Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
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Un'accusa di «violenze psicologiche» sulle donne e il leader dei Verdi è costretto a dimettersi. A metterlo nell'angolo è proprio una compagna, anzi una rivale, di partito, che alcuni già definiscono nuova Robespierre, priva di ghigliottina ma abile a maneggiare i media.
Julien Bayou, 42 anni, è deputato di Parigi e fino a due giorni fa era anche il segretario nazionale dei Verdi francesi. Ha preso la guida del partito dopo una lunga militanza nelle ong ambientaliste, in difesa dei precari e contro le diseguaglianze. Un tratto contestatario forse ereditato dalla madre, persa a 5 anni, che da ragazza a Nizza aiutava gli indipendentisti algerini.
Sandrine Rousseau, 50 anni, anche lei deputata ecologista di Parigi, è la personalità emergente della politica francese. Economista ed ex vice-presidente dell'università di Lille, interpreta l'impegno ambientalista come indissolubile da quello femminista: secondo lei viviamo nell'«androcene», l'era del capitalismo sfrenato, del riscaldamento climatico e del patriarcato, mali intrecciati.
Julien Bayou è stato costretto a dimettersi da leader dei Verdi dopo che Sandrine Rousseau lo ha definito in diretta tv «responsabile di fatti tali da rovinare la salute mentale delle donne», evocando il tentato suicidio della sua ex compagna dopo una separazione difficile. Lontano dalle telecamere Rousseau ha poi precisato al conduttore della trasmissione che «non c'è niente di penale», ma ormai la macchina si era messa in moto.
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L'ormai ex leader ecologista ha annunciato le dimissioni per potersi «difendere meglio», e la sua vicenda ha preso proporzioni notevoli perché racchiude molte delle questioni che agitano la società non solo francese, dal movimento MeToo in poi.
«Sono accusato di fatti che ignoro - dice Bayou - che le mie accusatrici definiscono privi di rilevanza penale, e comunque non posso difendermi perché non riesco a essere ascoltato». La donna che si dice vittima delle «manipolazioni» e delle «violenze psicologiche» di Bayou non ha presentato denuncia alla polizia ma ha mandato un'email alla «cellula interna» del partito che si occupa dei comportamenti lesivi della parità uomo-donna. Una sorta di tribunale parallelo che esiste anche nella France Insoumise, il partito alleato nella coalizione di sinistra Nupes.
Da un lato queste «cellule» esistono per incitare gli aderenti a comportamenti irreprensibili, dall'altro possono tornare utili per evitare che certe vicende diventino di dominio pubblico rovinando l'immagine del partito. A meno che qualcuno, in questo caso Sandrine Rousseau, si incarichi di svelare in tv un procedimento in corso.
Bayou sostiene di avere chiesto per ben quattro volte alla cellula del partito di essere ascoltato, in modo che la sua versione venisse messa a confronto con quella della sua ex compagna, ma non gli è mai stata concessa udienza, La legale Marie Dosé, molto nota a sinistra, sostiene che è stato il suo assistito a essere vittima di pressioni, ricatti morali, e di messaggi molto pesanti da parte dell'ex compagna.
Per esempio «la tua caduta sarà dolorosa», «ti metterò in condizione di non danneggiare nessun'altra», e «tua madre vomita su di te, ovunque si trovi adesso». Sandrine Rousseau avrebbe approfittato della debolezza di una donna in difficoltà per eliminare il rivale in vista del congresso di dicembre. Già durante le primarie, Rousseau era stata accusata di strumentalizzare la lotta femminista a fini personali, quando aveva montato un caso contro il rivale Eric Piolle che l'avrebbe «spintonata» con maschile prepotenza (Piolle disse che nella folla aveva indietreggiato e non si era neanche accorto di averla scontrata).
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Bayou si dichiara vittima di una caccia all'uomo nella quale la nozione generica di «violenza psicologica» basta per rovinare una persona. Alcune femministe, come l'altra ecologista Raphaëlle Rémy-Leleu, denunciano la tendenza maschile a «imporre il proprio racconto», e a far passare per squilibrate le donne che osano denunciare maltrattamenti, fisici o psicologici che siano. Difficile districarsi, soprattutto se la giustizia non è chiamata ad accertare i fatti.
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