DAGONOTA - Il paese era col fiato sospeso (beh, insomma…) perché tutti si aspettavano fuoco e fiamme da Napolitano sulla legge elettorale. Il suo giudizio negativo lo aveva espresso chiaramente. Invece alla fine voterà la fiducia al governo Gentiloni (sebbene solo al voto elettronico finale). Cosa è successo? È successo che il presidente emerito della Repubblica ha incontrato l’attuale, Mattarella, nei giorni scorsi.
E alla fine ha deciso che non poteva bocciare una legge elettorale – per quanto contenga delle parti che ballano sul crinale dell’incostituzionalità – che va bene all’attuale inquilino del Quirinale, e che sarà firmata da lui nei prossimi giorni. Una questione di correttezza istituzionale. Se Mattarella avesse sollevato riserve, la faccenda sarebbe andata diversamente…
Valentina Santarpia per www.corriere.it
Sergio Mattarella a colloquio con il presidente emerito Giorgio Napolitano
Scoppia la bagarre in Aula del Senato, dove sono passate la prima, la seconda e la terza fiducia sulla legge elettorale, sui primi tre articoli del Rosatellum bis. Per la prima, i voti a favore sono stati 150, i voti contrari 61; per la seconda, i sì sono stati 151, 61 i no; per la terza, ci sono stati 148 sì. In tutti i casi, nessun astenuto ma gli assenti sono stati quasi un centinaio.
A votare sì il Pd (almeno 4 gli assenti), Ap, e Ala dell’ex azzurro Denis Verdini, più alcuni senatori delle Autonomie e del Misto. Gran parte dei senatori di Forza Italia e Lega erano assenti, mentre quelli del M5s hanno partecipato votando no, alcuni bendati in segno di protesta, come Vito Crimi, che poi dal palco in piazza ha detto: «Grasso dimettiti immediatamente se hai la schiena dritta». Contrari anche Sinistra Italia e Mdp e alcuni senatori di gruppi di centrodestra.
Il presidente Pietro Grasso è stato costretto a richiamare più volte alcuni senatori. Il clima durante la seconda chiama sulla prima fiducia si era già surriscaldato, ma la scintilla che ha fatto scoppiare la bagarre è stato il gesto dell’ombrello fatto dal pentastellato Mario Giarrusso mentre passava sotto i banchi della presidenza per esprimere il suo voto contrario alla fiducia. Fischi e proteste da parte dei senatori del M5S anche contro il leader di Ala Denis Verdini.
gentiloni napolitano steinmeier
E intanto è iniziata nella piazza al Pantheon la manifestazione M5s contro il Rosatellum bis. Sul palco il deputato pentastellato Danilo Toninelli che ha sostenuto che «questa piazza piena ci dice che oggi è un giorno glorioso» e ha sollecitato il presidente del Senato Pietro Grasso a dimettersi e a «bloccare tutto». Già centinaia le persone presenti: molte bandiere 5 Stelle e vari striscioni.
Il discorso di Napolitano
Al voto non ha partecipato l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che invece aveva annunciato il sì, pur criticando sia alcuni passaggi della legge che la decisione del governo di porre la fiducia. Il suo portavoce ha fatto sapere che Napolitano affiderà al voto elettronico finale sulla legge elettorale l’espressione della fiducia al governo Gentiloni che ha già annunciato in aula.
«Mi pronuncio, con tutte le problematicità e le riserve che ho motivato, per la fiducia al governo Gentiloni, per salvaguardare il valore della stabilità, per consentire, anche in questo scorcio di legislatura, continuità dell’azione per le riforme». Così l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in Aula aveva annunciato poco prima il suo voto di fiducia al governo sulla legge elettorale, pur elencando i dubbi sul Rosatellum. «Il punto critico era ai miei occhi quello della totale inemendabilità della proposta di nuova legge elettorale.
Ora, sia chiaro, non dovrebbe essere necessario ricordarlo, nessuno più di me poteva auspicare l’approvazione più largamente condivisa dal Parlamento di un nuova legge elettorale, questa era diventata urgente, anche se dovremmo essere consapevoli dei troppi, frequenti cambiamenti i in Italia di una disciplina che dovrebbe essere costante per lungo periodo e non essere modificata alla viglia di elezioni politiche generali. Siamo sicuri che quella ora in votazione possa reggere a lungo? Abbiamo un fondamento sufficientemente solido da proiettarsi in un orizzonte di ragionevole durata?», si chiede Napolitano, esprimendo le sue perplessità di far prevalere l’urgenza sul ruolo e le competenze.
«Si può fare valere l’indubbia esigenza di una capacità di decisione rapida del Parlamento fino a comprimere drasticamente ruolo e diritti tanto dell’istituzione quanto dei singoli deputati e senatori?», domanda infatti il presidente emerito, pur ricordando l’impegno che ha sempre mantenuto costante nel tempo nel sostenere l’adozione di una nuova legge elettorale.
Giusto mix proporzionale-maggioritario, ma con correttivi
«Ho apprezzato la scelta di un mix proporzionale maggioritario nella scia della legge Mattarella del 1993, dalla quale però sarebbe stato anche la netta distinzione tra le candidature nei collegi e quelle nelle liste dei partiti, davvero non un semplice tecnicismo», spiega Napolitano, esprimendo i suoi dubbi sulla formula su cui si è trovato l’accordo. Accordo su cui ora pesa il voto di fiducia, un fatto «singolare e improprio», perché fa cadere sul presidente del Consiglio la «responsabilità di una fiducia che garantisce la intangibilità della proposta, in quanto condivisa da un gran numero di partiti».
Gentiloni, che Napolitano apprezza per «il modo in cui ha guidato e guida il Paese», è stato «sottoposto a forti pressioni» e «ha dovuto aderire, e me ne rammarico, a quella convergente richiesta proveniente, peraltro, da quanti avrebbero potuto chiedere il ricorso alla fiducia non già su tutte le parti sostanziali della legge, ma su punti considerati determinanti, cosa che non ebbero la lucidità e il coraggio di fare». Ma il tema delle pressioni ha sollevato la protesta dei Cinque Stelle: «Troppo comodo e vigliacco dire il peccato e non il peccatore», dice Alessandro Di Battista, chiedendo a Napolitano di rivelare chi ha fatto «pressioni sul presidente del Consiglio per imporre la fiducia e distruggere la democrazia in questo Paese».
Il monito
Al punto in cui siamo, per Napolitano, ormai «occorre guardare avanti per salvaguardare la stabilità di governo e lo sviluppo di una funzione assertiva e costruttiva del nostro Paese nel processo di unità dell’Italia nell’Europa». Napolitano ha in mente il suo discorso dell’estate del 2011, quando al meeting di Rimini cercò «di trarre il massimo delle lezioni nel 150° anniversario dell’unità d’italia»: «un discorso di ampia prospettiva, oltre gli steccati politici», che puntava a sollevare i cittadini in un «grande sforzo collettivo, come quello che scaturì dopo la liberazione del nazifascismo da cui scaturì la libertà materiale e morale del nostro Paese».
Secondo l’ex presidente della Repubblica, «la prospettiva non può che essere una: un nuovo senso di comune responsabilità, al di là delle alterne vicende della collocazione politica. Solo così possiamo fare i conti con la vera crisi di sistema che stiamo vivendo in Italia e altrove», conclude Napolitano.