Alessandro Di Matteo per la Stampa
Qualcuno che conosce bene il Pd lo chiama «il partito di Mattarella», altri genericamente parlano di «anti-renziani», ma qualunque sia l' etichetta un dato è certo: nel Pd cresce ogni giorno il fronte che spinge per un dialogo con i 5 stelle e, più in generale, per stanare il partito dalla linea di opposizione a tutto e a tutti tracciata da Matteo Renzi. Un fronte che arriva a lambire la stessa cerchia renziana e che prova a offrire al Capo dello Stato anche la carta del Pd, da giocare al tavolo da poker della formazione del governo.
renzi alla festa per i dieci anni del pd
Goffredo Bettini è il più audace, insieme a Michele Emiliano arriva a teorizzare il sostegno Pd a un esecutivo guidato persino da Luigi Di Maio, a certe condizioni. Bettini si spinge forse troppo in là, un governo Di Maio sarebbe difficilmente accettabile anche per chi come Dario Franceschini o Andrea Orlando in queste ore lavora per scardinare il bunker costruito da Renzi. Ma un governo guidato da una personalità autorevole, gradita ai 5 stelle ma non organica per buona parte del Pd - da Walter Veltroni a Nicola Zingaretti, passando per Romano Prodi ed Enrico Letta - sarebbe da prendere in considerazione.
L' obiettivo adesso è di fare emergere chiaramente questo fronte anche all' assemblea del 21 aprile. «Lì si faranno i giochi - dice un esponente della minoranza del partito. Dobbiamo fare vedere plasticamente che Renzi non ha più il 70% del partito che lo sostenne al congresso. Se ci riusciamo, anche i gruppi parlamentari poi si adegueranno, come accadde con Bersani...».
Lo scopo è fare uscire allo scoperto anche quella che molti chiamano «zona grigia» del renzismo, ovvero quell' area che comprende Paolo Gentiloni, Marco Minniti... Qualcuno, per esempio, ieri ha notato il tweet con cui Debora Serracchiani ha replicato a Di Maio: «O ci parla di contenuti oppure gli appelli di Di Maio al Pd sono aria fritta. M5s ha un programma o un bazar dove si vende o baratta un po' di tutto?». Una risposta tagliente, ma che non chiude in maniera netta.
maria elena boschi gianni cuperlo selfie
Franceschini, che è sempre più in contatto con Orlando, dopo l' apertura a Di Maio che chiedeva di «sotterrare l' ascia di guerra», ieri ha precisato che lo scenario non è il sostegno a un governo M5S: «Non mi pare sia questo il quadro». Il punto, ha aggiunto, è che «un governo Lega e 5 Stelle è quanto di peggio può capitare a un Paese» ed è bene provare a spingere M5s «verso una posizione riformista progressista piuttosto che venga risucchiato dalla Lega».
Orlando ripete che le distanze programmatiche con M5s sono «incolmabili», ma di fronte a un passo indietro del leader 5 stelle il discorso cambierebbe. Lui e Gianni Cuperlo riuniranno la sinistra Pd prima dell' assemblea e Cesare Damiano spiega: «Non si può immaginare di sostenere un governo 5 stelle. Ma l' eventuale chiamata del Colle per un esecutivo di responsabilità aperto a tutti potrebbe lasciare ancora alla finestra il Pd? Non credo».
Su uno scenario del genere ci sarebbe anche la disponibilità di Leu. Dice Federico Fornaro: «Per noi l' unico confine invalicabile rimane quello del sostegno a un esecutivo di centro-destra». Certo, i parlamentari di Leu da soli non bastano, al Senato sono solo 4 e la somma di Pd e M5s fa 161, ovvero il minimo per poter dare il via a un governo. «Non a caso - ricorda un parlamentare Pd - Renzi e i suoi sono tutti al Senato».
L' ex segretario Pd è convinto di poter stoppare ogni possibile accordo con M5s mettendo di traverso i parlamentari a lui fedeli. I renziani sperano che alla fine Salvini e Di Maio troveranno un accordo, ma sono pronti a bloccare qualunque larga intesa Pd-5 stelle. «Ma - avverte ancora il parlamentare della minoranza Pd - se parte il treno di un governo sull' asse tra noi e i 5 stelle vedrete quanti responsabili arrivano, a cominciare dai senatori del gruppo misto». Un braccio di ferro che, stavolta, potrebbe davvero far saltare il Pd e portare a una scissione.