NUDI ALLA META - OK, AD ORDINARE DI COPRIRE LE STATUE DEI MUSEI CAPITOLINI FU L’IRAN MA CHI HA CALATO I PANTALONI SI CHIAMA RENZI (LO STESSO ACCADDE QUANDO ACCOLSE LO SCEICCO A FIRENZE) - A PALAZZO CHIGI IN ARRIVO FUNZIONARI “CHE SANNO L’INGLESE”

A rivelare l’origine della figuraccia mondiale è il sovrintendente romano ai Beni culturali. Fu tutto pianificato dopo l’esplicita richiesta iraniana e quattro sopralluoghi. Ad impacchettare le statue “oscene” una ditta di fiducia di Palazzo Chigi...

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1 - FU LA DELEGAZIONE IRANIANA A ORDINARE AL CERIMONIALE ITALIANO DI OSCURARE I MARMI DEI MUSEI CAPITOLINI

Giovanna Vitale per “la Repubblica”

 

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“Coprite quelle statue”. Fu la delegazione iraniana a ordinare al Cerimoniale italiano di oscurare i marmi dei Musei Capitolini, dove il presidente Rohuani e il premier Renzi avrebbero celebrato il successo del loro incontro. Cade così il segreto di Stato sulla gaffe planetaria, per quasi un mese custodito meglio del mistero di Fatima: e si scopre perché i nudi maschili e femminili esposti nella celebre galleria comunale siano stati “rivestiti”, scandalizzando mezzo mondo.

 

A svelarlo è la relazione che il sovrintendente romano ai Beni culturali, Claudio Parisi Presicce, ha inviato a un furibondo Francesco Paolo Tronca per replicare all’accusa di non averlo informato. Una tesi, per la verità, mai sposata da Palazzo Chigi, che non ha ancora voluto fornire una versione ufficiale.

 

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E questo malgrado le due diverse indagini interne avviate sia dalla presidenza del Consiglio, sia dal Campidoglio, per individuare i colpevoli. I cui esiti sono blindati, inaccessibili. Chiusi nei rispettivi palazzi che non se li sono neppure scambiati tra loro, tanto è alto il muro di riservatezza alzato attorno alla vicenda.

 

Eppure, scorrendo la relazione Presicce, la catena di comando è ben ricostruita. A cominciare dai 4 sopralluoghi condotti in gran segreto nelle settimane precedenti al 25 gennaio (data della conferenza stampa congiunta nella Sala dell’Esedra) da altrettanti protagonisti: il capo del Cerimoniale italiano, Ilva Sapora; il capo della delegazione iraniana; il capo del cerimoniale comunale Francesco Piazza e il sovrintendente capitolino.

 

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Ebbene: è durante quei sopralluoghi che matura la “scelta incomprensibile”, per dirla col ministro Franceschini. Dopo aver scartato un paio di percorsi, ritenuti inadeguati dai servizi di sicurezza, un solo itinerario viene approvato: Rouhani, con corposo seguito, accederà ai Musei dall’ingresso su piazza del Campidoglio, salirà la rampa dello scalone monumentale, passerà per la galleria dei Fasti Moderni, attraverso il portico del Vignola entrerà nella Sala degli Horti Lamiani per approdare proprio sotto la statua equestre del Marco Aurelio.

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Il problema, però, è che l’intero tragitto è disseminato di statue, subito giudicate imbarazzanti dagli “ambasciatori” persiani. La richiesta ai colleghi italiani è perentoria: rimediare,oscurare, coprire.

 

La Sapora avvia una mini- istruttoria e infine dice ok, si può fare. Il padrone di casa, il sovrintendente Presicce, abbozza. Mettendo nero su bianco che in sostanza ha solo assistito a decisioni prese da altri. Tra l’altro sempre insieme al capo del cerimoniale capitolino, quel Francesco Piazza riassunto dal commissario Tronca nel suo staff, dopo la caduta del sindaco Marino.

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Il dado è tratto. Le statue verranno circondate da pannelli bianchi, che per tutto il weekend riposano nei magazzini. La “stesura momentanea di velature” sul Ratto delle Sabine nella Sala Pietro da Cortona, ipotizzata al principio, viene invece accantonata: il corteo non sarebbe passato tanto vicino da avvistarlo.

 

L’impacchettamento, a cura di una ditta esterna di fiducia della presidenza del Consiglio, avviene il giorno stesso dell’evento, a partire dalle tre del pomeriggio, allorché i Capitolini vengono sbarrati al pubblico.

 

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 Conferma Massimiliano Montenovi, titolare dell’azienda incaricata di imballare le opere della mostra su Raffaello che aveva chiuso i battenti il giorno prima: “Per consegnare le casse vuote dove riporre le tele ci è stato concesso di accedere alla piazza solo dalle 6 alle 7 di lunedì mattina, proibendoci sia di restare, sia di tornare fino al martedì”.

 

Sin qui la ricostruzione ufficiale. Che però non deve aver convinto. Il quale decide di avocare a sé la delega alla Cultura. Mettendo, nei fatti, sotto tutela il suo sovrintendente.

 

 

2- AI VERTCI DEL NUOVO CERIMONIALE FUNZIONARI CHE SANNO L'INGLESE

Corrado Zunino per “la Repubblica

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L’indagine interna su quel “lunedì 25”, le statue nude nascoste al presidente Rouhani in visita a Roma, è chiusa. Quindici giorni di lavoro degli uffici della presidenza del Consiglio, passato al vaglio del premier Renzi.

 

 La conclusione dell’inchiesta è questa: nessuna responsabilità politica, i funzionari hanno agito in autonomia, ci sono stati errori nella fase di preparazione dell’incontro con il presidente iraniano e responsabilità diffuse tra l’Ufficio del cerimoniale e il dipartimento degli Affari europei.

 

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 Non sarà preso alcun provvedimento disciplinare, ma a giorni partirà la riorganizzazione del Cerimoniale. “Questi errori non dovranno ripetersi, l’immagine dell’Italia all’estero è stata scalfita, l’ufficio deve essere irrobustito”, ha sancito il sottosegretario Claudio De Vincenti.

 

 L’attuale capo dipartimento del Cerimoniale, Ilva Sapora, 65 anni, ad agosto andrà in pensione (oggi lo stipendio è di 179 mila euro lordi): nei mesi che le restano non gestirà più le missioni. La sua assenza nella trasferta di Matteo Renzi a Berlino è stato il primo segnale.

 

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La struttura ha già settanta persone in carico, quattro primi dirigenti. Entreranno a breve due-tre alti funzionari con queste caratteristiche: forte confidenza con le lingue straniere — Ilva Sapora e il capo dipartimento Diana Agosti non parlano l’inglese, zoppicano sul francese — e forte conoscenza dei dossier complessi (Medio Oriente e Islam, innanzitutto).

 

 La Sapora paga altri cinque errori recenti (con rappresentanti di Arabia, Kuwait, Giordania, con lo stesso papa Francesco). Lei non replica. Solo ricorda che quando a Firenze fece murare un’imbarazzante statua di Jeff Koons, il dominus del ricevimento per gli Emirati arabi era sempre Renzi, allora sindaco.

 

 

 

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