Estratto da https://www.editorialedomani.it
Sembra passato un secolo da quando Carlo Calenda invocava un «fronte repubblicano» contro la montante marea della destra radicale, e invece era solo il 2017. Sembrano passati altrettanti anni da quando l’ex ministro diceva che un governo Meloni ci avrebbe portato «verso una situazione venezuelana», e invece era solo lo scorso settembre.
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L’ultimo segnale di come la strategia dichiarata da Calenda ha prodotto un risultato ben diverso da quello auspicato è un sondaggio pubblicato questa settimana da Youtrend. Il 50 per cento degli elettori di Azione/Iv apprezza il governo Meloni contro il 45 per cento che ne ha un’opinione negativa. Fuori dalla coalizione di centrodestra, l’elettorato calendiano è quello che del governo di destra ha l’opinione più lusinghiera.
Anche se Azione resta per il momento un partito essenzialmente personale, questo sbandamento non è attribuibile semplicemente alle parole del leader. Calenda continua ad essere ambiguo su Meloni e il suo esecutivo. «Mi troverò a fianco del governo sulle cose che ritengo giuste», ha detto subito dopo le elezioni, per poi descriverlo come «squadra modestissima». Calenda sente «il fascino della storia di Giorgia Meloni», ma la rimbrotta perché «credevo fosse più pronta». La incontra a Palazzo Chigi e invita la riottosa Forza Italia ad aiutare Meloni «invece di sabotarla», per poi parlare di «ombre non democratiche» e addirittura di «nazionalismo semifascista».
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Calenda voleva creare una grande coalizione progressista e moderata in grado di attirare voti dal centro. Si è ritrovato con un partito in cerca di voti e identità, più a destra di quanto non sia lui stesso e scalato dall’interno da personale politico ben più abile dei suoi seguaci della prima ora. Sembra ormai tardi per salvare il progetto socialiberale. E forse lo è anche per salvare il futuro politico dello stesso Calenda.
MATTEO RENZI E CARLO CALENDA carlo calenda sulle nevi I CUGINI DI CARFAGNA - MEME BY EMILIANO CARLI