Francesco Manacorda per “la Repubblica”
Lui è - politicamente parlando - corteggiatissimo e non gli dispiace affatto. «Parlo con tutti», dice, ma fa sapere che è deciso a restare al suo posto. Lei, al contrario, ha lanciato la sua candidatura e il solo effetto che ha ottenuto - nel suo stesso schieramento - sono reazioni stizzite o silenzi tombali.
Non vite parallele, ma anzi percorsi diametralmente opposti. In una direzione va Beppe Sala, sindaco di Milano che molti vorrebbero come candidato del centrosinistra per la Regione Lombardia e che da parte sua è più interessato alla creazione di un nuovo soggetto politico nazionale che potrebbe arrivare anche ai fuoriusciti dai 5 Stelle. In tutta un'altra si muove Letizia Moratti, vicepresidente e assessora al Welfare dell'attuale giunta lombarda, che si dichiara disponibile a correre per la presidenza del Pirellone.
LETIZIA MORATTI E ATTILIO FONTANA
Siamo di fronte al "laboratorio Milano", dove tra un'Expo che ancora traina la popolarità del sindaco, un Salone del Mobile che fa gridare alla ripartenza e il miraggio delle Olimpiadi 2026, si tentano nuove formule post-bipartitiche e anche post- grilline? Di sicuro a Milano qualcosa si sta muovendo più che altrove, con un solo tratto comune tra Sala e Moratti: entrambi guardano fuori dagli spazi tradizionali dei rispettivi elettorati, convinti che si possa crescere pescando voti anche altrove.
Moratti, dunque, con le sue parole di venerdì, indirizzate agli alleati: «Penso davvero di poter essere un valore aggiunto per la coalizione. Attendo dal centrodestra un segnale concreto per proseguire uniti il cammino intrapreso fino a qui insieme».
GUIDO BERTOLASO CON ATTILIO FONTANA E LETIZIA MORATTI
«Lei ritiene di essere il candidato migliore, ma dal punto di vista politico non vedo alcuna strategia, a partire dai tempi di questa uscita», è la replica quasi in diretta di un collega di giunta regionale. In chiaro la bacchetta anche Matteo Salvini, sponsor mediamente convinto, della riconferma dell'attuale presidente e compagno di partito Attilio Fontana «se deciderà di ricandidarsi». «Non ho mai visto un vicesindaco che corre contro il suo sindaco», affonda le ambizioni della vicepresidente il segretario leghista.
In realtà, a sentire gli ambienti vicini a Moratti - chiamata un anno e mezzo fa a sostituire il forzista Giulio Gallera e far fronte all'emergenza Covid - più che a un atto di insubordinazione siamo di fronte a un eccesso di sopportazione: da tempo la vicepresidente aveva dato al centrodestra la sua disponibilità alla candidatura; in cambio rassicurazioni private, ma pubblici silenzi.
Quando poi venti giorni fa Carlo Calenda nella versione di guastatore del centrosinistra - ha dichiarato il suo grande apprezzamento per Moratti, si sono alzate voci velenose su una sua possibile candidatura in una lista di centro o - eresia - in un improbabile schieramento di centrosinistra. È allora, si spiega, che lei ha deciso di sgombrare il campo dagli equivoci e sottolineare che l'unico schieramento in cui si riconosce è il centrodestra. Attenzione però quando Moratti dice che «sono quotidianamente sollecitata da più parti a candidarmi, dal volontariato al terzo settore, dal mondo cattolico a quello imprenditoriale nella sua accezione più ampia».
LETIZIA MORATTI E ATTILIO FONTANA
È un modo chiaro per rappresentare la convinzione - corroborata da alcuni sondaggi ma anche dalla consulenza di McKinsey - che con lei il centrodestra potrebbe uscire dal bacino elettorale in cui tutti i partiti della coalizione finiscono per pescare. Sono ambizioni che rischiano comunque di infrangersi su dinamiche interne agitate: in Lombardia si voterà tra un anno e in contemporanea con il Lazio. Sistemata la partita delle regionali siciliane, dunque, le due soluzioni andranno trovate in contemporanea. Fratelli d'Italia, ovviamente, è pronta a mettere in campo un suo esponente per il Lazio; a quel punto la Lombardia dovrebbe toccare a Fontana.
Guarda oltre gli schieramenti tradizionali, ma con una dichiarata connotazione di centrosinistra, anche Sala. E qui la partita prevede due scenari diversi. Quello che agita i colonnelli locali del Pd, ma anche Enrico Letta, riguarda proprio le regionali. Il sindaco due volte vincente in città - è la convinzione comune, condivisa anche dall'interessato - è oggi l'unico candidato con cui il centrosinistra potrebbe conquistare una Regione tradizionalmente a destra. Ma lui ha detto in ogni modo che a lasciare il Comune di Milano a un anno appena dalla sua rielezione, non ci pensa proprio. Anche per mancanza di "eredi" politici. Si vedrà.
attilio fontana e letizia moratti
Quel che affascina il sindaco, invece è la possibilità di creare una formazione - come ha scritto sui social «liberal-democratica, popolare, ambientalista » che non sia «centro» ma si posizioni in un'area «che non può che essere il centro-sinistra». Da lì, appunto, i dialoghi con un Di Maio che vede «molto cresciuto», i contatti con sindaci in servizio come Dario Nardella a Firenze, in predicato di esserlo, come Damiano Tommasi a Verona, a riposo come Federico Pizzarotti a Parma. Anche qui la condizione sarebbe però quella di non lasciare Milano e Palazzo Marino, assumendosi un ruolo di "padre nobile" dello schieramento. Solo progetti, per ora, ma in ogni laboratorio che si rispetti possono essere necessari molti esperimenti prima di arrivare a un risultato.