Francesco Moscatelli per “la Stampa”
GIORGIA MELONI OSPITE DEI GIOVANI DI CONFINDUSTRIA
Sta quasi mezz' ora chiusa in una saletta riservata a parlare faccia a faccia con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. E la chiacchierata va così tanto per le lunghe che alla fine devono venire a chiamarla con la scusa di portare via le tazzine di caffè, perché manca pochissimo al suo intervento e i tecnici devono ancora microfonarla. È una Giorgia Meloni che sempre di più studia da premier quella che ieri mattina ha partecipato al convegno nazionale dei Giovani Industriali all'hotel Excelsior Palace di Rapallo.
Infatti, nonostante quello confindustriale non sia il suo pubblico naturale (molti avevano notato la scarsa presenza di imprenditori alla convention milanese di Fratelli d'Italia di fine aprile), la presidente del «primo partito del centrodestra» si mostra sicura di sé già nel look: camicia e pantaloni scuri, bracciale di metallo appariscente e orecchini oversize.
Del resto il fatto che Meloni sia la prima leader politica in scaletta, dopo il presidente degli
imprenditori under 40 Riccardo Di Stefano e dopo il ministro "tecnico" Enrico Giovannini, è un chiaro segnale che il mondo delle imprese la sta osservando sempre più da vicino e con sempre maggiore interesse. Il padrone di casa Di Stefano ha appena messo in chiaro quello che si aspettano gli industriali dalla politica: «Siamo pronti a dare fiducia a chi è disposto a risolvere i problemi. Ovvero a fare politica. Nel senso nobile e autentico del termine. E non altro. Perché, lo ripetiamo, siamo stufi tanto dei populismi quanto delle burocrazie».
Quindi è ancora più esplicito: «A coloro che si propongono di guidare il nostro Paese chiediamo di farlo pensando a quel compito come ad una missione in cui coinvolgere i cittadini e far recuperare loro entusiasmo e coscienza civile. E non come ad un piano di comunicazione».
La leader di Fratelli d'Italia, intervistata dal giornalista David Parenzo, dissemina le sue risposte di concetti e riflessioni care alla platea degli industriali: taglio delle tasse, importanza strategica del Made in Italy, bisogno di puntare sulla qualità, rilancio dell'occupazione giovanile e femminile, necessità di bilanciare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale, disponibilità a dare una mano al governo per mettere un tetto al prezzo del gas.
Ma soprattutto cerca di dimostrare che anche lei può incarnare quella «politica dei fatti» e non «dei balletti» che interessa a chi tutti i giorni si confronta con i mercati internazionali. Meloni cita due volte il presidente Bonomi, prima per ribadire di essere d'accordo con lui sul taglio del cuneo fiscale, poi per dire che condivide la sua proposta di investire sull'economia blu, ovvero le attività legate alla posizione privilegiata dell'Italia in mezzo al Mediterraneo. Ma al di là dei temi è anche sul linguaggio che Meloni prova a far leva. Definisce «idiozia» il reddito di cittadinanza e lo ribattezza «paghetta di Stato» ottenendo più di un applauso. Mentre il dibattito sul salario minimo «è uno specchietto per le allodole, uno scenario anni luce distanze dalla realtà».
Altri applausi. Il paradosso è che i giovani di Confindustria sembrano seguirla di più quando parla di economia che non quando parla di politica. Cala una certa freddezza, infatti, sia quando la presidente di Fratelli d'Italia si avventura in un'affermazione tranchant sul sistema parlamentare - «Io credo che la Repubblica parlamentare non vada più bene, serve una riforma in senso presidenziale che garantisca la stabilità dei governi» - sia quando boccia l'idea di un'Europa più forte e con un processo decisionale più snello. Il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, che prende il microfono qualche minuto dopo di lei, sembra pensarla come il pubblico.
Sposa i ragionamenti di Meloni finché si parla di provvedimenti economici - «Il reddito di cittadinanza è una vergogna e il salario minimo una colossale stupidaggine» -, va in tutt' altra direzione quando si affronta il tema Europa: «Noi siamo per gli Stati Uniti d'Europa e vogliamo un nuovo Recovery plan per rispondere alle emergenze causate dalla guerra in Ucraina». Discorso simile sulle regionali in Sicilia. Meloni tiene il punto: «Un passo indietro di Musumeci? Non mi pare di averlo mai detto».
Tajani ribadisce il no di Forza Italia: «Noi ci affidiamo sempre a quello che dice il partito locale e i nostri in Sicilia sono convinti che con Musumeci non si possa vincere». Ma questi sono solo botta e risposta fra alleati, inseguiti dai giornalisti fra i corridoi e il cortile dell'hotel dove è ancora parcheggiata la Cadillac di Gheddafi Junior. Botta e risposta che ai giovani di Confindustria sicuramente interessano meno.