Luca Monticelli per “la Stampa”
L'esito delle elezioni non è scontato, ma Giorgia Meloni arriva all'appuntamento del 25 settembre con il vento dei sondaggi in poppa, e sta riflettendo da tempo su una personalità di fiducia da indicare per il ministero dell'Economia, capace di rassicurare l'Europa e i mercati, stimata a livello internazionale e in grado di ottenere il via libera di Sergio Mattarella. Il nome emerso in questo mese di campagna elettorale è quello di Fabio Panetta, che attualmente ricopre l'incarico di componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce).
Durante l'estate, a quanto risulta a La Stampa, c'è stato un contatto tra Giorgia Meloni e Fabio Panetta: un colloquio affabile e positivo, tra due persone che non si conoscevano.
Un'occasione che la presidente di Fratelli d'Italia ha colto per sondare il banchiere della Bce sulla disponibilità a fare il ministro dell'Economia in un eventuale esecutivo di centrodestra. Panetta, spiega una fonte a questo giornale, avrebbe declinato perché preferirebbe proseguire la sua carriera da banchiere centrale.
Al momento non sembra esserci un seguito, Meloni e Panetta si sono lasciati cordialmente e non si sono più sentiti. Panetta ha un curriculum formidabile: una carriera in Bankitalia fino a diventarne direttore generale, ha lavorato per l'Italia al G7 e al G20 ed è stato nel Consiglio direttivo dell'Einaudi Institute for economics and finance (Eief). Lui non ha mai commentato la candidatura offerta da Giorgia Meloni al dicastero che fu di Quintino Sella.
Romano di 63 anni, figlio del capo di gabinetto di un ministro del governo Spadolini, Panetta è «il naturale successore di Ignazio Visco come governatore della Banca d'Italia», spiega una fonte. Un cambio al vertice che sarebbe potuto andare in porto, nonostante le smentite, prima della fine della legislatura, quando Il Foglio scrisse che Visco era pronto a dimettersi con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato (ottobre 2023), operazione che però non è si è mai messa in moto a causa della caduta dell'esecutivo di Mario Draghi.
«Diventare governatore della Banca d'Italia è la sua ambizione - riferiscono le fonti - anche se un pressing del Quirinale o dello stesso Draghi potrebbero sortire effetti diversi sebbene avrebbero l'effetto di pregiudicare la sua ascesa a via Nazionale».
La scelta del ministro del Tesoro è un rebus di difficile soluzione per qualsiasi governo. Ne sanno qualcosa Matteo Salvini e Luigi Di Maio, protagonisti nel 2018 di un braccio di ferro con il capo dello Stato sul nome di Paolo Savona, che poi fece un passo indietro favorendo l'arrivo a via XX settembre di Giovanni Tria, allora preside della facoltà di economia dell'università Tor Vergata. La stagione di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi ha visto alternarsi al Mef Domenico Siniscalco e Giulio Tremonti.
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Nel primo esecutivo del Cavaliere, però, nel 1994, c'erano tre ministri economici: Giulio Tremonti alle Finanze, Lamberto Dini al Tesoro e Giancarlo Pagliarini al Bilancio e programmazione. Un assetto, questo, che è sparito con gli anni Duemila ma che potrebbe tornare di moda. Come ha scritto l'agenzia di stampa internazionale Reuters, il piano di Fratelli d'Italia è spacchettare il ministero in due: da una parte la gestione della spesa e dell'indebitamento; dall'altra le politiche fiscali. Un'idea che prevede due ministri a via XX settembre: una figura tecnica e una più politica, quest' ultima per gestire soprattutto la riforma del fisco e gli sgravi multimiliardari annunciati in campagna elettorale. Uno scenario che rischia di creare una rivalità pericolosa dentro il ministero dell'Economia e che potrebbe scoraggiare qualunque candidato con un profilo più tecnico.