprensibile da parte delle reti Fininvest, capisco meno la santificazione che vedo da parte della Rai, ma questa è l'ennesima prova che il conflitto di interessi non è mai stato risolto. Non a caso le ultime leggi sul servizio pubblico portano il nome di Maurizio Gasparri e di Matteo Renzi».
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