Liana Milella per “la Repubblica”
Ferie delle toghe. Tagliate da 45 a 30 giorni. Un punto forte del governo Renzi. Ma il decreto legge che le ha ridotte conterrebbe un baco. Le ferie resterebbero 45 per i magistrati «che esercitano funzioni giudiziarie », mentre sarebbe 30 per gli altri, toghe nei ministeri comprese. Su questo, da 24 ore, impazza una querelle nelle mailing list dei giudici. Se n’è parlato a Roma, durante l’assemblea dell’Anm a piazza Cavour.
Via via sempre più convinti che i tecnici, tra palazzo Chigi e via Arenula, abbiano preso, volontariamente o per sbaglio, una bella topica, che potrebbe risolversi in centinaia di ricorsi davanti ai Tar. A teorizzare quella che considera «una lettura obbligata » è Claudio Castelli, presidente aggiunto dei gip di Milano, nota toga di Md, ma soprattutto per anni all’Organizzazione giudiziaria del ministero. Per struttura mentale, un tecnico puro.
Ha detto ieri il Guardasigilli Andrea Orlando nel suo primo incontro col Csm: «Quello delle ferie è un punto che ha assunto rilevanza più per l’enfasi che c’è stata che per la sostanza sua propria». Detta così, è sembrata la conferma che il taglio, non riguardando tutti i giudici italiani, ma solo la parte non operativa, non può avere l’impatto devastante che le toghe stesse gli imputano. Il giallo ci sta tutto — come stiamo per vedere dalla lettura puntuale dei testi — anche se lo staff tecnico del Guardasigilli smentisce l’interpretazione minimalista e dice: «Forse la legge è scritta male, ma la sua interpretazione è univoca. La riduzione delle ferie vale per tutti ».
Vero? Falso? Vediamo un po’. Partendo dalle parole, scritte nella mailing list da Castelli prim’ancora che il decreto sul civile e le ferie fosse approvato la settimana scorsa: «Ho studiato il caso, e non ho dubbi. Nel decreto c’è un articolo 8bis, che non abroga l’articolo 8 in vigore. Se il legislatore mette un 8bis e non cancella l’articolo precedente può voler dire solo una cosa, che l’articolo in vigore non viene cancellato, quindi è ancora operativo». Proprio questo è accaduto. Ecco il testo dell’articolo 8bis del decreto: «I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e i procuratori dello Stato, hanno un periodo annuale di 30 giorni di ferie». Si badi, lì è scritto «magistrati ordinari».
Ma cosa recita l’articolo 8 che è rimasto al suo posto? «I magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di 45 giorni».
La lettura che ne consegue, e che Castelli, ma anche altri magistrati sposano, è che i magistrati in piena attività, quelli che lavorano nei palazzo di giustizia continueranno ad avere 45 giorni di ferie, mentre gli altri, tutti quelli distaccati, ne avranno solo 30. Claudio Castelli non ha dubbi, tant’è che domenica ne ha parlato davanti ai colleghi riuniti per l’assemblea dell’Anm suscitando, nel palazzaccio di piazza Cavour, più di un assenso. Ora ne parlano tutti.
TRIBUNALE LA LEGGE E UGUALE PER TUTTI
Ma lo stretto collaboratore di Orlando in via Arenula nega che un simile interpretazione sia fondata, parla di «grossa bufala del tutto priva di fondamento». L’alto magistrato cita anche un fatto specifico per “smontare” la tesi di Castelli, e cioè che già adesso i magistrati in servizio presso i ministeri hanno 30 giorni di ferie perché sono equiparati ai dipendenti pubblici, quindi non avrebbe avuto alcun senso fare una legge per fissare un tetto che già esiste.
TRIBUNALE LEGGE UGUALE PER TUTTI
Causidicamente però, l’interpretazione divergente esiste, anche se viene smentita con l’esplicita ammissione che «al massimo la legge è scritta male, ma l’obiettivo è chiaro, 30 giorni per tutti». Il vero rischio è che adesso si apra una dura partita al Csm che dovrà applicare la legge. Il Consiglio, dove il vice presidente Giovanni Legnini garantisce al ministro Orlando la massima collaborazione, dovrà “interpretare” la legge, renderla facilmente applicabile. Dice Castelli, che è stato anche al Csm: «L’ufficio studi del Consiglio potrà fornire una fine interpretazione della legge, vedremo chi ha ragione». Ma il rischio è che si apra una stagione senza fine di ricorsi davanti alla giustizia amministrativa dalla quale il governo Renzi potrebbe uscire dando l’impressione di essersi riaggomitolato su se stesso.