Estratto dell’articolo di Emanuele Lauria per www.repubblica.it
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
Si apre una crepa, vistosa, nel fronte del no al Mes. Forza Italia, pur riservando critiche al meccanismo di governance di quello che un tempo era chiamato fondo salva-Stati, fa capire di essere pronta a votare una ratifica.
L’Italia, dopo il sì della Germania che aveva subordinato la sua adesione a una sentenza (favorevole) della Corte costituzionale, è l’unico Paese a non avere ancora dato il via libera a uno strumento che, a livello europeo, era stato negoziato dal governo Conte I e approvata dal Conte II.
«Il Mes deve essere un regolamento sui conti, non un regolamento dei conti», dice il vicepresidente della Camera di Forza Italia Giorgio Mulé, che non nega che bisogna chiedere una revisione delle norme, specie quelle sul sistema di gestione del Mes: «Il direttore non può avere potere di vita e di morte».
Ma dà quasi per scontato il risultato finale: «Interessa a noi come a tutta l’Europa avere questo strumento». E si dice favorevole un dibattito parlamentare: «Non serve un braccio di ferro, ma un normale confronto che porti a una sintesi».
SALVINI BERLUSCONI MELONI MEME NATALIZIO
D’altronde, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che di Fi è il vicepresidente, in un’intervista al Sole 24 Ore afferma che «troveremo il modo per far sì che chi lo voglia utilizzare possa farlo». Tajani sostiene che «lo strumento dovrebbe essere sotto il controllo del Parlamento europeo. La mia — dice — è una critica europeista».
[…] La parola d’ordine, sinora, è stata prendere tempo. Demandare una decisione finale al Parlamento. Ma più passano i giorni, più si rafforza la possibilità che alla fine i “falchi” contrari al Mes si arrendano. Un ministro di Fratelli d’Italia, in prima fila alla festa per i dieci anni del partito, lo dice in via riservata: «Ci sarà un sacrosanto dibattito ma poi si accenderà il semaforo verde».
ursula von der leyen giorgia meloni al consiglio europeo
Il punto è: a quali condizioni? Il governo vorrebbe che il Meccanismo europeo di stabilità si trasformasse da strumento per la protezione dalle crisi del debito sovrano e delle crisi bancarie in un fondo per il finanziamento degli investimenti e per il sostegno contro la difficile congiuntura internazionale (leggi aumento dei costi dell’energetica e guerra in Ucraina).
Ma qualsiasi “raccomandazione” che dovesse accompagnare un eventuale sì alla ratifica del trattato dovrebbe essere condivisa a livello europeo: bisognerebbe, in sostanza, mettere mano nuovamente al testo della riforma già approvato da 18 Paesi. Ciò richiederebbe tempi certamente molto lunghi e un esito incerto. E poi: su questo fronte su quali alleati conterebbe l’Italia? Avrebbe la forza di aprire un altro negoziato oltre quello già annunciato sul Pnrr?
Secondo scenario: una risoluzione in cui si affermi che l’Italia in ogni caso non farà mai ricorso al meccanismo di assistenza finanziaria. Ma anche in questo caso la maggioranza non è concorde: Forza Italia non si è mai posta in senso contrario all’utilizzo del Mes.
Terzo scenario: un via libera accompagnato da una trattativa con l’Ue sulla revisione del patto di stabilità. Ma ogni ipotesi conduce a una conclusione: dopo le vacanze natalizie, e sotto il pressing dell’opposizione (il Terzo polo ha già annunciato la presentazione di un ddl di ratifica), il governo è destinato a rivedere il suo ostinato rifiuto.
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