Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
«L'obiettivo è il governo di centrodestra. Ma se all' indomani del voto non dovessimo avere la maggioranza, io non chiamerei mai Gentiloni, Renzi e Alfano. Dei governissimi gli italiani sono stanchi, hanno prodotto disastri. Piuttosto alzerei il telefono e chiamerei Beppe Grillo».
Matteo Salvini sbarca in Sicilia, unico tra i leader a piantarsi sull' isola per una settimana per batterla in lungo e in largo in sostegno della candidatura di Nello Musumeci. Una sfida senza quartiere e - sembra - al fotofinish proprio col grillino Cancelleri. Il leader leghista e quello del M5S sono distanti pochi isolati, in serata, a Palermo. L' hotel ai piedi di Monte Pellegrino in cui Salvini tiene il primo comizio è lo stesso in cui alloggia Alessandro Dibattista, anche lui campagna per le strade della città (ma non si incontreranno), la sala è gremita.
GRILLO SALVINI RENZI BERLUSCONI
Sui manifesti niente più Nord, campeggia il logo "Salvini premier". Giacca e camicia bianca su jeans per il capo del Carroccio che, in un salotto di Rai Sicilia, dopo l' ennesima uscita tv, si ferma a raccontare l' inizio di questa lunga campagna che parte da qui per portarlo appunto alla candidatura a premier che, a sentire lui, è ormai nei fatti.
Beppe Grillo l'ha appena attaccata dalla piazza vicina definendola un "poveraccio" venuto a prendere i voti al Sud.
«Ecco, vedete? Lui mi da del poveraccio, mentre io gli tendo la mano. Mi accusa di essere venuto qui a prendere voti, sai che scoperta, è proprio quello che sono venuto a fare. Come lui, del resto».
È una sfida tra voi e lui, tra centrodestra e Movimento, in Sicilia come a Roma?
"È una sfida a due, sfida tra due modi diversi di vedere il futuro. La differenza è che siamo noi la novità. Quelli che propongono gente nuova, trasparente e soprattutto capace. Loro invitano i siciliani e gli italiani a sperimentare, ma con loro si andrebbe a sbattere, i romani ne sanno qualcosa. Tra dimissionati, indagati, giubilati hanno dimostrato di non valere nulla. Noi abbiamo dimostrato in vent' anni come sappiamo amministrare».
Nonostante questo sostiene che un asse lo costruirebbe proprio con Grillo.
«Sia chiaro, io lavoro per costruire una maggioranza di centrodestra. Ma se all'indomani del voto non ci fossero i numeri, allora non mi rivolgerei certo ai vari Gentiloni, Renzi, Alfano. Mai un governo con loro, non so come ripeterlo».
Col Movimento invece sì?
«Se fossi costretto a chiamare qualcuno, chiamerei lui».
Già si immagina il braccio di ferro per il ticket, tra lei e Di Maio? Chi fa il premier, chi il vice?
«Per carità. Lasciamo perdere, meglio non pensarci (sorride, ndr)».
Ha saputo che qui c'è un problema lista pulite e impresentabili nel vostro centrodestra?
«Non nelle nostre liste, quelle di "Noi con Salvini". Posso dire solo che qui per tutta la settimana ho deciso di incontrare solo Nello Musumeci, nessun altro. Abbiamo chiuso le porte a tanti che si erano offerti per le nostre liste. Altri si sono comportati diversamente».
BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA
Si riferisce a Forza Italia, che ha candidato tra gli altri Genovese junior, figlio dell'ex deputato arrestato e sotto processo?
«Ecco, per esempio, lui non lo avrei mai messo in lista. Ne avrei fatto volentieri a meno. Come altri personaggi del resto. Ma come si fa...»?
Ha visto che il governo insiste sullo ius soli?
«Vogliono coprirsi a sinistra, ma è pura follia, una roba che non interessa gli italiani. E nemmeno agli stranieri. Qualcuno propone il referendum abrogativo. Ma noi la legge dobbiamo fermarla prima. E ci riusciremo. Quella roba non deve uscire dal Parlamento. Se vanno avanti, piantiamo tende e sacchi a pelo dentro e fuori il Senato. Li avverto: passeranno il Capodanno in aula. Li convinceremo a cambiare idea con ogni mezzo. Legale, non violento, come sempre».
Ha fatto una marcia indietro sull'uscita dall' Euro?
«Macché. Dico solo che non può essere solo l'Italia a tirarsi indietro, a uscire unilateralmente, non possiamo restare soli in questa battaglia. Però resto convinto che l'avventura dell'Euro volga al termine. E dunque lavoreremo per un' uscita di sicurezza, concordata con gli altri».
Che idea si è fatto del caos a di Barcellona?
«È una sconfitta per tutti. Le forzature non portano a nulla di buono. In Lombardia e Veneto, dopo il referendum, Zaia e Maroni stanno trattando da pari a pari con lo Stato, ma sempre entro i limiti della legge e della Costituzione».