Federico Rampini per ‘La Repubblica'
OBAMA PUTINI primi a lanciare l'idea sono stati i repubblicani Usa - dal presidente della Camera a Condoleezza Rice - forse perché notoriamente legati alla lobby petrolifera. Ma ora Barack Obama ci pensa sul serio. E dalla Casa Bianca la proposta rimbalza in Europa. Si tratta di concordare una strategia comune per togliere a Vladimir Putin la sua arma principale nella crisi Ucraina: il ricatto energetico.
putin obamaLo spauracchio di Mosca che "chiude i rubinetti del gas", secondo gli americani è la ragione dell'eccessiva cautela con cui diversi governi tra Berlino, Roma, L'Aia, affrontano il tema delle sanzioni economiche alla Russia. Ma la dipendenza dell'Ucraina e dell'Europa occidentale dal gas russo non è inevitabile. Le soluzioni ora vengono discusse concretamente, da Washington a Bruxelles.
putin- obamaLa prima e la più importante delle contromisure dipende proprio da Obama. È la manovra che gli suggeriscono John Boehner, Speaker of the House repubblicano, nonché l'ex segretario di Stato di George Bush, Condoleezza Rice: liberalizzare l'export di gas americano. Pochi lo sanno al di fuori della cerchia degli esperti, ma gli Usa hanno già sorpassato la Russia nell'estrazione di gas; e tuttavia se lo tengono stretto. È uno dei pochissimi settori - insieme con le tecnologie militari - dove Washington pratica
l'autarchia.
L'export di petrolio e gas è ridottissimo, per una politica che risale agli anni Settanta: dal primo e secondo shock energetico (1974, 1977) Washington stabilì che l'energia dei propri giacimenti andava mantenuta in America dando la priorità all'auto-approvvigionamento.
Oggi però la crisi ucraina ha scatenato un dibattito sulla revisione di quella strategia. La questione del gas è centrale, soprattutto da quando la Gazprom russa ha rinfacciato a Kiev 1,9 miliardi di dollari di debiti arretrati e ha minacciato di sospendere le forniture.
L'Ucraina dipende dalla Russia per il 70% del gas naturale. E l'intera Europa occidentale è in condizioni simili: secondo le stime di Washington ben sei paesi Ue ricevono il 100% del loro gas naturale dalla Russia e altri sette comprano da Mosca il 50% del loro fabbisogno.
JOHN BOEHNERNell'immediato, qualcosa si può fare per aiutare gli ucraini: l'ambasciatore tedesco a Washington ha dichiarato che la Germania ha scorte così abbondanti che può rivendere parte del suo gas a Kiev. Ma per spezzare durevolmente il potere di ricatto di Mosca, l'America dovrebbe accelerare progetti controversi: il via libera all'export del suo gas e la conseguente costruzione di infrastrutture adeguate (impianti di liquefazione, terminal portuali).
Gli scontri a KievFinora le esportazioni Usa sono un rigagnolo: 56.000 barili al giorni di petrolio, per esempio, rappresentano meno dell'1% del greggio che viene estratto ogni giorno grazie ai nuovi giacimenti. Il via libera alle vendite di gas americano farebbe precipitare i prezzi mondiali, infliggendo un danno pesante a Putin: il gas è la fonte del 52% del bilancio federale di Mosca.
OLTRE CENTO STATUTE DI LENIN DISTRUTTE IN UCRAINAMa è qui in America che le resistenze continuano ad essere forti. Da una parte gli ambienta-listi, contrari perché un boom di vendite di gas prolungherebbe la dipendenza mondiale da fonti di energia carboniche. Altrettanto potente è una lobby industriale, capeggiata da Dow Chemicals, che vuole l'autarchia perché il basso costo energetico rende più competitivo il made in Usa in diversi settori, chimica in testa.
MANIFESTAZIONE A KIEV IN UCRAINATra le altre soluzioni per ridurre il potere di ricatto della Russia, vengono citati diversi progetti di gasdotti che potrebbero subire un'accelerazione: dalla Turchia, da Israele, dal Mar Caspio. Gli esperti avvertono, però: nessuno di questi progetti, incluso l'export di gas americano, ha tempi di realizzazione brevissimi.