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Lucio Caracciolo per “la Stampa”
C'era una volta una Nato. Oggi ne contiamo almeno cinque, più il capogruppo americano con il pallido vicino canadese. Sommerse ma identificabili ben prima dell'invasione russa dell'Ucraina. Emerse e a tutti visibili al quarto mese di guerra. In ordine di avversione a Mosca e vicinanza a Kiev.
Ecco l'avanguardia antirussa, estesa lungo l'asse dei Tre Mari: Artico, Baltico e Nero. Perno centrale la Polonia.
Ali nordiche Estonia, Lettonia, Lituania, con la Scandinavia allargata - Svezia e Finlandia sono in procinto di aggiungersi a Norvegia e Danimarca. Ali balcanico-eusine, Bulgaria e Romania. Obiettivo minimo finale, ridurre la Russia a Stato paria. Espulso per sempre dall'equazione di potenza paneuropea. Ma c'è chi spera di più, perché ama talmente la Russia da volerne una dozzina. Frutto di micidiale sequenza: caduta di Putin, crollo del regime, disintegrazione della Federazione Russa.
C'è poi il Regno Unito (finché tale resta), non brillantissimo secondo dell'ex colonia statunitense cui presume di dover spiegare il mondo. E che quando vede russo vede rosso. Però Londra è sufficientemente pragmatica da potersi esibire nelle più ardite piroette, sapendo che alla fine si ritroverà abbracciata a Washington: giusto o sbagliato, il mio faro. In questa fase si offre esperta guida ai baltici scatenati. Per gli ucraini, l'esercito britannico è generoso fornitore di armi ed eccellente addestratore di truppe.
Giriamo pagina, perché gli altri tre attori - una quasi squadra e due solisti - coltivano diversa priorità: salvare l'Ucraina senza rompere con la Russia. Anche per timore che la Russia si rompa in frammenti potenzialmente incendiari, di cui alcuni nucleari. O un minuto prima scateni rappresaglia atomica.
Qui spicca l'asimmetrico allineamento Francia-Germania-Italia, in via di allargamento alla Spagna. A disegnare un quadrilatero euroccidentale espandibile a soci affini, pronti a chiudere la partita il prima possibile. Pattuglia diplomaticamente acrobatica, perché tenere insieme i diritti dell'aggredito e i propri interessi, non solo energetici, impone qualche contorsione. In gergo: Euroquad, omaggio al Quad indo-pacifico. Il cui approccio di base è assimilabile al progetto di pace italiano che tratteggia il percorso dalla guerra alla tregua, culminante in un futuro ordine paneuropeo. Russia inclusa.
Entusiasticamente sostenuto da Macron. Decisiva la Germania, per almeno due motivi: è potenza di mezzo, storicamente oscillante fra Occidente e Oriente, legata alla Russia soprattutto per via energetica; ed è a sua volta divisa fra Bundesrepublik originaria, avversa a Putin e abbastanza esplicita nel sostegno a Zelensky, ed ex DDR, ovvero gli avanzi di Prussia e Sassonia da sempre vicini alla Russia in tutte le sue forme.
Ancora, la Turchia. Potenza autocentrata. Impero in ambiziosa ricostruzione, con direttrici tous azimuts: dai Balcani alla Siria, dall'Asia centro-occidentale all'Africa, con perno sulla Tripolitania. Parola d'ordine, non puntare tutto su un solo schieramento, ma solo sui propri interessi. Per ora, unico paese ad aver seriamente azzardato un negoziato d'approccio fra Mosca e Kiev. E ad aver posto un provvisorio veto all'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Per dare via libera, attende adeguate remunerazioni, soprattutto in armi americane di punta (F-35 o almeno F-16).
emmanuel macron mario draghi trattato del quirinale 3
A Washington Erdogan non accende passioni, ma impone rispetto. Gli Stati Uniti, dopo aver tentato di rovesciarlo, hanno stabilito che conviene trattarci. Stile suk. Infine, la piccola Ungheria, che non finirà mai di sognarsi di nuovo Grande (tradotto, nel teatro di guerra: la Transcarpazia ucraina, dove vive una pur esigua minoranza magiara, è solo provvisoriamente amministrata da Kiev).
Orbán è il grande sabotatore delle sanzioni contro la Russia. Sufficientemente ingombrante da esasperare americani, britannici e baltici. E altrettanto da consentire ad altri euroatlantici di mandarlo avanti perché a loro viene da ridere. I più delusi dalla prestazione atlantica sono ovviamente gli ucraini.
Fra i responsabili di Kiev, dei quali alcuni cominciano ad ammettere che in questa fase storica sul rientro a domicilio di Crimea e gran parte del Donbas non si può contare, il malumore nei confronti della Nato è esplicito. Anche perché dall'Alleanza l'Ucraina ha finora avuto un poco di carburante più belle parole a gogò. Tutto il resto, armi e addestratori in testa, deriva da accordi di Kiev con paesi singoli.
joe biden e olaf scholz con stoltenberg, von der leyen e trudeau
Tanto da spingere Zelensky a proporre di creare un pronto soccorso militare a vasto raggio, in sigla U-24, capace di spedire immediatamente truppe e armi al socio sotto attacco (dalla Russia, s' intende). E' in questa luce che conviene leggere i recenti slittamenti progressivi di Washington verso una tregua con Mosca, anche a costo di lasciarle pezzi di territorio ucraino.
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Kiev è importante, la sua causa è giusta, l'aggressione russa imperdonabile. Ma gli apparati americani non sono disposti a sacrificare l'unità del loro informale impero europeo all'unità dell'Ucraina. Aprendo varchi alla penetrazione cinese oltre che russa nel Vecchio Continente. Non è il caso di farsi trovare con l'Atlantico più largo e troppi europei in libera uscita proprio mentre la competizione con la Cina si riscalda. Sulla sponda europea Biden, o chi per lui, oggi lavora più di colla che di forbici. -
volodymyr zelensky a kharkiv 13 VLADIMIR PUTIN E L'ADESIONE DI FINLANDIA E SVEZIA ALLA NATO - MEME