Niccolò Carratelli per "La Stampa"
CAMERE IN SEDUTA COMUNE PER L ELEZIONE DEL PRESIDENTE
Oggi la scelta del Trentino-Alto Adige, domani la Toscana e l'Emilia-Romagna. Poi il quadro dei 58 delegati regionali per l'elezione del presidente della Repubblica sarà completo. Ogni Regione ne esprime 3 (tranne la Valle d'Aosta, che ne indica uno solo), di solito due di maggioranza e uno di opposizione.
Sappiamo che saranno di più quelli in quota centrodestra, che governa la maggior parte delle Regioni e può già contare su 29 tra presidenti e consiglieri: salvo sorprese, ne incasserà altri 3 con le elezioni nelle ultime tre Regioni.
Nel dettaglio, 11 sono della Lega, 9 di Forza Italia, 5 di Fratelli d'Italia e altri 4 delle forze politiche più piccole dello schieramento (dall'Udc a Coraggio Italia). Dall'altra parte, il Partito democratico la fa da padrone, con 15 grandi elettori, più altri 4 o 5 che arriveranno da Toscana, Emilia-Romagna e Trentino.
Il Movimento 5 stelle, partito di maggioranza relativa in Parlamento, ne esprime solo 4, eletti in Abruzzo, Molise, Sicilia e Lombardia, dove si è consumato l'episodio più clamoroso: l'elezione, in quota opposizione, di Dario Violi, che ha raccolto diversi voti dal centrodestra, più del capogruppo Pd in consiglio regionale Fabio Pizzul, dato per favorito e rimasto fuori.
Per allontanare i sospetti di accordi sottobanco, Violi si è affrettato a precisare che in nessun caso voterà per Silvio Berlusconi: «La mia storia politica e anche personale sta da un'altra parte - conferma a La Stampa - non sono compatibile con il centrodestra e anche i colleghi che in consiglio mi hanno dato il loro voto sanno che ipotesi di accordi non ce ne sono».
Gianfranco Micciche Grande Sud
Assicura che il suo orientamento per il Quirinale «dipenderà da cosa decideremo con Conte e i parlamentari 5 stelle, io rispondo alla mia forza politica e non guardo altrove».
I voti sulla carta
In teoria, è un discorso che vale per tutti i delegati eletti sotto le insegne dei grandi partiti, tanto che i loro voti vengono automaticamente conteggiati nello schieramento di appartenenza. Al momento di entrare nell'aula di Montecitorio, saranno 32 quelli in quota centrodestra e 24 quelli targati centrosinistra, più un rappresentante del partito sudtirolese (che dovrebbe votare con il centrodestra) e il presidente della Valle D'Aosta Erik Lavévaz (Union Valdôtaine, ma eletto anche con il sostegno del Pd).
I voti di questi ultimi sono considerati più "variabili", come quelli dei due esponenti dell'Udc, Dino Latini e Salvatore Micone, presidenti dei consigli regionali rispettivamente nelle Marche e in Molise. «Il voto è segreto e nessuno è obbligato, ma facciamo tutti o quasi parte di uno schieramento», dice Gianfranco Micciché, numero di uno di Forza Italia in Sicilia, presidente dell'assemblea regionale, che si appresta a partecipare alla sua quinta elezione per un presidente della Repubblica.
Difficile muoversi in autonomia, «potremmo avere un minimo di peso in più solo se ci fosse una Conferenza delle Regioni così forte da proporre il nome di un candidato presidente e sostenerlo», spiega a La Stampa.
Sulla sua preferenza personale, invece, non ha dubbi: «Non solo voterò Berlusconi, ma appena arrivo a Roma farò il possibile per convincere altri a votarlo, dentro e fuori dal centrodestra - avverte - trovo pessimo l'atteggiamento di chi mette veti sul suo nome». Al di là della fedeltà indiscussa all'ex premier, Micciché è considerato un po' un battitore libero, di quelli difficili da imbrigliare in rigidi schemi di partito o di coalizione.
Se la candidatura dell'ex Cavaliere finisse su un binario morto, «valuteremo il da farsi», conclude.
Gli imprevedibili
Analoga libertà di movimento si può attribuire al presidente della Sicilia, Nello Musumeci, infuriato per essere stato eletto come terza scelta dai suoi colleghi, vittima di "fuoco amico" durante la votazione dei delegati, al punto da minacciare le dimissioni. O al presidente della Liguria, Giovanni Toti, unico delegato regionale di Coraggio Italia, che ha già esternato il suo pessimismo rispetto alla fattibilità della scalata di Berlusconi verso il Quirinale: «Non può esporsi a una brutta figura».
michele emiliano by edoardo baraldi
D'altra parte, anche nel centrosinistra ci sono figure non semplici da incasellare, come il presidente della Puglia, Michele Emiliano, sempre pronto a rivendicare un maggior peso delle Regioni, o quello della Campania, Vincenzo De Luca, abituato a dire la sua in contrapposizione con i vertici del Partito democratico.
Tra l'altro i De Luca, padre e figlio (Piero, deputato del Pd), sono al centro di una polemica perché saranno entrambi grandi elettori del prossimo capo dello Stato, con diversi costituzionalisti che denunciano l'anomalia di questo doppio voto in famiglia.
vincenzo e piero de luca vincenzo de luca figlio dario violi vincenzo de luca