Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
È partita la guerriglia tra Meloni e Salvini, che iniziano la trattativa sul governo come fosse il secondo tempo della campagna elettorale. In questo limbo tra la chiusura delle urne e l'apertura della legislatura, il capo del Carroccio tenta di rilanciarsi, di prendersi una rivincita sulla presidente di FdI, quantomeno per non perdere la leadership nella Lega dopo aver perso gran parte dei voti della Lega.
Così ieri Salvini ha deciso di andare al braccio di ferro con la premier in pectore, lanciando le priorità programmatiche del suo partito: un decreto contro il caro bollette, il varo di «quota 41» nel sistema pensionistico e il tema dell'autonomia da inserire già nel primo Consiglio dei ministri.
RICCARDO MOLINARI MATTEO SALVINI
Mosse in aperto contrasto con la strategia di chi si sta preparando per Palazzo Chigi.
Perché sul primo provvedimento Meloni vorrebbe evitare uno scostamento di bilancio, per non presentarsi con questo primo atto in Europa.
Il secondo, da inserire nella Finanziaria, richiederebbe troppe risorse a fronte di un bilancio pubblico che ne garantirà molto poche. Il terzo è una riforma che FdI vorrebbe accompagnare al presidenzialismo. Il fuoco di sbarramento del Carroccio è funzionale a un altro e più immediato obiettivo: ottenere per Salvini un dicastero «di peso» e avere la garanzia di poter scegliere i propri ministri senza subire veti sui nomi. «E credo convenga a tutti che queste richieste vengano esaudite», ha avvertito il capogruppo leghista Molinari.
SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI
Dopo il risultato elettorale Meloni aveva messo in conto la reazione dell'alleato, visto che - appena chiuse le urne - un autorevole dirigente di FdI aveva anticipato la trama della trattativa: «Con Berlusconi non sarà molto complicato. Diverso sarà con la Lega». Se è vero che nelle coalizioni i rapporti di forza sono dettati dai numeri, è altrettanto vero che i rapporti politici impongono delle variazioni legate alla contingenza.
E dunque la futura premier dovrà prepararsi a una dura trattativa, perché la pressione di Salvini potrebbe scombinare i suoi piani. L'idea, per esempio, di arrivare alla prima seduta del Parlamento il 13 ottobre già con un accordo definito sia per le presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama, sia per gli incarichi di governo, in modo da agevolare il lavoro del Quirinale e di presentarsi alle Camere per la fiducia la settimana seguente.
Un iter spedito, senza incidenti di percorso, come lo «spettacolo poco edificante» che portò cinque anni fa alla nascita del governo giallo-verde e che fu segnato dallo scontro dei grillini e dei leghisti con il capo dello Stato sul «caso Savona», quando Di Maio arrivò a minacciare l'impeachment di Mattarella.
Perciò, il manuale Cencelli verrà senz' altro utile nel corso della mediazione con gli alleati, bilanciando il peso delle presidenze delle Camere con i ruoli nell'esecutivo. Ma sulla lista dei ministri da presentare al Colle, Meloni non è disposta ad assecondare giochi al ribasso. «E più la compagine sarà formata da esterni - spiegava ieri un rappresentante di Forza Italia - meno problemi ci saranno. Con i partiti e con il presidente della Repubblica».
SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI
Ma anche con i futuri partner europei, che magari saranno disponibili ad accantonare i pregiudizi ma non accetteranno sforamenti di bilancio.
La lettura anticipata della Nota di aggiornamento dei conti pubblici ha confermato a Meloni ciò che aveva già saputo direttamente da Draghi nei ripetuti colloqui prima delle elezioni. Al punto che un mese fa - conscia delle poche risorse a disposizione - aveva chiesto ad alcune personalità in odore di ministero di farle avere schemi di riforme «a costo zero». Adesso deve fare i conti con Salvini e con le sue richieste sui provvedimenti e sui dicasteri che considera egualmente esosi.
D'altronde questa è la strada da percorrere se vuole «entrare dal portone principale di Palazzo Chigi», frase che non appartiene a Meloni ma che pronunciò il leader leghista nell'estate del 2019. Invece oggi tocca alla presidente di FdI. Solo che la sua ricerca della perfezione, da raggiungere peraltro in tempi assai ristretti, mal si concilia con la conflittualità della politica. E questo - raccontano - le mette un'ansia che cerca come può di dissimulare.