Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”
[…] La verità è che dietro alle notizie sinora emerse sulla sòla presa dalla giunta presieduta dall’ex governatore Nicola Zingaretti ci sono retroscena per cui non basterebbe un libro. Un racconto costellato di […] finti avvocati, oscuri imprenditori russi e persino presunti mafiosi kosovari.
[…] La trama si svolge tra Roma, Castelfranco veneto (Treviso) e Praga. Anche se, come vedremo, l’epicentro di tutto è in Toscana.
[...] nel marzo 2020, in piena pandemia, la Regione Lazio per l’approvvigionamento di mascherine, si affida alla Ecotech Srl, una società che opera nel settore delle lampadine e che non ha esperienza nel campo dei dispositivi medici.
A guidarla è il bellunese Sergio Mondin, il quale assicura a Zingaretti & C. di essere in grado di recuperare milioni di protezioni facciali e per questo ottiene, unico in Italia a livello regionale, un acconto da 14,68 milioni di euro per una fornitura «fantasma» da 9,5 milioni di dpi.
A oggi ne sono stati consegnati solo 2 milioni di tipo chirurgico e mancano all’appello quasi 11,8 milioni di euro.
[…] Mondin garantisce di essere in grado di portare le mascherine a Roma nel giro di pochi giorni […] e per questo si rivolge alla cinquantasettenne padovana Stefania Cazzaro, una designer all’epoca coinvolta in un procedimento penale per bancarotta, e invia 4,7 milioni di euro alla Giosar, ditta inglese della donna.
Quest’ultima e un suo collaboratore sono adesso accusati dalla Procura della Capitale di aver riciclato gran parte di quei soldi, 3,7 milioni di euro. Noi abbiamo incontrato la signora Cazzaro a Castelfranco […].
La signora, look da creativa, ha giurato di essere stata ingannata a sua volta e di non conoscere nemmeno la vera identità delle persone che avrebbero dovuto aiutarla nella missione e a cui ha inviato i bonifici contestati dai magistrati. «Mondin è arrivato a me tramite una persona che collabora con una nota banca e che era stato cercato da un advisor…» ci spiega la donna.
La quale, a questo punto, si sarebbe rivolta a una broker di Varese, F.Z., che la avrebbe messa in contatto con un presunto avvocato, Ennio D’Andrea, e questi, a sua volta, avrebbe fatto da «intermediario» con un imprenditore originario di Prato di stanza a Praga, un certo Antonio Ferrante, la persona che, a detta del legale, avrebbe avuto la disponibilità dei dispositivi di protezione.
Una catena di Sant’Antonio che ha fallito miseramente la missione. Infatti, la Cazzaro ha inviato quasi subito 1,545 milioni di euro di anticipo alla Noleggio car Sro di Ferrante, ma dalla Repubblica ceca non è arrivata neppure una mascherina.
[...]
Dopo alcuni giorni di febbrili ricerche ci convinciamo che l’avvocato D’Andrea e l’imprenditore Ferrante non esistano. La Cazzaro ribadisce di non aver mai conosciuto Ferrante di persona, mentre D’Andrea le avrebbe raccontato di avere origini napoletane e di essere figlio di un console.
L’unica garanzia […] è un elenco di 79 auto che farebbero parte del parco macchine della Noleggio car. [...]
La Cazzaro ci mostra i messaggi scambiati con D’Andrea e con Ferrante. Nelle lunghissime chat il signor Antonio annuncia in più occasioni svolte che non arrivano. Prima per la consegna della merce, poi per la restituzione degli anticipi.
«Buongiorno Stefania, la guerra tra Russia e Ucraina ha messo in seria difficoltà Vladimir» si legge in una comunicazione. «Le banche ucraine non autorizzano nessuna transazione. […] Speriamo che intervenga la Nato così la crisi finirà presto».
Vladimir è il fornitore russo che avrebbe dovuto procurare le mascherine, Svetlana la sua segretaria. Ferrante nomina anche un presunto mafioso, Faton o Fatim, a cui si sarebbe rivolto per ottenere un prestito e completare l’acquisto. «Intanto Vladimir ha restituito a Fatim» scrive Ferrante a un certo punto. Ma i soldi della Ecotech, quelli restano all’estero.
D’Andrea dà ulteriori dettagli sulle difficoltà incontrate dal suo «principale» e invia l’immagine di un uomo di mezza età in due diversi momenti, in una è circondato da uomini armati: «La persona che gli ha dato i soldi (a Ferrante, ndr) si chiama Faton Gashi. Quello con gli occhiali nella foto. Sono delle persone molto pericolose che hanno in mano tutta Praga e parte di Bratislava. Sono kosovari. [...] È un intoccabile. Operano anche in Italia, questo è il problema e bisogna pagarli, cascasse il cielo».
Il senso del messaggio è chiaro: il denaro va consegnato in fretta per evitare ritorsioni su Antonio.
Ma le foto inviate da D’Andrea non raffigurano un bandito kosovaro: una, risalente al 2005, immortala «il quarantaseienne croato Faton Gaši, considerato uno dei massimi boss della narcomafia europea», arrestato in Repubblica ceca, l’altra ritrae un uomo molto somigliante al primo, questa volta un attore di teatro praghese, Zleva Pavel Hromádka.
Nella chat D’Andrea si fa prendere la mano paventando un possibile «scontro con i kosovari».
[…] L’unico elemento che abbiamo in mano che ancora non è stato polverizzato dalle verifiche è l’origine pratese di Ferrante. Ma la Cazzaro sul suo conto non sa molto di più. […]
alessio d'amato nicola zingaretti
Noi abbiamo assistito a una telefonata fa tra la Cazzaro e D’Andrea […]. A quasi tre anni dalla richiesta delle mascherine, D’Andrea ricorda alla Cazzaro che a Londra sono disponibili intere scorte di Ffp3: «Non possiamo mandare quelle e far finta che siano dell’altra posizione?» chiede.
La Cazzaro inorridisce [...] e ripete di volere il denaro indietro. D’Andrea insiste, definendo i dispositivi «certificatissimi»: «Ma perché no, Stefania? Ma tu hai visto che stanno aumentando i contagi di Covid?» azzarda, «andresti anche a risparmiare… [...]».
La Cazzaro ricorda all’interlocutore che c’è un procedimento penale in corso e che non c’è da scherzare. Ennio non si arrende: «Metti caso che noi ce le prendiamo e tu dici “guardate che sono ancora là…”». La donna sbotta: «Dopo tutto quello che è successo io non dico mica una cosa del genere… non posso dirlo… Antonio deve uscire allo scoperto. Abbiamo bisogno che venga e parli».
la noleggio car di stefania cazzaro
D’Andrea assicura che «è ancora a Praga al 100 per cento» e prova a giustificare la mancata restituzione dei soldi: «Secondo me Antonio per sistemare le cose con quegli altri zingari, a Praga, qualcosa gli ha dovuto dare a questi. Io aspettavo che pagasse il debito, poi è successa la guerra…». […]
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[…] La nebbia avvolge ogni cosa e i protagonisti, a parte la Cazzaro e Mondin, sono tutti fantasmi. Ad aiutarci a trovare il bandolo della matassa è il decreto di perquisizione eseguito dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma nell’ottobre scorso. […]
Nell’atto giudiziario sono indicate le direzioni prese dai soldi della Regione. Appuriamo che la pista campana regge dal momento che 67.000 euro sono finiti in Italia sul conto del ventisettenne Giuseppe Rendina, originario di Pompei, uno dei due amministratori di fatto (sono entrambi indagati per riciclaggio) delegati a operare sui conti della Noleggio car.
Ma troviamo un’informazione ancora più importante ed è quella che porta all’altro amministratore di fatto, il cinquantaduenne Donato Ferrara. È originario di Nocera inferiore e con una carta a lui intestata sono stati effettuati prelievi per 8.000 euro a Prato, due località, una in Campania e una in Toscana, che ci riportano ad Antonio Ferrante.
Nel decreto si fa riferimento anche a un certo Arsenio Ippolito, quarantenne nativo di Polla, paesino in provincia di Salerno, e residente nella vicina Teggiano, in un’anonima casetta persa tra i vicoli. Sotto l’abitazione è parcheggiata una Audi con targa bulgara. Facendo un po’ di ricerche su di lui abbiamo scoperto che è amministratore e intestatario di una «micro company» londinese, la Giadastar, con zero dipendenti, ma un giro di affari dichiarato di circa 334.000 sterline al 28 febbraio 2022.
[…] L’uomo ha diverse segnalazioni di polizia, non particolarmente significative, per reati che vanno dalle lesioni personali alla truffa (per una vendita su Ebay) alla guida di auto priva di assicurazione o con targa contraffatta.
Abbiamo trovato una sua foto su Facebook e la abbiamo mostrata alla Cazzaro. E lei ha esclamato: «Ma questo è l’avvocato D’Andrea!». Abbiamo così capito di essere sulla strada giusta. Allora abbiamo telefonato al finto professionista (che aveva creato anche un indirizzo mail in cui si fregiava del titolo di «avv»), ma D’Andrea-Ippolito non si è scomposto e ha continuato a recitare la parte businessman affermato: «Vuole il nome della mia società di Dubai? Di quella a Londra? Vuole copia del mio documento britannico? Secondo me la stanno mal informando sul mio conto».
Poi ha estratto il tariffario per un’intervista: «Diecimila euro con fattura ovviamente. Purtroppo il mio tempo è valorizzato minuto per minuto. Il paese dove abito anche questi tre minuti che le sto dedicando si pagano». Testo e sintassi sono quelli del messaggio originale. Ma quando la Cazzaro lo ha contattato sul cellulare ha smesso gli abiti del professionista in carriera: «Non posso più stare a Milano perché c’è un costo molto elevato e io non ho tutti questi soldi da poter spendere qua».
[…] Quando abbiamo chiamato l’amministratore legale della Noleggio car, il quarantaseienne Giovanni Franzese (indagato e pratese, pure lui), questi ci ha risposto: «Antonio? Non lo conosco. Se vuole informazioni, cerchi Donato Ferrara, anche se non so che cosa faccia esattamente nella Noleggio car». […] Facendo una veloce ricerca su Internet scopriamo che un omonimo del nostro Ferrara era citato in un articolo della Stampa del 2010 in cui si parlava di un truffatore di stanza a Prato: «Aveva due identità. Ricercato con quella falsa» si leggeva nel titolo.
[…] I precedenti penali dell’uomo sono moltissimi: negli anni ‘90 è stato arrestato per furto d’auto, poi è stato indagato per associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa, uso e emissione di fatture per operazioni inesistenti, sostituzione di persona e attestazione di false generalità, appropriazione indebita, contraffazione di sigilli, distruzione di documenti, applicazione di targhe false su auto rubate, falso ideologico, tentata estorsione.
Nel 2010 è stato nuovamente arrestato, scarcerato dopo un anno e sottoposto all’obbligo di dimora. Nel 2016 è passata in giudicato una condanna per bancarotta. E, successivamente, ha ricevuto due ordini di carcerazione per ricettazione, l’ultimo nel 2019.
Di fronte a un simile cv decidiamo di metterci sulle tracce di Donato Ferrara, «dichiarato irreperibile dal Comune di Prato nel 2020», come si legge nel decreto. In realtà non si è mai spostato e noi lo abbiamo scovato proprio lì. […] Di fronte alla visita a sorpresa del cronista, mostra un certo savoir faire. Ha il fisico asciutto, capelli rasati, un filo di barba e indossa una camicia azzurra a pois. Ammette subito di essere lui il quasi inafferrabile Antonio Ferrante.
«Lei fa il suo e non le dico nulla finché c’è il rispetto reciproco» ci avverte. «C’è un avvocato, c’è un’indagine in corso. Parli con il mio legale». Poi passa al contrattacco: «La Giosar non ha saldato il conto. La Cazzaro ha nascosto i soldi…». Di più non dice. Salvo contattarci telefonicamente più tardi: «Le volevo chiedere una cortesia: di non divulgare il mio indirizzo perché ho avuto delle minacce da parte della Stefania che ha soci calabresi appartenenti alla ‘ndrangheta e in più mi ha mandato a cercare da uno slavo a Praga e questo mi ha cercato tante volte e mi ha minacciato… il nome glielo faccio avere… non ho mai denunciato e non intendo denunciare, ma la Finanza le minacce le troverà sul mio cellulare. Io sono una persona molto tranquilla».
Perché Ferrara e Ippolito hanno usato nom de plume ce lo spiega lo stesso «Antonio»: «Ennio mi chiama Totò come io chiamo lui “prof”. Quando lui mi ha chiesto di parlare con la Cazzaro era già venuto fuori il discorso di questi calabresi per cui dissi a Ennio: “Siccome la signora non conosce il mio vero nome e cognome continuiamo così, visto che io non voglio avere a che fare con le persone da lei nominate, con gente di quella categoria…”. E allora sono rimasto “Antonio”».
[…] La Cazzaro, che più che della malavitosa ha il phisique du role della zia specializzata nelle torte di mele, sotterra le accuse di Ferrante sotto una risata: «La verità è che io, come risulta dalle carte con gli ‘ndranghetisti calabresi non ho nulla a che vedere e quanto allo slavo, si tratta di un professionista croato, C.J., che si occupa di finanza e non di recupero crediti che ho mandato a Praga per capire che cosa ci fosse dietro a questa storia. Io volevo solo avere indietro i soldi della Ecotech, ma abbiamo verificato che all’indirizzo di Praga, indicato da Ferrante, erano domiciliate molte altre società».
nicola zingaretti alessio d'amato
Parrebbe di capire che il quartiere generale della Noleggio car fosse uno di quegli uffici che fungono da domicilio per aziende senza una vera struttura. E la lista di auto che la Cazzaro a un certo punto ha ricevuto come garanzia? «Il documento con tutti i timbri me l’ha inviato il sedicente avvocato D’Andrea, ma visto quello che avete scoperto non mi fido più di nulla, neanche di quella carta, su cui farò fare le dovute verifiche».
Ricerche che oggi potrebbero essere fuori tempo massimo e che in Lazio nessuno ha ritenuto di dover fare prima di gettare nel bidone dell’immondizia quasi 15 milioni di euro di denari pubblici. Uno spreco per cui la Corte dei conti ha contestato a Zingaretti un danno erariale da circa 11,7 milioni di euro. […]