Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Può darsi che mi sbagli, ma io sono convinto che Matteo Renzi non veda l' ora di assistere alla nascita del nuovo partito di Massimo D' Alema. Anzi: credo che faccia il tifo affinché l' ex presidente del Consiglio e tutti i tipi come lui alzino al più presto i tacchi, salutando quella che Pier Luigi Bersani insiste a chiamare la Ditta. Da che cosa traggo la convinzione che il capo del governo scommetta sulla scissione del Pd? Da nessun dato certo, ma da un paio di ragionamenti che derivano dalla conoscenza del personaggio.
Innanzitutto Renzi è allergico alle critiche e alle opposizioni. Non gli piace avere una minoranza che lo contesta dall' interno del suo stesso partito e ancor meno gradisce essere costretto a trattare con quella che considera una fazione che pesa solo sui giornali.
Per Renzi, D' Alema, Bersani e quei pochi che ancora li seguono sono una banda di brontoloni: vecchi inaciditi che continuano a pensare con la testa di trent' anni fa e non si rendono conto che il tempo è passato. Un gruppetto di nostalgici che non si arrende all' evidenza e non capisce che il partito in cui ha militato non esiste più perché non esiste più l' elettorato che lo votava.
Dunque, il premier non teme chi minaccia di sbattere la porta per fondare una Cosa rossa, perché oggi, dopo trent' anni di discussioni attorno al nuovo soggetto politico della sinistra, di una Cosa rossa nessuno sente il bisogno. Prova ne sia che ogni tentativo posto in essere negli ultimi anni per dar vita a un partito alla sinistra del Pd è naufragato miseramente:
Sel, pur ereditando i voti di Rifondazione comunista, non è andata oltre il 4 per cento; la versione italiana di Syriza si è fermata all' elezione di Curzio Maltese e di Barbara Spinelli; il partito Fiom di Maurizio Landini più che un sogno si è rivelato un brutto risveglio.
Non meglio dunque andrebbe a D' Alema e compagni, anche perché se un tempo l' ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri poteva contare su una pattuglia di fedelissimi, adesso tutti quelli che stavano con lui stanno con Renzi, a cominciare da Matteo Orfini, il quale ieri, attaccato dal suo ex leader, si è permesso di rifargli il verso, rispedendo al mittente l' accusa di arroganza, argomento che un tipo come D' Alema dovrebbe guardarsi dal rinfacciare ad altri.
Dunque, il capo del governo non teme i contestatori interni, ma anzi se ne vuole liberare al più presto. E qui sta la seconda parte del ragionamento che mi spinge a credere che Renzi faccia il tifo per la scissione. Dopo aver usato la sinistra del partito allo scopo di liquidare Enrico Letta e sfrattarlo da Palazzo Chigi, oggi il premier considera il gruppetto di nostalgici un intralcio.
Non tanto perché con le loro obiezioni ritardano l' approvazione di leggi e riforme, ma piuttosto perché la loro presenza è di fatto incompatibile con il progetto di Partito della nazione.
Matteo Renzi ascolta Massimo D Alema
Renzi infatti si rende conto che è difficile conquistare l' elettorato moderato che fu di Berlusconi se in campo continuano a restare vecchi arnesi come D' Alema e Bersani e giovani turchi come Speranza e D' Attorre. Perciò vuole chiudere la faccenda prima possibile, di certo prima delle elezioni politiche.
L' uscita di scena della componente «comunista» infatti gli agevolerebbe il compito, perché potrebbe rivolgersi ai moderati senza più alcuna macchia rossa sulla camicia, presentandosi come il leader di un partito centrista e progressista, che non ha nulla da spartire con la storia dei compagni.
Lo strappo non lo impensierisce neppure dal punto di vista dei numeri parlamentari.
Un po' perché pensa che dopo le esperienze di Prodi e Bertinotti nessuno avrà il coraggio di dargli il calcio dell' asino e un po' perché, disponendo di una ruota di scorta, Renzi è convinto di poter dormire sonni tranquilli anche senza D' Alema o Bersani. Via loro (o per lo meno via i pochi seguaci che restano loro, dato che l' ex premier non siede in Parlamento), il presidente del Consiglio recupererebbe a destra ciò che gli manca.
Renzi ritiene che oltre a quelli approdati con l' aiuto di Denis Verdini nel gruppo di Ala, ci siano altri parlamentari di Forza Italia che si possono traghettare verso il Pd e per farlo sarebbe sufficiente levare di mezzo certe vecchie cariatidi. Insomma, fuori D' Alema dentro ciò che resta del centrodestra.
L' operazione sarebbe la perfetta conclusione di un percorso cominciato due anni fa. Il patto del Nazareno senza più quel Nazareno di Silvio Berlusconi, con il presidente del Consiglio al centro e il resto, Lega, Cinque Stelle e Cosa rossa sui lati. Detta ancor più chiara, quasi quasi l' altro giorno con l' intervista al Corriere Baffino a Renzi gli ha fatto un piacere...
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